Nell’aula della Camera dei Deputati, il Ministro della Difesa Mario Mauro ha riferito sull’attentato avvenuto in Afghanistan lo scorso 8 giugno, nel quale ha perso la vita il Maggiore Giuseppe La Rosa e sono stati feriti altri tre militari. Pubblichiamo di seguito la trascrizione dell’intervento del Ministro Mauro alla Camera dei Deputati. “Informativa urgente del Governo sul tragico attentato in Afghanistan che ha causato la morte del Maggiore dei Bersaglieri Giuseppe La Rosa”
Roma, 12 giugno 2013 - Signor Presidente, Onorevoli Deputati, questa informativa avviene su richiesta formalizzata nella giornata di ieri durante la conferenza dei Capi gruppo, da molti gruppi presenti in Parlamento, e si aggiunge al già previsto incontro delle quattro Commissioni Esteri e Difesa che verterà sulle missioni internazionali e verrà svolto nel pomeriggio nel corso del rapporto con il Governo attraverso gli interventi del sottoscritto e del Ministro Bonino.
Questa informativa è, quindi, stata richiesta per sottolineare l’indispensabilità, a fronte dei gravissimi fatti di cui parliamo, di una presa di coscienza da parte del Parlamento nella sua integrità. Ringrazio pertanto di cuore i Deputati che sono presenti e che potranno interloquire col Governo per andare a fondo su questo gravissimo episodio.
Ma mi consenta Signor Presidente di sottolineare l’amarezza, l’amarezza profonda - a fronte di quello che è accaduto - nel vedere quest’aula vuota. Mi consenta Signor Presidente di sottolineare come la vita di Giuseppe La Rosa sia quel fatto a cui siamo tutti chiamati a guardare se un po’ di più vogliamo comprendere il nostro compito e il senso della nostra missione. A cosa infatti dovrebbe guardare, a chi dovrebbe guardare la politica dell’Italia se non a un uomo come Giuseppe La Rosa per ricomprendere l’ampiezza e la profondità delle proprie ambizioni e la grandezza della vocazione a cui siamo chiamati?
Riferirò in ogni caso e con il maggior numero di dettagli possibili su quanto accaduto e passo ora alla descrizione dei fatti secondo la ricostruzione effettuata dai competenti organi tecnico-operativi e sulla base delle notizie finora pervenute.
Il giorno 8 giugno 2013, alle ore 10:34 dell’Afghanistan, quindi le 08:04 ora italiana, un convoglio composto da 3 VTLM Lince del Military Advisor Team della Task Force South di stanza presso la Base Avanzata Dimonios in Farah, dopo aver ultimato l'attività giornaliera di advising cioè di assistenza delle truppe afgane, a favore di un’unità dell’Esercito Afghano, presso il "Farah old Division Center", subiva un attacco da parte di un elemento ostile in fase di rientro alla base.
L'evento è iniziato con il rallentamento del convoglio militare in prossimità di un incrocio, all'interno del centro abitato, provocato, oltre che dalla conformazione stradale, da due veicoli Toyota e da un'autocisterna che procedeva in senso inverso. All'arrivo dei mezzi italiani, l'autocisterna si allontanava, mentre una delle due Toyota si portava in mezzo alla carreggiata fermandosi e provocando l’arresto del convoglio e immediatamente il conduttore della Toyota scendeva e si allontanava, mentre la seconda Toyota agiva da blocco in coda al convoglio stesso.
A questo punto, un giovane, di età valutata, dai testimoni di circa 20 anni, barba corta, vestito in abiti marroni, tipici degli adulti locali, che stava parlando con un uomo dell'Afghan National Police, al lato della strada, nei pressi di un assembramento di persone, è salito velocemente sul mezzo in testa al convoglio ed ha lanciato attraverso la botola superiore, denominata ralla, un ordigno, dandosi poi alla fuga e confondendosi nella folla. La granata cadeva nella parte posteriore del veicolo occupata dal Capitano LA ROSA.
L'Ufficiale gridava tre volte "Granata" e valutata l'inutilità di evacuare il mezzo, si interponeva fra l’ordigno e i commilitoni per ridurre gli effetti dell’esplosione. Ad esplosione avvenuta, il conduttore del VTLM ha cercato di inseguire l'assalitore, senza raggiungerlo. A questo punto, il Comandante della pattuglia, considerata la gravità dell'evento e la possibilità di un imminente successivo attacco coordinato, constatato che il mezzo era ancora funzionante, disponeva l'immediato rientro presso la FOB Dimonios, ove giungeva poco dopo.
Il poliziotto che era stato visto nell'incrocio all'inizio del fatto, si è dileguato, nonostante fosse stato sollecitato a fornire supporto. A seguito dell'esplosione, appariva subito grave la situazione del Capitano Giuseppe LA ROSA, meno gravi le condizioni degli altri tre occupanti il VTLM colpito.
Approssimativamente, alle 10.45 ora locale, i militari venivano ricoverati presso il ROLE 2 statunitense di Farah. Poco dopo veniva constatata la morte del Capitano LA ROSA, mentre venivano giudicati:
- Maresciallo Ordinario CHIAVELLO Dario ferito di categoria C, per trauma acustico con ipoacusia;
- il Capitano BUCCELLI Michele ferito di categoria C, per escoriazioni al volto;
- il Maresciallo Capo SIERO Giovanni ferito da schegge agli arti inferiori, di categoria C.
Quest’ultimo, per la tipologia delle lesioni riportate, ancorché in condizioni non preoccupanti, veniva subito evacuato mediante un elicottero spagnolo, al ROLE 2 di Herat, dove veniva sottoposto a più approfonditi esami diagnostici ed ulteriori cure mediche.
Gli altri due militari, anch'essi in condizioni non preoccupanti, venivano trattati presso il ROLE 2 americano di Farah. L’Autorità giudiziaria nazionale è stata informata. Il Capitano LA ROSA, caduto nell’adempimento del servizio, è stato promosso al grado di Maggiore. Gli aggiornamenti acquisiti stamane indicano che il Maresciallo Ordinario CHIAVELLO, nel frattempo trasferito nella struttura sanitaria di Herat, e il Maresciallo Capo SIERO rientreranno domani in Italia, mentre il Capitano BUCCELLI è già rientrato in servizio.
Nel concludere questa sintetica informativa, non posso non rilevare che l’attacco dei terroristi si è completato con una azione di vera e propria “guerra psicologica”, laddove è stata diffusa l’informazione che l’attentatore fosse un bambino di 11 anni, facendo percepire quasi un atto eroico e di partecipazione popolare. Dai dati acquisiti fino ad ora, invece, emerge con tutta evidenza che si è trattato di un vero e proprio atto terroristico, accuratamente preparato, che ha goduto della complicità di alcuni civili presenti sul posto e, forse, di un poliziotto, o vestito come tale, portato a compimento da un adulto particolarmente determinato.
La strategia terroristica è confermata anche dall’attentato di ieri mattina quando alle 11.45, sempre nel centro di Farah a circa 300 metri dal luogo dell’attentato di sabato scorso, un elemento ostile ha lanciato una granata da una distanza di circa 10 metri contro un nostro VTLM inserito in un convoglio.
L’attentato in questo caso non ha provocato danni ai mezzi e al personale italiano, ma ha causato il ferimento di alcuni civili afgani.
L’uomo che ha compiuto l’attentato è stato arrestato in virtù dell’intervento di un poliziotto motociclista afgano. L’uomo è stato interrogato dalla polizia e dal magistrato afgano e ha reso, o avrebbe reso, sulla base dei documenti che ci sono pervenuti, piena confessione in ordine non solo all’attentato che è stato visto compiere ma anche all’attentato del giorno precedente. Si tratta di Wakil Ahmad, cittadino afgano di circa vent’anni residente a Farah, che sgravando altri delle responsabilità di un’eventuale azione fatta in concorso, si è assunto invece la piena responsabilità di quanto compiuto. E’ evidente che quanto riportato costituisce materia per l’azione giudiziaria delle Autorità e delle Istituzioni afgane e necessita il vaglio che merita ogni indagine doverosa.
Purtroppo, è amaro constatarlo, questo tragico evento conferma che, nonostante la validità delle procedure operative, dei mezzi e degli equipaggiamenti non è possibile azzerare completamente i rischi per i nostri militari. Per questo, non abbassiamo la guardia.
E voglio assicurare che la Difesa continua e continuerà ad attribuire la massima priorità al tempestivo aggiornamento delle procedure operative, dei mezzi e degli equipaggiamenti impiegati in teatro operativo. Ciò, mediante lo studio e la realizzazione delle soluzioni più avanzate per tutelare al meglio la sicurezza del personale, contribuendo alla prevenzione e al contrasto delle minacce attualmente esistenti e di quelle ragionevolmente prevedibili. In questo, l’azione del governo non può che collocarsi in stretta continuità con quella dei ministri che, in questo Dicastero, mi hanno preceduto.
Signor Presidente, Onorevoli Deputati, siamo riuniti oggi in quest’Aula per ricordare, purtroppo, che un altro nome si va ad aggiungere, al lungo elenco delle giovani vite spezzate in luoghi lontani e pericolosi. Ed è sempre difficile consolare chi è vittima di tragiche vicende come questa. Non esistono parole adatte a sostenere sufficientemente i familiari e alleviare il loro dolore e forse non bastano neppure le rassicurazioni di vicinanza e di sostegno, che possiamo inviare loro, in un momento così doloroso.
Abbiamo, tuttavia, il dovere di far sentire ai nostri militari, che le istituzioni, con spirito di unità, sono le prime a scuotersi e a far sentire compattamente la propria voce contro questi fatti di sangue, provocati da una crudeltà terrorista, che non ha giustificazioni, soprattutto, quando è rivolta contro chi è chiamato ad operare, adempiendo al proprio dovere, su mandato della comunità internazionale.
Giuseppe, era un Bersagliere, un servitore dello Stato, era anche un esperto delle missioni internazionali e, pertanto, era consapevole di quali sono i rischi di questo eroico lavoro.
Però Giuseppe, come tutti i nostri militari era pienamente consapevole, dell’importanza di partecipare alle nostre missioni internazionali, come quella in Afghanistan, che hanno finalità di pace e di ricostruzione civile.
E Giuseppe, anche in questa occasione, aveva voluto essere in prima fila, in difesa della democrazia e della libertà in quel tormentato Paese e si è comportato da eroe sacrificando la propria vita per salvare quella dei suoi compagni.
Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
di fronte al senso profondo di queste tragiche vicende l’Italia intera, cittadini e istituzioni, è chiamata a dimostrare, concretamente, spirito di coesione e unità, affinché, questi tristi episodi non siano accaduti invano e che il tributo pagato con la vita da Giuseppe, vita che non ha prezzo, non vada disperso, ma rimanga esempio di virtù e di coraggio per tutti.
E questo deve essere, a nostro avviso, il senso della discussione odierna in Aula.
L’auspicio, è quindi, che l’equilibrio, la responsabilità unitamente all’orgoglio e l’onore di essere italiani, siano i sentimenti a guidare la nostra riflessione.
Questa ulteriore perdita di un nostro militare ripropone all'attenzione dell'opinione pubblica e delle forze politiche il tema del nostro impegno in Afghanistan.
Anche in questo caso, come nelle circostanze precedenti si è instaurato il dibattito tra chi dice che è giusto rimanere e chi invoca il ritiro immediato dei nostri uomini.
Viviamo, come noto, in un’epoca di profondi mutamenti socio-economici e politici, di sfide nuove, di stravolgimenti internazionali.
Nuove minacce transnazionali, come quella del terrorismo, si sono affacciate all’orizzonte, sferrando colpi indiscriminatamente mortali, che non hanno risparmiato, niente e nessuno, minando la fiducia e la sicurezza di tutti.
La risposta della comunità internazionale, ha portato l’Italia in numerose aree di crisi, tra cui l’ Afghanistan.
Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
è ferma opinione del Governo che l’impegno dell’Italia per la gestione delle crisi internazionali, attraverso la partecipazione alle missioni militari per il mantenimento o il ripristino della pace, costituisca uno dei pilastri fondamentali della nostra politica estera e di difesa.
È nel nostro interesse concorrere alle decisioni della Comunità internazionale ma, meglio direi, si tratta di un nostro diritto, perché gli effetti di queste decisioni ricadono inesorabilmente anche su di noi.
E, come conseguenza, è nostro dovere, contribuire responsabilmente, e ad adeguato livello, agli interventi della comunità internazionale attraverso le missioni internazionali, quali tangibile contributo dell’Italia alla sicurezza del globo.
Questo perché contribuire alla sicurezza internazionale significa garantire la sicurezza del nostro stesso Paese, che è parte integrante ed integrata del mondo globalizzato.
Da molto tempo ormai, le frontiere della sicurezza, anche per l’Italia, si sono allontanate rispetto ai confini nazionali, richiedendo un impegno a tutto campo anche fuori dai tradizionali confini dell’Italia e dell’Europa.
Infatti, da numerosi anni, per le Forze armate il compito prioritario della difesa del territorio nazionale, di fatto, si è ampliato, comprendendo, nello spirito dell’articolo 11 della Costituzione, anche la partecipazione alle varie missioni internazionali sotto l’egida dell’ONU, dell’UE e della NATO.
È evidente che l’Italia ha in proposito un dovere di serietà, di lealtà, nell’ambito delle relazioni internazionali, a cui non si può venire meno, se non pagando, un altissimo e ingiustificabile prezzo sotto molti aspetti.
Pertanto, l’Italia è e intende rimanere un partner affidabile e credibile, nel quadro degli impegni condivisi in seno alla Comunità internazionale, rispetto agli imperativi di stabilità e sicurezza globale.
Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
anticipando alcune delle indicazioni e considerazioni sugli sviluppi delle missioni internazionali che illustrerò più compiutamente nell’ambito dell’audizione, che si terrà oggi pomeriggio dinanzi alle Commissioni riunite difesa e esteri di Camera e Senato, vorrei aprire quindi una riflessione sul teatro afghano.
Confermo l’intendimento del Governo di proseguire la partecipazione alla missione dell’ISAF, il cui obiettivo ultimo è ormai prossimo, collocandosi a dicembre 2014, concludendola secondo i termini stabiliti.
Evidenzio che il processo di “transizione”, con il progressivo passaggio di responsabilità in materia di sicurezza dalle Forze militari della Coalizione internazionale alle Forze di Sicurezza afgane, procede nei tempi e nei modi previsti, e non è stato ancora concluso.
Quattro delle cinque fasi di transizione sono in corso, la quinta sarà avviata a breve e si concluderà presumibilmente entro dicembre 2013.
Al momento l’87% della popolazione afgana vive ormai in aree sotto il controllo delle Forze di Sicurezza afgane.
Nella Regione ovest, di responsabilità del nostro contingente, già dallo scorso luglio è iniziato il trasferimento delle responsabilità della sicurezza alle autorità locali.
Si è partiti dalla provincia di Herat, per poi passare alle province di Badghis, di Farah e di Ghor per un totale di 31 distretti già sotto responsabilità afghana. Ne rimangono ancora 12 da trasferire entro la fine di quest’anno.
Per ciò che concerne il livello addestrativo delle forze afgane operanti nell’area di nostra competenza, si può certamente affermare che sono già in grado di condurre operazioni sul terreno in quasi totale autonomia.
Anche la componente dedicata alla sviluppo e alla ricostruzione, rappresentata dai cosiddetti “Provincial Reconstruction Teams” è coinvolta in tale transizione, giacché le sue funzioni sono progressivamente assegnate alle Autorità provinciali afgane, secondo un programma elaborato di concerto dalle componenti civili e militari ed integrato nei piani generali di transizione.
In aderenza con i progressi compiuti dalle Forze afgane, i compiti del nostro Contingente si concentrano sempre più sull’addestramento e sulla supervisione, pur rimanendo ancora necessaria la presenza di componenti terrestri ed aeree capaci di intervenire, ma solo in caso di necessità.
Volendo quantificare lo sforzo compiuto nel settore dell’addestramento, ad oggi sono stati formati 4 Comandi a livello di Corpo d’Armata e di Brigata, nonché 13 Battaglioni di varia specialità, per un complesso di oltre 10.000 militari.
Nel settore del sostegno alla ricostruzione, nel 2013 le attività della nostra componente hanno portato alla realizzazione di una scuola nei pressi di Herat, di un poliambulatorio fra Herat e Shindand e alla riqualificazione di aree residenziali ad uso governativo, senza tralasciare ovviamente la fornitura diretta di aiuti umanitari alla popolazione.
La consistenza del nostro Contingente che per il 2013 è scesa ad un livello medio di 3.100 unità è in progressiva contrazione, e ancora si ridurrà significativamente nel corso del 2014.
Da più parti si chiede un’accelerazione nel ritiro del nostro Contingente.
Posta la necessità di procedere coerentemente con gli impegni assunti al cospetto della Comunità internazionale, evidenzio due fattori ineludibili che rendono difficoltoso procedere diversamente da quanto descritto.
In primo luogo, la necessità di non mettere a rischio la sicurezza dello stesso Contingente, in una fase particolarmente delicata quale è sempre quella del ripiegamento, procedendo con il ritiro troppo accelerato delle componenti operative.
In secondo luogo, l’indisponibilità sia di sufficienti vie di comunicazione nella regione, sia di vettori aerei, terrestri e navali per la concomitante richiesta da tutti i Paesi della Coalizione internazionale.
Parallelamente al ripiegamento del contingente, sta infatti assumendo un sempre maggiore rilievo lo sforzo di rimpatrio dei mezzi e degli equipaggiamenti.
Al riguardo, è in corso una fase negoziale con i Paesi interessati dal transito dei nostri vettori trasporto.
Torno al quadro complessivo, per guardare al più lungo termine.
Alla Conferenza internazionale sull'Afghanistan, svoltasi a Bonn nel dicembre 2011 e alla quale hanno preso parte 85 Paesi e 17 Organizzazioni internazionali, la comunità internazionale si è impegnata ad aiutare l'Afghanistan nel decennio di trasformazione, dopo il 2014.
Su questa base, i Paesi dell’Alleanza Atlantica, al Vertice di Chicago del 21 e 22 maggio 2012, hanno deciso di terminare la missione dell’ISAF entro il 2014, terminare la missione dell’ISAF e di assicurare il sostegno all’Afghanistan dopo quella data, attraverso una missione di consistenza molto minore e con finalità del tutto differenti, cioè a dire “no combat”.
Queste decisioni sono state portate a conoscenza del Parlamento tempestivamente, in una Audizione analoga a quella odierna, sin dal 30 maggio 2012 e poi richiamate in ogni successiva analoga occasione, l’11 ottobre 2012 e il 16 gennaio 2013 dal Ministro della Difesa pro-tempore.
E’ intendimento proseguire il nostro impegno oltre il 2014 in termini di assistenza e addestramento alle Forze di polizia Afgane, per consolidarne la piena ed efficace autonomia d’azione.
Ciò al fine di assicurare che i risultati fino ad ora acquisiti in termini di stabilità, sviluppo e affermazione dei diritti fondamentali delle persone non siano vanificati.
Lo scorso 5 giugno, al Vertice dei Ministri della difesa della NATO, abbiamo affrontato la tematica, con il fine di avviare il processo di pianificazione della missione, che assumerà il nome di “RESOLUTE SUPPORT”.
Confermo che non sono più previsti compiti di contrasto all’insorgenza, né di lotta al terrorismo e al narcotraffico.
Al vertice NATO l’Italia ha espresso la disponibilità di principio ad assumere un ruolo nella fase post-2014, coerente con il nostro ruolo di questi anni.
Tale disponibilità, sarà ovviamente sottoposta al Parlamento quando la stessa si dovrà tradurre in un impegno concreto.
Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,
concludo questo mio intervento sottolineando, ancora una volta, l’importanza che il Paese e le Istituzioni, non perdano il senso di quello che stiamo facendo e facciano sentire ai nostri militari impegnati in difficili missioni la loro vicinanza e l’apprezzamento per il senso e il valore del loro operato. Ricordo che queste missioni sono state decise dal Parlamento quasi sempre a larghissima maggioranza e che da sempre la Comunità internazionale riconosce tramite quell’apprezzamento e quel valore il tratto di umanità col quale queste missioni sono state condotte.
Nel rispetto dei dettati costituzionali, Governo e Parlamento hanno definito, cioè deciso scelte fondamentali sul tema dell’impegno responsabile del nostro Paese per la stabilità e la sicurezza collettiva, attraverso l’impegno nelle missioni internazionali.
Ed è su questa strada che il Governo intende procedere con il consenso del Parlamento, ovviamente sempre a mente del quadro sociale ed economico-finanziario generale, ma nella consapevolezza che la sicurezza e il ruolo internazionale dell’Italia restano priorità ineludibili, non per retorica di maniera ma per la testimonianza diretta della madre di Giuseppe La Rosa che nello strazio ha avuto modo di dire a me, quanto il figlio fosse orgoglioso di contribuire a costruire la pace e a difendere i diritti del popolo Afgano.
Vi ringrazio.
Ministro della Difesa Mario Mauro
sovente mi sono chiesto quanti e quali deputati, quando la leva era obbligatoria, sono stati "riformati"Raffaele Ianniello
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