In questo momento la difficoltà della Regione di poter applicare la sua legge finanziaria, bloccata dal Commissario dello Stato, ci appare come un’ulteriore grave ferita ad un corpo sociale già fortemente debilitato
Palermo, 30/01/2014 - Sulla Regione Sicilia sembra essersi scatenata negli ultimi mesi una tremenda bufera: arresti a Catania a Messina e a Palermo per ruberie, truffe e varie irregolarità amministrative nel settore della Formazione professionale; risultano indagati di peculato 83 deputati di cui 37 attualmente fanno parte dell’Assemblea regionale; gli attuali deputati regionali sono stati pochi giorni fa alla ribalta della stampa nazionale per essersi attribuiti, dopo la diminuzione degli stipendi in ossequio al decreto Monti, varie indennità a parziale risarcimento; 33 articoli su 50 della legge di stabilità regionale approvata questo mese, sono stati bocciati dal Commissario di Stato.
Una tempesta, non solo per le pregresse vicende, si è davvero abbattuta lasciando prevedere giorni veramente difficili per il Governo regionale e soprattutto per quei dipendenti di enti vari, associazioni, teatri, consorzi, scuole, università, guardie forestali il cui stipendio ha origine direttamente o meno dai finanziamenti regionali: sembra che siano quasi 40.000 coloro che per la decisione del Commissario rimarranno senza remunerazione. Di chi le responsabilità? Il presidente Crocetta inveisce contro il Commissario adombrando quasi una congiura ai danni della sua giunta: “non si era accorto delle assunzioni e degli impegni che venivano presi negli ultimi vent’anni? … due miliardi di disavanzo nel 2011 e un altro miliardo nel 2012 sono stati possibili anche grazie ai giudizi di ammissibilità di talune spese da parte del Commissario dello Stato. Non si lavi le mani nei confronti di chi sta facendo rigore…”.
Una delle ragioni delle decisioni del Commissario di Stato, a prescindere da valutazioni su assunzioni più o meno clientelari avvenuti negli anni scorsi o su previsioni di spesa che possono apparire come elargizioni, sta nel fatto che i residui attivi inseriti non sono di certa riscossione come ormai accade da anni nelle pubbliche amministrazioni, scuole comprese. Per cui circa 500 milioni di euro dovrebbero essere accantonati e non sono più inseribili nella previsione di spesa, per far fronte alle probabili mancate entrate riferibili ai crediti vantati dalla Regione. Gli stipendi dei dipendenti della Regione risultano garantiti. La vicenda, oltre che a provocare la preoccupata reazione dei diretti interessati e dei sindacati, fa già registrare un turbinio di reciproche accuse: l’opposizione critica il governo Crocetta per la mancanza di reali progetti, mentre l’assessore Bianchi rinfaccia al centrodestra l’inserimento di emendamenti che hanno fatto lievitare la previsione di spesa. Il presidente e gli assessori si recheranno a Roma per tentare di trovare una soluzione che consenta il recupero di parte delle somme. Se non sarà data in tempi rapidi una risposta al problema c’è certamente il rischio di tensioni sociali da un lato e di una probabile crisi del governo regionale dall’altra, con ulteriore aggravamento della situazione sociale ed economica della Sicilia già di per sé abbastanza grave.
Giuseppe Arrica, responsabile della filiale regionale della Banca d’Italia, durante un’intervista pubblicata il 24 gennaio dal Giornale di Sicilia, oltre ad aver sostenuto che burocrazia e corruzione allontanano gli investimenti, ha evidenziato come la crisi ha colpito pesantemente l’economia isolana: i dati ISTAT relativi al terzo trimestre del 2013 hanno fatto registrare, rispetto allo stesso periodo del 2012, una perdita di 87.000 posti di lavoro. “È da oltre un quinquennio, ha precisato Arrica, che l’economia dell’isola arretra…il prodotto interno lordo regionale a partire dal 2008 si è sempre ridotto di anno in anno…”. Siamo sempre stati molto critici verso la politica regionale informata spesso a criteri assistenziali e clientelari: in questo momento la difficoltà della Regione di poter applicare la sua legge finanziaria ci appare però come un’ulteriore grave ferita ad un corpo sociale già fortemente colpito e debilitato.
Giovan Battista Puglisi
Direttore Editoriale della “Letterina”
© ASASI
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