1° Maggio: «Festa del Lavoro», la filastrocca di Mimmo Mòllica

1° Maggio Festa del lavoro. La «Filastrocca del Lavoro» di Mimmo Mòllica racconta in versi e strofe questa importante ricorrenza. E noi la proponiamo a grandi e piccini per celebrare la «Festa del Lavoro e dei Lavoratori».  «Filastrocca del lavoro» di Mimmo Mòllica   Caro babbo che cos’è il lavoro? dei bambini domandano in coro a un papà stanco e pure affannato, dal lavoro appena tornato. Ed il babbo risponde a fatica «serve a vivere, è una regola antica». Ed aggiunge: «… ed inoltre, sapete il lavoro è passione, è volontà e decoro». «E che cosa vuol dire decoro?», ribatterono subito loro. «È nell’opera di un falegname, è Van Gogh, è in un vaso di rame». «È Geppetto e il suo pezzo di legno, è Pinocchio, è Collodi e il suo ingegno, è donare qualcosa di noi senza credersi dei supereroi». «È costruire un gran bel grattacielo, è Gesù quando spiega il Vangelo, compiacersi di quello che fai, è dolersene se non ce l’hai!». Però un tipo iniziò a blaterare: «È pagare la gente per non lavorare, s

MIGRANTI AL PALA NEBIOLO DI MESSINA: REVOCARE L'USO DELLA STRUTTURA, RICORDA UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO

Messina, 27/11/2013 - Nei giorni scorsi ho promosso una lettera aperta destinata al Magnifico Rettore in cui venivano descritte le condizioni dei centottanta (adesso centocinquanta) richiedenti asilo ricoverati nel Pala Nebiolo di proprietà della nostra università e con cui si invitava il Rettore a volere revocare l'uso di quella struttura, concedendo piuttosto un qualche residence universitario o, comunque, qualsiasi altro plesso che non ricordasse un campo di concentramento.
La mia nota, peraltro affatto polemica nei confronti del rettorato, non ha ancora raggiunto quel minimo di adesioni richieste per potersi dire in qualche modo rappresentativa della nostra comunità accademica. Per questa ragione invio nuovamente la lettera, correlata da un "apparato iconografico" che possa sostanziare le mie parole.
Vi sarei grato se voleste aiutarmi a diffonderla al di fuori di questa mailing-list, inoltrandola ai moltissimi colleghi che sicuramente non avrò raggiunto e che saranno sensibili alla questione. Cordiali saluti e grazie

Pietro Saitta
...................
Lettera aperta al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Messina

Nell’Ottobre del 2013, in conseguenza dell’ennesima emergenza umanitaria legata all’arrivo di
centinaia di uomini e donne in cerca di scampo da condizioni politiche e sociali devastanti,
l’Università degli Studi di Messina ha generosamente accolto l’invito della Prefettura e delle
autorità competenti ad accogliere temporaneamente, in attesa di una soluzione adeguata, dei
richiedenti asilo in una delle sue strutture. In particolare l’Ateneo ha accettato di mettere a disposizione dei migranti e delle autorità il “Pala Nebiolo”, uno dei suoi plessi sportivi d’eccellenza, individuato dalle forze dell’ordine come idoneo dal punto di vista della sicurezza e, pertanto, preferibile ad altre strutture pure proposte dai vertici dell’Università.
Centottanta rifugiati, tra cui alcuni minori, sono stati così riversati all’interno del suddetto
palazzetto dello sport e disposti in una grande camerata, rivelatasi presso insufficiente dal punto di
vista della qualità abitativa e dei servizi; al punto che le autorità sanitarie si sono trovate costrette a
segnalare le carenze igieniche dei locali. Non a caso, avveduta dell’inadeguatezza di questa
sistemazione, la Prefettura di Messina ha per tempo previsto l’innalzamento di una tendopoli nel
campo da gioco del plesso sportivo, in cui dislocare i richiedenti asilo in attesa di un loro
trasferimento presso centri di accoglienza attrezzati.

Mentre non si può fare a meno di apprezzare l’umanità dei vertici dell’Ateneo, occorre però
chiedersi se emergenze di questa natura – peraltro nel caso in questione assai contenute in termini
assoluti – possano giustificare da parte della Prefettura soluzioni di questo tipo. Soluzioni, cioè,
degne di ben altri numeri e circostanze, come per esempio quelle risultanti da sismi e disastri che
causino diverse migliaia di sfollati e non lascino in piedi strutture adeguate ad accoglierli. Una
decisione che riteniamo inaccettabile in generale e, ancor di più, in prossimità della stagione
invernale.
Il numero oggettivamente contenuto di richiedenti asilo in cerca di sistemazione provvisoria non
giustifica certamente l’impiego di palazzetti e tendopoli, il cui uso richiama situazioni da “stato di
eccezione”, luoghi e logiche concentrazionarie la cui genealogia va rinvenuta in momenti nefasti
della storia contemporanea – per esempio lo stadio di Santiago del Chile all’indomani del colpo di
Stato di Pinochet o quello di Bari successivamente alla prima ondata migratoria albanese – assurti,
infine, a drammatica normalità (come dimostrato dal caso dell’accoglienza dei rifugiati a Messina).
Luoghi e momenti, insomma, in cui si sono consumati alcuni degli avvenimenti topici
dell’autoritarismo successivo alla Seconda guerra mondiale.
Crediamo che una vicenda apparentemente minuscola e transitoria come quella che si consuma al
“Pala Nebiolo” faccia in realtà parte di un fenomeno tristemente connaturato alla modernità come
quello del “campo”, lo spazio di confinamento di quella “nuda vita” esposta, nei termini di
Agamben, “all’assoluta impossibilità di decidere tra fatto e diritto, tra norma e applicazione, fra
eccezione e regola, che tuttavia incessantemente decidono di essa”. Un’impossibilità, tra l’altro,
resa tangibile da testimonianze dirette relative a persone lasciate prive di cure adeguate, pur in
presenza di risultanze da arma da fuoco agli arti inferiori, lacerazioni della pelle, fratture, scabbia e
altre condizioni mediche di una certa gravità.
Come accennato, una persona presentava una frattura a un arto inferiore derivante da ferita d'arma da fuoco, ed è stata tenuta senza cure per settimane. Il ricovero di questo richiedente asilo è avvenuto solo grazie all’interessamento degli attivisti impegnati nella zona. Ma casi simili, solo apparentemente meno eclatanti, sono tutt’altro che isolati.

Inopinatamente, e con intenzioni certamente ben più nobili, la struttura sportiva del nostro Ateneo è
entrata a fare parte di una tragica storia di contenimento e sostanziale limitazione dei diritti, in
ragione della scelta delle autorità competenti di tenere insieme centinaia di persone all’interno di
una struttura inidonea a ospitare esseri umani per più di qualche ora e del rifiuto netto a distribuirle
nel territorio, all’interno di una pluralità di spazi appositamente attrezzati.

In ragione di queste considerazioni e per potere meglio assecondare quei principi che lo hanno
certamente indotto a concedere quello spazio, nel nostro ruolo di docenti universitari, ricercatori,
studenti e cittadini democratici, chiediamo al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di
Messina, prof. Pietro Navarra, di volere revocare la disponibilità espressa all’impiego del “Pala
Nebiolo” e di volere eventualmente mettere a disposizione dei richiedenti asilo presenti nella
nostra città altre strutture universitarie appositamente attrezzate per l’ospitalità ed accoglienza
delle persone – restituendo così l’impianto sportivo agli studenti e agli atleti che ne costituiscono
l’utenza naturale. Una revoca, peraltro, resa facilmente praticabile dall’apposita requisizione,
apparentemente attuata dal Comune di Messina, del villaggio turistico “Le Dune”: struttura messa a
disposizione dell’autorità prefettizia per l’accoglienza dei migranti.

Seguono le firme

Commenti