Stretto di Messina: filmato squalo bianco di tre metri vicino alla spiaggia

Reggio Calabria, filmato squalo bianco femmina di oltre tre metri a pochi metri dalla spiaggia. Due pescatori diportisti hanno ripreso l'esemplare dalla loro barca 29/04/2024 - Lo Stretto di Messina è un habitat ideale per la riproduzione degli squali. E con l’avvicinarsi della stagione estiva è tempo di bagni. E per i più fortunati l'occasione di tuffarsi in mare è quanto mai vicina. Ma la recondita paura di vedersi galleggiare intorno una pinna a filo dell'acqua a volte riaffiora, è proprio il caso di dirlo, un pochino nella testa di tutti noi. Stavolta è accaduto davvero vicino la riva di Reggio Calabria, più precisamente nelle acque di fronte la località Pentimele, nella periferia Nord di Reggio, il 24 aprile 2024.   «Questo è uno squalo bianco», dicono meravigliati i pescatori mentre osservano ciò che accade dinanzi la loro barca”. Nelle immagini registrate si vede il pescecane girare nelle vicinanze della barca, forse a causa delle esche gettate in acqua, per poi ripr

SICILIA: TROVARE UNA VIA D'USCITA ALLA CRISI SI PUÒ CON LE IDEE DEI SICILIANI


La Sicilia deve prendere in mano il proprio destino e trovare una via d'uscita alla crisi che la sta riportando indietro di decenni. E lo può fare con le idee e la determinazione dei siciliani
Palermo, 27/03/2014 - Il momento storico, economico e sociale che stiamo attraversando ci pone di fronte ad un dilemma che può trasformarsi in una straordinaria opportunità.

Le disparità tra le diverse aree del Paese non sono più superabili con strumenti di natura congiunturale e l'enorme debito pubblico impedirà, almeno per il prossimo trentennio, qualsiasi ipotesi di riequilibrio del divario per eliminare il quale sarebbero necessari una straordinaria convinzione politica, assente tra i partiti,
ed un imponente investimento di capitali che appare tuttavia irrealistico per i vincoli di finanza pubblica.

Dobbiamo rassegnarci al drammatico divario infrastrutturale, sociale ed
economico o, al contrario, affrontarlo con l’autodeterminazione e lo sviluppo
autocentrato, affrancandoci da vincoli finanziari insostenibili?
La Sicilia non ha bisogno di elemosine, ma può crescere puntando sulle sue
energie.

Si tratta di costruire un grande movimento popolare di liberazione delle
imponenti risorse umane, culturali e produttive, della Sicilia, che rimuova le zavorre
determinate da un insensato centralismo e da un’interpretazione riduttiva
dell’Autonomia, perpetrata da gruppi dirigenti sia nazionali, che l’hanno sempre
considerata inutile orpello, che locali che l’hanno troppo spesso tradita
utilizzandone solo i privilegi e saccheggiandone le risorse.
Abbiamo la responsabilità di cogliere al meglio le opportunità che
l'Autonomia offre e che lo Statuto, ottenuto dopo quasi due secoli di battaglie,
attribuisce costituzionalmente.
Ma occorre, prima di tutto, assumere la consapevolezza che lo Statuto non è
una concessione di autonomia per una regione, è molto di più: rappresenta uno
straordinario strumento che consente di attivare in Sicilia l'autogoverno con
competenze, risorse e responsabilità.

Va da sé che i tentativi più o meno striscianti di abrogarlo, di disapplicarlo o
di offrirne un'interpretazione riduttiva in termini unilaterali infrangono le ragioni di
convergenza nazionale e legittimano la prospettazione di forme di
autodeterminazione del popolo siciliano.
Stiamo perdendo decine di migliaia di posti di lavoro e mentre i giovani più
capaci lasciano la nostra terra per trovare un futuro altrove, troppi tra i loro coetanei
restano stritolati nella tenaglia della disperazione che li esclude
contemporaneamente dal lavoro e dalla formazione.

Le imprese sane sono costrette a chiudere schiacciate dall’impossibilità di
competere e strette dalla concorrenza sleale dell’impresa criminale, da un costo del
denaro più oneroso che nel resto del Paese, dall’impostazione coloniale delle grandi
imprese - che continuano a non pagare le tasse in Sicilia - e da infrastrutture
inadeguate. Mentre il risparmio dei siciliani alimenta altre parti del Paese ed i ritardi
dei pagamenti delle amministrazioni portano al collasso la debole economia isolana.
Il nostro territorio è sfruttato e saccheggiato e le sue immense risorse
ambientali e artistiche non vengono adeguatamente valorizzate.
Ci troviamo di fronte ad una condizione di progressivo degrado che non è
più possibile affrontare con le ricette ordinarie ed un uso dell'autonomia a
'scartamento ridotto'.

Gli impegni assunti dallo Stato con la Sicilia sono stati disattesi quando non
hanno coinciso con gli interessi del grande capitale o degli scambi politico-clientelari
funzionali agli assetti nazionali; di ieri e di oggi.
Se l’Italia non è in grado, come non è, di assicurare la progressiva riduzione
del divario attraverso il riconoscimento della fiscalità di vantaggio, del diritto della
Sicilia ad incassare l'ingente gettito delle accise sui carburanti e delle prerogative
fiscali, mediante un piano di effettiva perequazione infrastrutturale, nonché
attraverso la piena ed evolutiva attuazione dello Statuto, a partire dall’Alta Corte,
occorre prenderne atto ed avviare il percorso di autodeterminazione della Sicilia.
I gruppi dirigenti nazionali che hanno relegato la Sicilia al sottosviluppo,
insieme ai loro ascari protagonisti sul territorio, stanno invece portando avanti un
attacco deciso all’Autonomia sperando di spegnere, con essa, ogni rivendicazione e
far prevalere la tradizionale rassegnazione.

Sappiamo che vi sono stati casi in questi anni nei quali un utilizzo
strumentale e superficiale della specialità ha funzionato come ostacolo allo sviluppo,
impedendo, da un lato, alle istituzioni regionali di porsi in sintonia con le
innovazioni regolative ed amministrative più significative, e, dall'altro, garantendo la
diffusione ed il mantenimento di privilegi abbandonati nel resto del Paese.
Ma il necessario superamento di questa fase di smarrimento delle
prerogative autonomistiche, compresse da crescenti misure di austerità, non può
passare per la soppressione della specialità.

Dalla crisi si esce soltanto ripensando e rilanciando l'Autonomia in modo
responsabile e determinato, con “i conti e le carte in regola” e nuovi gruppi dirigenti
regionali, e non certo rinunciandovi.
La situazione che la Sicilia deve affrontare impone senso di responsabilità,
passione politica, visione, competenza e forti capacità tecniche per poter esigere
interventi di perequazione e di fiscalità compensativa, investimenti infrastrutturali e
tutela dell'insularità. Strumenti che possono dare un senso alla coesione nazionale e
senza i quali essa perde ogni ragion d'essere.
Non si tratta di teorizzare un neo-separatismo ispirato a tempi, contesti e
modelli sociali che ormai non esistono più.

Si tratta, invece, di prendere atto di una situazione economica e sociale che
non può invertire la rotta senza strumenti straordinari che sono compatibili soltanto
con forme ampie di autodeterminazione all’interno di un'Europa unita che
rappresenti sempre più le Regioni ed i territori.
Di fronte al fallimento dell'Europa degli Stati e delle politiche di austerità
che hanno provocato la recrudescenza della crisi economica, aumentando
diseguaglianze, disoccupazione e povertà, occorre puntare all'Europa delle Regioni,
dei cittadini, dei territori; ed in questo senso vanno i forti segnali che provengono da
Scozia e Catalogna.

I profondi mutamenti degli scenari istituzionali ed economici del
Mediterraneo, le opportunità ed i vincoli scaturenti dal rafforzamento
dell'integrazione europea, l'aggravarsi della condizione di divario economico-sociale
rispetto al nord del Paese e del Continente, impongono una concezione moderna e
rinnovata dell'autonomia, che punti, con responsabilità e competenza, alla
modernizzazione delle istituzioni regionali, all'autonomia fiscale per attrarre

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