Capizzi, studente modello di 16 anni ucciso in piazza da un ventenne armato di pistola

Uno studente di 16 anni,  Giuseppe Di Dio, è stato ucciso sabato 1° novembre a Capizzi, piccolo comune dei Nebrodi in provincia di Messina, mentre un suo amico è rimasto ferito nella sparatoria. Fermate tre persone.  Giuseppe Di Dio frequentava la terza classe  dell'istituto alberghiero di Troina (Enna) e sarebbe stato attinto per errore dai colpi mortali esplosi da  Giacomo Frasconà Filaro , il 20.enne presunto assassino . 3 nov 2025 - Giuseppe Di Dio, 16 anni, e i suoi amici si trovavano  davanti a un bar di via Roma, a Capizzi, quando da un'automobile sarebbero scese tre persone, una delle quali avrebbe esploso i colpi di arma da fuoco che hanno attinto mortalmente il sedicenne, ferendo un altro giovane di 22 anni.  Si tratta di  Antonio Frasconà Filaro , 48 anni, e dei figli Mario, 18 anni, e Giacomo, 20 anni. Quest'ultimo, armato di pistola avrebbe fatto fuoco sulle persone presenti all'esterno del  bar di via Roma, a Capizzi, uccidendo ...

CALCIO SCOMMESSE, E' PATOLOGIA ANCHE TRA I PROFESSIONISTI: A QUANDO LA PREVENZIONE?

Reggio Calabria, 19 dicembre 2013 - La procura di Cremona apre un nuovo ciclo di indagini, campioni del mondo coinvolti
Ancora partite truccate e calciatori “malati” di scommesse: a quando la prevenzione?
L’indagine “Last Bet 3” è il terzo ciclone dal 2006 ad oggi che coinvolge lo sport più seguito del Paese, il calcio, e che non risparmia anche volti notissimi. C’è una realtà, nel profondo sud, che vive lo Sport come contrasto alla criminalità organizzata ed alle devianze sociali, che già da un anno sta studiando il fenomeno del gioco d’azzardo patologico: è il CSI di Reggio Calabria assieme al Ce.Re.So. ; oggi il day after dello stupore e dei commenti, tra bar e social network, parte una proposta concreta.

LAST BET 3: DIETRO AGLI SCANDALI, C’È UNA POVERTÀ DI VALORI
E ci risiamo, e – sperando di essere smentiti – non sarà neanche l’ultima volta. L’ennesimo scandalo del “calcio scommesse” che porta a 500 partite sotto la lente degli investigatori e rivela dettagli sconcertanti su campioni affermati del mondo dello Sport professionistico, conferma che – a parte il lavoro giudiziario delle Procure – è giunto il momento di affrontare il problema in modo sistemico ed in termini di prevenzione. “… sono malati, si giocano fino a 300-400 mila euro l’anno in scommesse” non è solo un’intercettazione che nutrirà le chiacchiere e le boutade da bar, bensì deve tracciare un nuovo identikit: siamo nel novero dei casi di G.A.P., gioco d’azzardo patologico. Bisognerebbe smuovere le coscienze, prima ancora che dilungarsi in elenchi di squalifiche e radiazioni (passaggi legittimi in sedi giudiziarie). Il CSI, in questo – manco a dirlo – è antesignano: stiamo coltivando da tempo una campagna di ricerca e sensibilizzazione, proprio tra i giovani atleti del G.A.P. ed i dati sono davvero allarmanti.

OFF SIDE: LO SPORT METTE IN FUORIGIOCO L’AZZARDO
Nato dalla collaborazione con il Ce.Re.So. (comunità terapeutica di Reggio Calabria specializzata nel contrasto alle dipendenze patologiche) la ricerca sul G.A.P. ha voluto sondare il terreno nel merito del gioco d’azzardo sui giovani sportivi. La percentuale dei coinvolti è altissima: i 2/3 di loro giocano abitualmente e quasi l’81% gioca più volte in una settimana alle “scommesse”. Un quadro che aumenta drasticamente quando si analizzano contesti sociali ed economi più degradati: il fenomeno del “gioco d’azzardo” è ormai abituale tra le giovani generazioni, grazie anche alle disponibilità di diversi mezzi, tra cui internet e gli smartphone, con cui “giocarsi” quelle poche risorse economiche che hanno.
ANDREA ZORZI, UN ESEMPIO CONTRO IL G.A.P.
Campione in campo e fuori, Andrea Zorzi, ha deciso da subito di sposare “OFF SIDE”, il progetto – pilota partito dal CSI di Reggio Calabria sulla prevenzione nel merito del gioco d’azzardo patologico. Zorzi incontrando 500 studenti ha parlato loro della grande differenza tra due sinonimi del termine “gioco” diametralmente opposti: uno che porta a socializzare, ad armonizzare il proprio corpo, l’altro ad alienarsi e perdere di vista la realtà. Una testimonianza che ha dimostrato come anche uno sportivo vero viva dei momenti di difficoltà e di solitudine, ma che attraverso le relazioni sociali e le scelte sofferte, possa uscirne fuori. L’unico modo in cui “sporcare” la propria carriere è il sudore in palestra. Parola di Zorzi.


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