1° Maggio: «Festa del Lavoro», la filastrocca di Mimmo Mòllica

1° Maggio Festa del lavoro. La «Filastrocca del Lavoro» di Mimmo Mòllica racconta in versi e strofe questa importante ricorrenza. E noi la proponiamo a grandi e piccini per celebrare la «Festa del Lavoro e dei Lavoratori».  «Filastrocca del lavoro» di Mimmo Mòllica   Caro babbo che cos’è il lavoro? dei bambini domandano in coro a un papà stanco e pure affannato, dal lavoro appena tornato. Ed il babbo risponde a fatica «serve a vivere, è una regola antica». Ed aggiunge: «… ed inoltre, sapete il lavoro è passione, è volontà e decoro». «E che cosa vuol dire decoro?», ribatterono subito loro. «È nell’opera di un falegname, è Van Gogh, è in un vaso di rame». «È Geppetto e il suo pezzo di legno, è Pinocchio, è Collodi e il suo ingegno, è donare qualcosa di noi senza credersi dei supereroi». «È costruire un gran bel grattacielo, è Gesù quando spiega il Vangelo, compiacersi di quello che fai, è dolersene se non ce l’hai!». Però un tipo iniziò a blaterare: «È pagare la gente per non lavorare, s

SCUOLA & COMPITI / FAMMI LAVORARE PIÙ A SCUOLA CHE A CASA, NON LASCIARMI CON LE COSE PIÙ NOIOSE

Se lavoro poco a scuola, a casa non lavorerò per niente, e non lasciarmi tutto solo a casa con le cose più noiose da fare
Palermo, 06/02/2014 - Permettimi, ogni tanto, di dirti che non ho studiato. Ma impegnami a recuperare. Stabiliamo a ogni inizio d’anno un patto coi ragazzi, anche i più piccoli: poche regole di comportamento chiare. E scritte. E facciamole rispettare. Copiare è barare, e il copia e incolla dal web non è molto meglio. Fare l’insegnante è uno dei mestieri più frustranti, più appaganti, più complicati. Un paese civile deve fare il tifo per i suoi insegnanti.
“Un investimento in conoscenza paga i migliori interessi”. Lo dicono Benjamin Franklin e Bankitalia. Come attirare i talenti migliori verso l’insegnamento? C’è la ricetta finlandese: riconoscimento sociale ed economico. Un paese civile deve pagare i suoi insegnanti, ma in Italia sono bassi gli stipendi, e non c’è progresso tra inizio e fine carriera, eppure la spesa nazionale per studente è alta: dov’è l’inghippo? Il Programma non è il Vangelo. Ogni classe, ogni scuola è una storia a sé e l’autonomia è necessaria, ma funziona solo se gli obiettivi sono chiari e misurabili e se i risultati vengono valutati: è la differenza tra autonomia e anarchia.

L’autonomia ha bisogno di controlli reali, efficaci, frequenti, su tutto il territorio. Per migliorare un intero sistema scolastico bastano dieci anni. L’ha fatto la Germania, per migliorare le performance degli studenti basta anche meno. Ci è riuscito il Giappone. Se niente cambia, niente può migliorare. La scuola non è un’azienda: questo non l’autorizza a essere dispersiva e inefficace. Vogliamo promuovere il merito?

Cominciamo da presidi e insegnanti. Molti insegnanti stanno già cambiando tutto. Valorizzarli, magari. Il pedagoghese “vacuo e inconcludente” fa rivoltare il maestro Manzi nella tomba. Che lui venga a tirare i piedi a chi lo usa. Il burocratese sgangherato fa piangere Santa Grammatica e imbufalire San Buonsenso. Tutti gli studenti di tutte le discipline (scientifiche, umanistiche, artistiche, tecnologiche …) hanno pari dignità e meritano insegnanti competenti.
Formare vuol dire scovare ed esaltare le capacità di ogni singolo studente. Lasciami essere curioso. Non obbligarmi a essere compiacente. La scuola chiede di imparare senza errori. La creatività chiede di imparare dagli errori. La scuola insegna risposte standard. La creatività fa domande diverse per trovare nuove risposte. In un futuro prossimo faremo mestieri che ancora non esistono. Qualsiasi cosa io faccia in futuro, dovrò continuare a imparare per tutta la vita. Non darmi nozioni che diventeranno obsolete: dammi un metodo, cioè: “Non regalarmi pesci: insegnami a pescare”.

La scuola non può cambiare senza il supporto delle famiglie. Un buon modo per avere figli lettori è leggergli storie quando sono piccoli. Un buon modo per avere figli bravi a scuola è avere molti libri in casa. Sopperire alla mancanza di carta igienica a scuola non basta, e non basta chiedere la (urgentissima!) manutenzione delle scuole.
(Coda di paglia ministeriale: girare uno spot per l’istruzione pubblica in una scuola privata).
L’abbandono scolastico è un dramma: chi lascia la scuola cresce come cittadino dimezzato. Noia e routine schiantano sia gli studenti migliori, sia quelli che fanno più fatica. “Premiare il merito” ed “educare tutti” sono obiettivi complementari, non contrapposti. Dobbiamo pretendere insegnanti preparati e tosti. Sbagliato chiedere indulgenza. Giusto chiedere equità, rigore, competenza, passione. Sì, esistono anche studenti maleducati. E sì, la responsabilità è delle famiglie. La scuola è un diritto che pretende doveri: non c’è crescita senza responsabilità. La scuola è una faccenda che interessa tutti noi. Non vado a scuola per un pezzo di carta, ma per un pezzo di futuro.

Annamaria Testa
docente Università Bocconi
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