Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

TOTÒ CUFFARO DAL CARCERE, LEZIONI DI VERA POLITICA MENTRE L'UE CONDANNA L'ITALIA


Parla l’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro. Sono ancora vive le immagini e risuonano chiare e forti le parole dell’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, matricola n. 87833, detenuto nel carcere di Rebibbia. In un’intervista condotta da Michela Giuffrida, direttore di “Antenna Sicilia”, è stata rievocata la vicenda che ha portato alla condanna a cinque anni di carcere del senatore e presidente della Regione per favoreggiamento alla mafia
13/02/2014 - Vittima sacrificale che ha pagato per tutti e con ammirevole forza, coraggio e pazienza sta sopportando la dura prova. Ho sbattuto sulla mafia, dice Totò Cuffaro, riconoscendo i suoi errori, ma il suo credo politico, la sua attenzione alla gente, la ricerca del bene comune lo rendono “maestro” della vera politica che non cerca solo il consenso elettorale, ma sta vicino alla gente e ne condivide le tensioni, i bisogni, le attese e le speranze.

Ha già compiuto 1379 giorni di carcere e ne mancano altri 746 per riacquistare la libertà e poter rivedere per intero il cielo della sua Sicilia. Ogni giorno li conta, li cancella e li vive nella pesantezza del carcere, attendendo il 5 dicembre 2015, ultimo giorno di pena e per lui si apriranno le porte del carcere.
Con ammirevole onestà, profonda cultura dello Stato e grande rispetto delle Istituzioni, compresa la Magistratura, Totò Cuffaro ha impartito una vera lezione di politica che guarda il bene comune e cerca il consenso dei cittadini, attraverso le azioni di servizio alla gente, creando un contatto, guardando le persone negli occhi, stringendo le loro mani in segno di amicizia. Quello che è stato definito “cuffarismo” nel senso buono si traduce in attenzione alle persone, mentre oggi i politici sono lontani dai cittadini e, una volta eletti, se ne dimenticano.

In Sicilia, ha detto, non si può governare con il bastone della tirannia, della prepotenza e della sopraffazione sugli altri, bensì attraverso un “buon governo” che adotta le regole del “buon padre di famiglia” che rimprovera e richiama, ma collabora e valorizza le persone.
Oggi il politico risulta quasi un ibrido giacché appare “giornalisticamente modificato” (PGM) constatando che i giornalisti costruiscono l’immagine di un politico e ne determinano il successo. Anche una foto (quella dei cannoli) può distruggere l’immagine di un politico e segnarne la fine.

In carcere il senatore Cuffaro fa “politica”; si è messo a servizio degli altri detenuti, molti dei quali extra comunitari, li aiuta scrivendo per loro ricorsi, domande, appelli. Per alcuni scrive anche lettere ai familiari e alle fidanzate, fa il consigliere e il confidente di quanti sono in difficoltà. Riceve molte lettere di amici e risponde con ammirevole forza, studia per conseguire la laurea in Giurisprudenza per poi aiutare i detenuti che non possono permettersi un avvocato, scrive libri rivivendo in forma romanzata la sua triste esperienza.
Nei suoi libri: “Il candore delle cornacchie”, già edito e candidato al “premio Strega” e nel libro di prossima pubblicazione “Le carezze della nenia”, racconta la vita del carcere che opprime, ma vista da un aquilone giallo verde e azzurro anche il carcere dall’alto sembra piccolo e la speranza della libertà si alimenta e cresce, sempre più dando forza e fiducia nel momento della prova.

Il messaggio che dall’intervista arriva alla gente comune, ma che dovrebbe arrivare anche ai politici nazionali è che nelle carceri, luoghi ai quali la Costituzione assegna il compito della rieducazione, si vivono non solo storie dei corpi e quindi i problemi del sovraffollamento delle carceri e delle strutture, ma ancor più si vivono “storie di anime” e si sente forte il senso della giustizia. In carcere, per non essere disperati, occorre vincere l’astio e il rancore con la speranza e la fiducia, non tenere i pugni chiusi, bensì le mani aperte all’accoglienza e alla solidarietà e quindi seminare non rabbia e veleni, bensì speranza e fiducia.

Nella conclusione dell’intervista, il presidente Cuffaro che spiega i braccialetti colorati ricevuti in dono da un amico di ritorno dai pellegrinaggi a Lourdes afferma con serenità e convinzione: “A differenza di chi sconta l’ergastolo, io sono fortunato e, anche se la mia pena è lunga e difficile, finirà. Sono fortunato perché sono affidato all’abbraccio di Dio e della Madonna e tale affidamento non mi può essere negato”.
Queste espressioni risuonano come monito e lezione di vita, meritano attenzione e rispetto da parte di tutti, auspicando che la data del 5 dicembre 2015 possa essere anticipata.

Giuseppe Adernò
ASASI
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LA GIUSTIZIA EUROPEA CONDANNA NUOVAMENTE L’ITALIA


Corte europea dei diritti dell’uomo - Sentenza Montalto del 14 gennaio 2014 (ric. 38180/08 più altri 16)
Lo Stato Italiano non può più ignorare ciò che è accaduto a 70.000 lavoratori italiani della scuola, gli ATA-ITP che nel lontano gennaio 2000 transitarono allo Stato, a malincuore, perché costretti dalla l. 124/99 che all’art, 8 prometteva di riconoscere loro tutta l’anzianità maturata nell’Ente Locale di provenienza, garantendo, quindi, ad essi l’equiparazione ai colleghi dello Stato, rispetto ai quali avevano, comunque e da sempre svolto le stesse mansioni e compiti anche se alle dipendenze di due Amministrazioni Pubbliche diverse.

Ebbene dopo una scellerata alleanza Governo-Sindacati protrattasi per 14 anni durante i quali si sono orchestrate le più turpe trame tese da tutti i governi che si sono succeduti (Prodi, D’Alema, Berlusconi, Monti, Letta) finalizzate ad affossare le legittime speranze ed aspettative di questi sfortunati lavoratori, continuano a pervenire, dalle Grandi Corti della Giustizia Europea, a cui si sono visti costretti rivolgersi per dei diritti in Italia negati, pesanti condanne per lo Stato Italiano.
Sono diverse ormai le Sentenze con le quali “il Giudice di Berlino” ricorda allo Stato Italiano, ed ai sindacati che hanno taciuto, girandosi dall’altro lato per non vedere e tappandosi le orecchie, che certi comportamenti vergognosi e squallidi sono degni dei paesi del terzo mondo e non certo di un paese che si vuole definire a tutti i costi “Europeo”.

Infatti, con la sentenza Montalto la Cedu ha rafforzato quanto già enunciato nella sentenza Agrati sulla violazione dell’art.6 della Convenzione, rigettando tutti gli argomenti del Governo italiano. Secondo la Corte europea non vi era alcuna necessità di una norma interpretativa che andasse a ridurre il contenzioso, che anzi è stato alimentato, non vi erano ragioni imperiose di carattere generale per giustificare a distanza di oltre cinque anni la modifica dell’art.8 della legge n.124/1999 che riconosceva la piena anzianità di servizio e professionale al personale ATA transeunte, perché non vi era alcun vide juridique, nessun vuoto normativo da colmare, ma solo gli interessi “egoistici” dello Stato (e dell’Avvocatura erariale) da tutelare contro i sacrosanti diritti degli ATA-ITP ex EE.LL.

Insomma, la Corte di Strasburgo con la sentenza Montalto ha espresso con durezza le stesse valutazioni di censura agli abusi dello Stato italiano sulle regole e sui processi e alla slealtà nei rapporti con le Corti sovranazionali .
Lo Stato italiano “di diritto” dovrà prendere atto di queste posizioni delle Corti europee e cominciare a ricostruire le fondamenta della tutela dei diritti fondamentali, coniugandole con le reali esigenze della finanza pubblica, senza inventarsi nuove manipolazioni o cattive interpretazioni della giurisprudenza comunitaria e/o convenzionale.
Per questo motivo la C.E.D.U. ha dichiarato la violazione dell’art. 6 § della Convenzione essendo stato non garantito il diritto dei lavoratori interessati all’equo processo.

Ancora più deludente e squallido è il comportamento dei nostri governanti, i quali, alla luce delle molteplici sentenze di condanna, che riconoscono a questi lavoratori di essere stati vittime di una trama ordita dallo Stato Italiano, preferiscono non vedere pur di non affrontare la situazione e non voler ammettere gli errori commessi. A questo punto alle migliaia di lavoratori Italiani ATA-ITP, padri di famiglie e, con alla gola “il cappio” rappresentato dalla restituzione “coatta” imposta dalle Ragionerie Provinciali dello Stato, ancora attivate, nonostante le “SENTENZE EUROPEE”, di condanna allo Stato Italiano per il trattamento subìto, non resta che rivolgersi, ancora una volta, in massa ai tribunali.

È esattamente quello che sta avvenendo, dopo l’abdicazione ed il voltafaccia dei rappresentanti politici-sindacali con l’effetto finale che, dato i tempi della giustizia, lo Stato andrà incontro a colossali esborsi che inevitabilmente finiranno con il gravare sulle spalle delle future generazioni. A tale riguardo si pensi che solo per 124 lavoratori la Corte di Giustizia Europea con la sentenza Agrati del 08/11/2012 ha condannato l’Italia a sborsare 1, 8 milioni di euro. Bene farebbero i governanti italiani a comportarsi “responsabilmente” cercando di intavolare un discorso con i rappresentanti di questi lavoratori per trovare una soluzione che blocchi da subito le ingiuste restituzioni coatte, attuate dalle Ragionerie dello Stato, e, trovare responsabilmente una soluzione ricordandosi che delle “scuse” da parte dello Stato Italiano sono dovute a questi lavoratori invece di continuare a trattarli come “lebbrosi”.

È passata la prima Repubblica, … è ormai moribonda la seconda … ma i comportamenti dei nostri politici e sindacalisti con il loro silenzio assordante sono sempre più deludenti.
Il Comitato sapendo di interpretare e rappresentare le istanze di migliaia di lavoratori è impegnato nel premere per chiedere incontri Istituzionali con i Presidenti delle Commissioni Cultura e Lavoro ed organizzare contemporaneamente la ripresa dei giudizi legali

Comitato Nazionale ATA-ITP ex Enti Locali
Coordinatore Vincenzo Lo Verso
Presidente Antonio Bonaccini

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