Vendita AGI, Antoci: “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”

Vendita AGI, Antoci (Capolista M5S Collegio “Isole”): “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”. Nota Stampa di Giuseppe Antoci, candidato capolista circoscrizione “Isole” alle elezioni europee col MoVimento Cinque Stelle 4 mag 2024 - "Lascia sgomenti la decisione di ENI, azienda partecipata dello stato, di trattare la cessione dell'agenzia di stampa AGI con il parlamentare leghista Angelucci. Un'operazione "folle", come giustamente definita da Giuseppe Conte. Altrettanto allarmante è il fatto che la vendita si stia realizzando mediante una trattativa privata in assenza di un bando di gara a tutela della trasparenza dell'operazione. Bisogna arginare condotte come queste applicando il "Media Freedom Act", legge europea per la libertà dei media tesa a proteggere i giornalisti e i media dell'UE da ingerenze politiche o economiche e ad evitare la concentrazione dei media sotto il controllo politico (come nel caso di Angeluc

ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA: SE LA CLASSE POLITICA È IRREDIMIBILE, MEGLIO ABOLIRE LE REGIONI


I deputati dell’Assemblea regionale siciliana sotto inchiesta per peculato sono 83 di cui 37 in carica. A fronte di una classe politica che appare irredimibile, si fa strada l’idea di chi propone l’abolizione delle amministrazioni regionali ritenute, a prescindere dagli sprechi e dalle ruberie che pur incidono non poco, troppo costose per lo Stato
Palermo, 23 gennaio 2014 – La riduzione dei propri stipendi deliberata lo scorso dicembre dai deputati dell’assemblea regionale siciliana, in applicazione del decreto Monti e della spending review, benché sia stata conseguita malgrado i riottosi tentativi di chi riteneva intoccabili i privilegi acquisiti, c’era sembrato un segnale importante ed aveva aperto uno spiraglio alla speranza di essere governati da una classe politica sensibile ai problemi del momento e responsabile di fronte al proprio elettorato.

Crediamo proprio di esserci sbagliati. Mentre i siciliani detengono il record nazionale della disoccupazione, mentre chiudono aziende e negozi, i deputati siciliani, in realtà costretti ad abbassarsi lo stipendio da 19700 euro a 11.100 euro lordi dal decreto Monti, hanno nei giorni scorsi avuto un piccolo extra a parziale conforto e recupero delle somme precedentemente decurtate: il Consiglio di presidenza dell’ARS ha infatti elargito agli undici capigruppo 1160 euro al mese. Poca cosa rispetto alle perdite subite, ma meglio che niente.
D’altra parte anche altre figure istituzionali all’interno dell’assemblea siciliana ricevono indennizzi a vario titolo, non essendo forse sufficienti per sbarcare il lunario gli 11.100 euro mensili per quanto lordi.

Il Fatto Quotidiano, sugli extra incamerati dai deputati siciliani ci ha informati dettagliatamente: “Merito della legge sulla spending review, che se da un lato impone un tetto massimo per lo stipendio dei deputati, dall’altro delega al consiglio di presidenza dell’Ars la determinazione delle cosiddette indennità di funzione, ovvero le somme extra percepite da alcuni parlamentari. È per questo che il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone può contare su 2.700 euro di bonus ogni mese, i vicepresidenti a 1.800 euro, mentre i deputati questori si fermano a un extra di 1.622 euro. Un bonus di 1.159 euro è previsto anche per i presidenti di commissione, mentre i vicepresidenti trovano in busta paga un’indennità suppletiva di 290 euro”.

A tutto ciò si aggiungono gli sperperi, l’uso distorto e gli abusi nell’utilizzo delle somme di cui i gruppi politici dispongono per sostenere spese e finanziare attività funzionali al loro incarico pubblico. Il 15 gennaio la stampa isolana ci informava che sono indagati 83 deputati di cui 37 attualmente in carica, con l’accusa di peculato poiché avrebbero utilizzato i fondi per altre finalità rispetto a quelle previste: acquisti personali, cene, viaggi, regali per vari milioni di euro. Se pensiamo alle accuse e ai processi in corso a carico di alcuni consiglieri del Lazio o alle recenti accuse rivolte dalla magistratura al presidente e ad alcuni consiglieri della Regione Piemonte, ci sembra una scena già vista. Nulla di nuovo. Per quale motivo i deputati della Regione Sicilia dovevano essere “diversi” dai loro colleghi.

Eppure sostiene Nino Sunseri sul Giornale di Sicilia del 15 scorso, adombrando l’accusa di un atteggiamento arrogante o forse da sprovveduti o da inconsapevoli, dovevano rendersi conto che tutte le Procure d’Italia si sono da tempo mobilitate per verificare come vengono utilizzati tali fondi. “Sembra quasi, scrive Sunseri, che la classe politica siciliana sia composta da avatar che vivono in un’altra dimensione. Paiono proprio non accorgersi di quello che accade loro intorno”. Forse, ci sembra il caso di aggiungere, decenni di impunità hanno radicato il convincimento che non si sarebbe mai dovuto render conto. Il giudizio popolare sui politici siciliani era già stato severo: alle ultime elezioni regionali tenutesi nell’ottobre del 2012, era andato a votare soltanto il 47, 42% degli aventi diritto.

È stato un segnale forte, un’astensione equivalente ad una bocciatura della politica, che avrebbe dovuto far riflettere sulla necessità di un comportamento tale da far rinascere la fiducia degli elettori nei suoi governanti. Ma così fan tutti e così hanno fatto anche i nostri deputati regionali. Sono circa 30 milioni di euro i fondi utilizzati per spese private. A fronte di tali notizie ritorna la discussione sull’utilità dell’autonomia concessa nel 1946 alla Regione Sicilia, considerata più una disgrazia che un’opportunità di crescita e di sviluppo da chi ben conosce gli ambienti politici siciliani. E poiché la pianta della mala gestione sembra aver messo radici dappertutto (attualmente sono quindici le regioni sotto inchiesta per peculato e per altri reati) c’è chi sostiene che, considerati i fenomeni di corruzione e l’ingente spesa che grava sullo Stato, sarebbe forse meglio abolire le regioni ed affidare le relative competenze ai Comuni e ad eventuali consorzi territoriali.

Intanto la cronaca ci continua a segnalare scuole in sofferenza per mancanza di fondi necessari alla manutenzione e alla messa in sicurezza. Riferiamo solo due recenti esempi: la scuola Tomaselli e un plesso dell’Istituto comprensivo Marconi di Palermo sono inagibili per infiltrazioni d’acqua. Pilastri e soffitti risultano compromessi. Gli alunni, bimbi di scuola elementare, vengono trasferiti ogni giorno in altro edificio con i pullman nel primo caso o costretti ai doppi turni quelli del Marconi. I Comuni dicono di non avere le risorse necessarie per fronteggiare la manutenzione degli edifici scolastici: alla Regione intanto si sperperano i fondi pubblici in spese private e frivolezze varie.

Giovan Battista Puglisi
Direttore Editoriale della “Letterina”
ASASI

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