Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

ATTILIO MANCA E BEPPE ALFANO, LA TRATTATIVA CON ZIO FILIPPO IN QUELLE FOTO ORRENDE

Ieri, martedì 11 febbraio, nella ricorrenza del X Anniversario della tragica morte di Attilio Manca, si è svolto a Barcellona Pozzo di Gotto l'evento "E se Attilio fosse tuo fratello?". Una funzione religiosa per celebrarne la memoria e poi, alle ore 17.30, nella Chiesa di San Vito la presentazione del volume di Luciano Mirone, “Un suicidio di mafia”, che da oggi sarà in tutte le librerie
Barcellona Pozzo di Gotto - 12/02/2014 - Nella stessa giornata il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha respinto la richiesta di revoca del carcere duro a Bernardo Provenzano, il boss di Cosa Nostra alle cui nefandezze si lega la sorte di Attilio Manca, il giovane urologo barcellonese ‘suicidato’ dalla mafia, la cui colpa imperdonabile sarebbe stata quella di visitare e assistere proprio Provenzano, ammalato di cancro alla prostata.
Il provvedimento del ministro Cancellieri rigetta l'istanza presentata dai familiari del boss Provenzano attraverso l'avvocato Rosalba Di Gregorio, istanza motivata da "gravissimi problemi di salute" dopo che Provenzano è stato dichiarato incapace di prendere parte al processo sulla “trattativa Stato-mafia”, proprio a causa delle sue condizioni neurologiche.

Presenti nella chiesa di San Vito, a Barcellona Pozzo di Gotto, i familiari del medico ucciso, il fratello Gianluca e i genitori; Maria Teresa Collica, sindaco di Barcellona Pozzo di Gotto; Renato Accorinti, sindaco di Messina; Luciano Mirone, autore del libro Un "suicidio" di mafia; Francesco D'Uva, parlamentare del M5S ); l’europarlamentare Sonia Alfano; Antonio Ingroia e Fabio Repici, legali della famiglia Manca; Antonio Mazzeo, giornalista e scrittore; Luciano Armeli, autore del libro su Attilio Manca "Le vene violate"; Sabrina Smedili, ideatrice, unitamente a Gianluca Alibrando, dell'evento "...E SE ATTILIO FOSSE TUO FRATELLO?" . Moderava l'incontro la giornalista Francesca Capizzi.
 Proprio l’europarlamentare Sonia Alfano ha affrontato i temi più emozionanti e forti di un evento che richiamava tutta la drammaticità degli eccidi di mafia più brutali e feroci attribuibili alla mafia barcellonese, ma senza con questo potere ricondurre tali 'sacrifici' ad una bestialità tutta interna alla città del Longano. Piuttosto gli eccidi di Beppe Alfano, padre dell’europarlamentare barcellonese, e di Attilio Manca sono testimonianze ferali di una stretta strutturazione di Cosa Nostra con le ramificazioni territoriali che tra Barcellona Pozzo di Gotto, Tortorici e Messina hanno la loro estensione messinese.

Le foto di recente pubblicate dai familiari di Attilio Manca, la crudezza e l’orrore che trabocca da quelle immagini, sono state commentate dal sindaco di Barcellona Pozzo di Gotto, Maria Teresa Collica, così come da Sonia Alfano: “Non sono le foto terribili, è la realtà che è orribile”. E Sonia Alfano ha raddrizzato subito il tiro di quella che per lunghi 10 anni è stata la vicenda processuale e mediatica di una morte, quella di Attilio Manca, fatta passare come ‘inconveniente del mestiere’ per un consumatore abituale di stupefacenti.
Un’ostinazione ‘scientifica’, destinata a costruire sul ‘caso Manca’ (come accaduto in precedenza con il caso Alfano) una verità di comodo, una verità di copertura, una falsa verità, di quelle che fanno passare per pazzo chi tenti di opporvisi, chi tenti di mettere a nudo le magagne e l’orrore che rimane in quelle immagini, tra sgomento invincibile e sangue rappreso.
Così le morti di Beppe Alfano, giornalista dalla schiena dritta, e di Attilio Manca, giovane luminare dell’urologia moderna, non si incrociano con faide strapaesane, non hanno niente a che vedere con gelosie e tradimenti, con offese e sgarri, con incaute frequentazioni e calli pestati, in una provincia dove non si fa uso di callifugo per quanto esista una categoria 'umana' coi piedi costellati di arrogantissimi calli.

Sonia Alfano ha reso note conoscenze e verità non costruite attraverso indizi processuali e sentito dire ma nella sua veste di familiare di vittima di mafia alla ricerca della verità, cui spetta il diritto di accedere agli atti, nelle forme previste dalla legge. Così le morti di Beppe Alfano, suo padre, e di Attilio Manca, si incrociano con un apparente faccendiere di provincia, anonimo e modesto perfino nel nome: Zio Filippo, in una latitudine terrestre piena di zii Filippi.
Un modesto personaggio, all’apparenza, conosciuto pure dal pm Olindo Canali, poi condannato a due anni per falsa testimonianza, e dall’imprenditore Mario Imbesi, molto ‘sentito’ nella zona, possessore di una pistola calibro 22 nuova di zecca, degna d'essere portata con sé perfino in chiesa a Tindari, nel Santuario della Madonna Nera. Chissà? Proprio Imbesi confida al figlio: “Ti devo dire una cosa. Però siediti che sennò puoi cascare. Quello là, zio Filippo, lo sai chi è veramente? Stuppati le orecchie, stuppati… Altro che zio Filippo, quello Nitto Santapaola in persona è. ‘U capisti? Altro che zio Filippo!”
Nitto Santapaola, in persona, un boss da fare tremare mezza Sicilia. Anzi tutta.

Ed è proprio questo uno dei moventi dell’omicidio di Beppe Alfano, il giornalista ficcanaso padre di Sonia Alfano ucciso dalla mafia nel 1993. Alfano era convinto che Santapaola, dopo Totò Riina, il numero due dei latitanti, si nascondesse a Barcellona P.G. Tanto convinto da informarne il pm Olindo Canali, come successivamente lo stesso Canali ha ammesso. Beppe Alfano fu ucciso la sera dell’8 gennaio 1993 con tre colpi di rivoltella calibro 22, nuova di zecca.
A Barcellona Pozzo di Gotto - ha raccontato ieri sera Sonia Alfano – Zio Filippo (alias Nitto Santapaola) venne intercettato proprio assieme agli Orifici, padre e figlio, mentre veniva confidata la… confidenza. Perché, allora, Santapaola non venne arrestato? Quale occasione migliore le forze dell’ordine avrebbero avuto per mettere a segno una brillantissima operazione? Niente! Barcellona Pozzo di Gotto diviene luogo di misteri. E la mancata cattura del boss Nitto Santapaola, a Barcellona Pozzo di Gotto, è uno dei tanti misteri che avvolgo le morti orrende di Beppe Alfano e Attilio Manca, coinvolti - così - direttamente o indirettamente nella "trattativa Stato-mafia", come rivelato da un avvocato oggi in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa: Rosario Pio Cattafi, avvocato e 'progettista' di imponenti Centri Commerciali con i quali la mafia si procura quelle centinaia di milioni di euro illegali che possono sempre servire, senza i quali la mafia non tanto se la passa!

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A dieci anni dalla morte di Attilio Manca si apre uno spiraglio per i familiari, che non hanno mai dato creduto al decesso del medico per un mix di eroina e tranquillanti e che da anni si battono per la ricerca della verità. Si è conclusa ieri con il rinvio a giudizio per spaccio di Monica Mileti, unica imputata per la morte di Manca perchè accusata di aver fornito al giovane urologo in servizio presso l'ospedale di Belcolle la dose di eroina che, secondo la procura di Viterbo, ne causò la morte il 12 febbraio del 2004. Il gup Franca Marinelli, dopo aver ascoltato le requisitorie prima del pm Renzo Petroselli e poi degli avvocati di parte civile, Antonio Ingroia e Fabio Repici, e infine della difesa, rappresentata da Cesare Placanica, ha fissato l’udienza il prossimo 12 giugno.

''E’ stata finalmente accolta la nostra istanza di giustizia – ha commentato a caldo l’ex pm di Palermo Antonio Ingroia - , anche i familiari di Attilio sono molto soddisfatti della sentenza del gup. Abbiamo fiducia perché ora il processo si svolgerà di fronte a un giudice terzo non condizionato”. Ovvio poi che da questo momento i legali di parte civile daranno il via a una densa attività d’indagine difensiva: ''Abbiamo già pronta una lunga lista di testimoni'', ha anticipato Ingroia. Ed era proprio riuscire ad ottenere il dibattimento l’obiettivo della famiglia di Attilio, perchè considerato l’unico espediente per accertare la verità sulla morte dell’urologo siciliano. Una verità che per i familiari non è mai stata neanche lontanamente cercata dalla Procura di Viterbo. Anche oggi, durante la requisitoria delle parti civili, non sono state lesinate accuse pesanti nei confronti degli inquirenti, colpevoli, a detta dei Manca, ''di esser stati ciechi nelle indagini e sordi alle richieste della nostra famiglia e di non aver raccontato i fatti, ma una storia con protagonisti sbagliati e soprattutto non sorretta da prove ma da congetture fondate su qualche indizio''.

Contraddizioni e anomalie, dunque, e non prove acquisite, che avrebbero svelato solo una parte minima di verità. Ma il volere il processo a tutti i costi non significa che serve un colpevole. ''Oggi non abbiamo chiesto la condanna della Mileti – ha precisato Ingroia fuori dall’aula – tantomeno il risarcimento dei danni come parte civile all’imputata. Certo è che c’è un vuoto di indagini sulla posizione della Mileti che va approfondito durante il dibattimento''.

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