Vendita AGI, Antoci: “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”

Vendita AGI, Antoci (Capolista M5S Collegio “Isole”): “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”. Nota Stampa di Giuseppe Antoci, candidato capolista circoscrizione “Isole” alle elezioni europee col MoVimento Cinque Stelle 4 mag 2024 - "Lascia sgomenti la decisione di ENI, azienda partecipata dello stato, di trattare la cessione dell'agenzia di stampa AGI con il parlamentare leghista Angelucci. Un'operazione "folle", come giustamente definita da Giuseppe Conte. Altrettanto allarmante è il fatto che la vendita si stia realizzando mediante una trattativa privata in assenza di un bando di gara a tutela della trasparenza dell'operazione. Bisogna arginare condotte come queste applicando il "Media Freedom Act", legge europea per la libertà dei media tesa a proteggere i giornalisti e i media dell'UE da ingerenze politiche o economiche e ad evitare la concentrazione dei media sotto il controllo politico (come nel caso di Angeluc

BRASILE 2014: LA DISFATTA DELLA NAZIONALE ITALIANA SIMBOLO DELLA SCONFITTA ITALIOTA

La Disfatta della Nazionale Italiana di Calcio è simbolo della sconfitta italiota nella grande sfida della globalizzazione planetaria dei mercati. La palla è rotonda. Italia fuori dal Mondiale FIFA 2014. Una tragedia sportiva nazionale. Una figuraccia drammatica e prevedibile. Nel lungo corpo a corpo tra Italia e Uruguay, il 24 Giugno 2014, una data che passerà alla storia nel calcio italiano come il Giorno dell’Infamia, la prima colpa della Nazionale Azzurra è stata quella di non avere cercato seriamente il Goal decisivo quando gambe e tecnica la ponevano in posizione di maggiore forza. Adesso bisogna soltanto fare la contabilità del disastro azzurro. L’Italia è fuori per la seconda volta consecutiva. Non succedeva da 48 anni (Cile 1962 e Inghilterra 1966). Azzurro tenebra. Azzurro livido. Azzurro horror. Passerà. Brazuca, il più aerodinamico pallone di sempre, certificato dalla Nasa, premia i migliori Campioni. Le dimissioni irrevocabili dei responsabili. Vinciamo poi. In Russia, al Mondiale FIFA 2018. L’Italia merita il bel calcio offensivo e prudente, coraggioso ed efficace. Il Calcio Italicum. In memoria di Ciro Esposito.
(di Nicola Facciolini)

25/06/2014 - “Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada, lì ricomincia la storia del calcio” (Jorge Luis Borges). “Gli Italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio e le partite come fossero guerre” (Winston Churchill). È finita “all’Italiana”! La palla è rotonda. Il Mondiale FIFA 2014 dei “vampiri” passerà alla storia del calcio azzurro! L’Italietta è in brandelli. Praticamente in brache di tela. Perché non ha mai giocato. Altro che uomini veri. Altro che “The Right Stuff”. Lacrime di coccodrillo e lacune psichiatriche infantili riempiono le brasiliane voragini. Cornucopia vergognosa di una disfatta totale che ai Mondiali FIFA 2014 in Brasile, e in Italia per la tragica morte di Ciro Esposito, si tinge di horror. Tutti hanno perso, nessuno escluso. Perché il team azzurro ha fallito nella sua totalità. Non si vince da soli. E si perde tutti insieme. Nessun calciatore azzurro si è distinto o ha fatto la differenza vincente. La facciano finita i pennivendoli al soldo del miglior offerente sulla piazza! Brazuca, il più aerodinamico pallone di sempre, certificato dalla Nasa, premia i migliori Campioni. No, non doveva finire così! Prepariamoci al peggio. Le analisi scientifiche lo dimostrano. Il naufragio azzurro era prevedibile da almeno un anno. L’impossibile fiesta della Nazionale di Prandelli-Abete, uomini responsabili, è durata poco (12-24 Giugno 2014). Ciò che resta di un team impossibile, in verità, non è vissuto a lungo. Meno male! A fronte di un investimento di oltre 300 milioni di euro, è stato sicuramente un pesante fallimento tecnico, sportivo ed economico.

Tanto è costata la missione brasiliana dei nostri milionari in pantaloncini. I responsabili Federcalcio della storica Caporetto si dimettono riconoscendo giustamente le proprie responsabilità. Un gesto che fa loro onore. Fenomeno rarissimo in Italia, lo sport meno praticato in un Belpaese dove si vedono sempre le stesse facce in poltrona da sempre, come del resto nel panorama FIFA. A casa! Pure il Presidente Blatter. L’Italia vera è altrove. Nel lavoro produttivo, nella ricerca scientifica e nel volontariato mondiale. In Medici senza Frontiere, Premio Nobel 1999 per la Pace, sempre in primissima linea per salvare vite umane dagli orrori delle guerre scatenate dai warlords in tutto il mondo. L’Italia vera è nella Chiesa Cattolica di Gesù Cristo con Papa Francesco. Un po’ meno oggi nello sport più bello che ha trasformato le sanguinose arene gladiatorie romane in meno crudeli campi da giuoco. Occorre ripensare il gioco del calcio in Italia, a cominciare dai giovanissimi. Sempre più “drogati” da milioni di euro di ingaggio, ovunque tiri il vento dell’affare, piuttosto che dall’amore per lo sport più sano, popolare e rigeneratore di sempre. Che affascina oggi anche gli USA (“Football, not soccer!”). Perché tutti sapevano il destino degli Azzurri di Prandelli. Anche i 20 milioni di Italiani incollati alla diretta planetaria. La bella canzone di Mina Mazzini, La Palla è rotonda (www.youtube.com/watch?v=wCM9SIDnaTE), avrebbe dovuto far riflettere chi di dovere. Il samba interpretato da Mina, la sigla delle poche trasmissioni Rai dedicate ai Mondiali FIFA 2014 in Brasile, è il brano inedito che nasce dalla collaborazione tra Massimo Pani, figlio e produttore della cantante, e il direttore di RaiSport, Mauro Mazza. Il testo scritto dalla coppia di autori Sanfilippo-Catalani, ironizza su alcuni luoghi comuni del calcio e riprende le storiche imprese degli Azzurri. I piccoli tsunami di Uruguay e Costa Rica erano assolutamente prevedibili. Prandelli e Abete si perdono nel mare oceano delle polemiche, ma la sostanza non cambia. Gli Azzurri di oggi sono stati semplicemente superficiali e inutili. Il morso di Suàrez, i zero tiri in porta dell’Italia, depongono la pietra tombale senza fiori sulla più brutta pagina di sport degli ultimi 48 anni. È giusto e sacrosanto tornare a casa. L’Italia era partita malissimo. La vittoria illusoria sull’Inghilterra (2-1) non è servita a nulla. Sono sempre gli stessi. Almeno dall’inizio della crisi economica, subito dopo la vittoria del Mondiale 2006 in Germania. Anche il secondo posto, dopo la vincente Spagna, all’Europeo 2012, non è servito a nulla. Legarsi mani e piedi a un solo uomo che “fenomeno” non lo è mai stato, da professionista assolutamente inaffidabile quale dimostra di essere, può costare la sconfitta al Mondiale. Basta! Bisogna ripensare la Nazionale e il giuoco del calcio in Italia. Troppi stranieri super pagati decretano queste sorti. C’è bisogno di un Selezionatore del Pallone che cominci subito dalla base, dai vivai sani, ce ne sono tanti sul territorio, imponendo nuove regole in linea con il mercato globale.

La Federazione Italiana Giuoco Calcio va rivoluzionata. Perdere con il Costa Rica e l’Uruguay serva di Lezione. L’Italia per la seconda volta consecutiva dopo Sudafrica 2010, viene eliminata dai Mondiali FIFA di calcio al termine del girone di qualificazione. A mandarla a casa, in una partita misera e brutta, è un patriottico Uruguay facilmente battibile da una squadra di club regionale. Dove sono gli eroi della Patria Italia? Gli anti-eroi li conosciamo benissimo. Anche nella politica criminale da quattro soldi oggi perpetrata contro la Costituzione della Repubblica. “L’Uruguay ha un senso patriottico nel giuoco che noi non abbiamo come Nazione”. Sono le parole di Cesare Prandelli, ex Commissario tecnico della Nazionale, pronunciate in Brasile, il 23 Giugno 2014, ventiquattr’ore prima del collasso gravitazionale. Aggiungerei un “mai avuto” alla storica frase lapidaria, almeno in tempo di civiltà giuridica e di pace! Una verità mai udita prima da un Selezionatore azzurro. Indipendentemente dalle bandiere tricolori al vento. Ecco perché l’Italia del calcio oggi perde! Lo spirito normalizzante evocato da politicanti traditori ed attentatori della Costituzione della Repubblica e dello Stato, troverà forse nella “Chiamata alle Armi” di Prandelli, l’ennesimo colpo ferale! L’ansia e la tensione psicologica azzurra, in verità, erano già il segno dell’assenza del senso patriottico vincente. Nell’assurdo team azzurro mai nato e nella morente anziana Italia, serve ben altro. Del resto la Nazionale di calcio non ha mai avuto un patriota, un sacerdote, un predicatore, un “ammazza vampiri”, un esorcista o un religioso tra le sue fila. Senza la Fede in Dio, amici, si perde! Vince sempre la Fede in Dio e in sé stessi.

Gli Italiani giocano per la Patria? Per la Fede? Per il contratto del Commissario tecnico e dei giocatori milionari? Per la maglia azzurra? Per i Supermario dei procuratori sportivi milionari? La disfatta vergognosa in Brasile della Federcalcio Italiana, è dedicata agli anti-eroi della Patria ferita e tradita dai ripetuti attentati e attacchi alla Costituzione della Repubblica, dissimulati dalle finzioni sceniche di assurde “riforme” anti-costituzionali, illegali e illegittime. Basta! Non c’è un Eroe del Calcio e della Politica in Italia. Questa è la triste verità. Nemmeno un umile guerriero del pallone in questa generazione azzurra della celebre PS4. Fin troppo facile riscattarsi con le proprie dimissioni irrevocabili. Facile abbandonare la nave che affonda. È l’Italia anti-cristiana ad affondare. L’appello tardivo ai valori nazionali elevato da Prandelli è risultato poi paradossale, soprattutto alla luce del fatto che sul piano strettamente tecnico tra le due nazionali non esiste neppure un paragone. È vero. Gli Azzurri hanno giocato più di mezz’ora in inferiorità numerica per l’espulsione di Marchisio.

Ma il cartellino rosso non del tutto immotivato per il piede alzato dello juventino che in quasi trecento partite da professionista solo una seconda volta era stato cacciato dall’arbitro, non è assolutamente un alibi. Semmai una riprova del fatto che con la testa e soprattutto il cuore, l’Italia era già ripartita dal Brasile subito dopo l’atterraggio. In una competizione mondiale di calcio servono la passione e la testa. Nel lungo corpo a corpo di Italia-Uruguay, il 24 Giugno 2014, una data che passerà alla storia nel calcio italiano come il Giorno dell’Infamia, la prima colpa degli Azzurri è stata quella di non avere mai cercato seriamente il Goal definitivo quando gambe e tecnica li ponevano in posizione di maggiore forza. Invece gli Azzurri hanno ruminato calcio e poco più, per un’intera ora, paralizzando la Nazione. Poi la follia di chi è andato con il piede alzato a cercare la gamba di Arevalo in un contrasto in fase offensiva, li ha messi in condizioni di estrema difficoltà psico-fisica. È venuta meno la lucidità tra i “compagni” azzurri e con essa l’attenzione in fase difensiva. E infatti il Goal di testa di Godin per l’Uruguay è arrivato su calcio d’angolo, a retroguardia schierata. A Natal muore e rinasce il Calcio italiano? È l’intera spedizione azzurra ad assumere i contorni netti del fallimento tecnico.

La gestione del gruppo discutibile e discussa già in ambito federale, il processo a Prandelli scattato subito dopo la partita persa a Recife, erano già chiari segni premonitori della resa dei conti con inimmaginabili conseguenze per l’intero Palazzo calcistico e politico italiano. In conferenza stampa Prandelli prima ha criticato l’arbitro e poi ha annunciato le dimissioni irrevocabili. Il Ct in avvio aveva confermato le indicazioni della vigilia, rivoluzionando sul piano filosofico e tattico la squadra azzurra: difesa a 3 con gli juventini Barzagli, Bonucci e Chiellini, due esterni, Darmian e De Sciglio a fare da apripista sulla fascia. A dare i tempi al motore azzurro, i due registi Verratti e Pirlo, affiancati da Marchisio, in avanti la strana coppia Immobile-Balotelli. La risposta del maestro Tabarez è semplicissima: la Garra, la tradizionale forza, umiltà e perseveranza degli Uruguayani alla ricerca di un risultato, per occupare ogni zona del campo di giuoco, sperando nel colpo ferale della coppia Cavani-Suàrez.

Il risultato è stato un primo tempo con il costante controllo del giuoco da parte degli Azzurri, certo più equilibrati con il nuovo modulo 3-5-2 e anche superiori sul piano tecnico. A gestire la performance dell’Italia stavolta più il giovane Verratti che Pirlo. Strana è stata la mancanza di fede degli Azzurri nel non cercare con convinzione il colpo vincente a lungo assolutamente alla portata. La pochezza degli avversari era netta. Forse perché il clima degli scambi tra Balotelli e Immobile era assai poco rodato. I due sostanzialmente deludono. Gli Azzurri in realtà arrivano al tiro solo un paio di volte. La prima proprio con una punizione di Pirlo deviata con fatica da Muslera al 12mo minuto, la seconda a capo di un’azione corale conclusa da un cross di De Sciglio sul quale Immobile va in maniera goffa, sbucciando il brazuca che finisce alto. Come il coro “Italia-Italia” che si eleva nonostante tutto dagli spalti, quasi la certificazione di una superiorità di manovra. L’Uruguay, velleitario in un paio di tiri di Caceres dalla propria metà campo, offre una sola emozione ai suoi tantissimi sostenitori della Celeste sulle gremite tribune dello stadio Das Dunas. Al 32mo Buffon è costretto alla doppia uscita su tiro ravvicinato prima di Suàrez e poi di Lodeiro. Nella ripresa Prandelli applica un ulteriore correttivo: fuori Balotelli, mai incisivo, e dentro Parolo per rinforzare la fase di interdizione con Immobile unica punta.

Una furbata di Cavani al sesto minuto: si appoggia a Chiellini, finisce a terra e chiede inutilmente il rigore. Poi al 14mo Rodriguez scappa a Marchisio e Darmian e, dopo lo scambio con Cavani, fallisce il colpo del ko. È il classico campanello d’allarme! E infatti un minuto dopo la gara cambia volto. Marchisio contrasta Arevalo tenendo il piede alzato anche se non con la gamba del tutto allungata in un gesto violento: il contatto però c’è. L’arbitro messicano Rodriguez (per alcuni, il novello Moreno di Corea 2002) opta per l’espulsione. Gli Azzurri così vengono condannati a mezz’ora in inferiorità numerica. Pirlo sembra l’ombra di sé stesso e sbaglia un paio di tocchi oltre a un tiro da fuori. Ci prova allora al 20mo il “Dracula” Suàrez d’esterno destro con la grande risposta del portiere azzurro Buffon. La gara diventa così un assedio. Allora Prandelli toglie anche Immobile per dare spazio a Cassano. Errore fatale. Tocca poi anche a Thiago Motta, al posto di Verratti che si infortuna in un contrasto. Una testata di Suàrez con l’aggiunta del luciferino morso alla spalla di Chiellini, al 34mo minuto, avrebbe potuto riequilibrare le forze in campo se l’arbitro (siamo nel 2014 e i maxi schermi della FIFA amante degli spray da barba, non mentono!) avesse visto bene l’episodio. Invece su angolo dalla destra tocca a Godin di testa mettere in rete il Goal della vittoria. La chiusura è la solita agonia azzurra con Buffon inutilmente a lungo nella metà campo avversaria.

Adesso bisogna soltanto fare la contabilità del disastro azzurro. L’Italia è fuori dal Mondiale FIFA per la seconda volta consecutiva. Non succedeva da 48 anni: Cile 1962 e Inghilterra 1966. È la calcistica Caporetto. Ma all’epoca l’Italia era in pieno boom economico. Oggi è l’esatto contrario. Quindi psicologicamente è assai più dura assorbire il colpo. Tutti a casa. Con vergogna. Puniti nella pochezza offensiva e dall’incontinenza dei “miseri” avversari. Sconfitta la difesa juventina. Sconfitta la continuità guerriera di Pirlo e Verratti, il Vecchio e il Giovane pronti sulla carta ad ogni sacrificio, nella proposta come nel contenimento. L’Italia gioca senza un attacco decoroso, nonostante l’Uruguay mostri di essere addirittura timorosa di un avversario psicologicamente (pochi tifosi azzurri sugli spalti!) destinato alla sconfitta totale. Dov’erano gli eroi unici della Patria a costruire occasioni nella fase finale del match? La mancata lucida razionalità, già perduta con la partita con il Costa Rica, ha fatto da detonatore nucleare. Sono mancati il coraggio e il concetto di team. Giocatori praticamente impotenti sono stati lasciati soli, là davanti. Prandelli e Abete hanno tentato di giocare una partita antica, tutta basata sulla presunta “efficienza” della difesa juventina, sulle marcature a uomo che hanno cancellato Cavani e Suàrez. Ironia della sorte, l’Italia è stata battuta da una spallata di un difensore, Godin, la prima volta che è stato lasciato solo. Altra vecchia strategia dimenticata dai Nostri. Nessuno, dico nessuno, degli Azzurri ha tentato una coraggiosa incursione sul territorio avversario, pur sapendo che Muslera era lo stesso portiere punito tre volte dai Ticos. A mente fredda tutti diranno che i nostri ragazzi sono stati inutilmente mandati allo sbaraglio. L’illusione di un pareggio non c’è mai stata.

“Fallimento totale”, come afferma Buffon che non è riuscito a sbarrare il passo agli Uruguagi. Se fosse solo quella del 24 Giugno 2014, potrebbe essere archiviata fra le sconfitte calcistiche mai patite e fra le storiche imprese mai realizzate. E invece il fallimento peserà moltissimo anche nel futuro degli Azzurri perché è completamente mancato l’assemblaggio psicologico fra anziani e giovani. Istruire oggi un Processo alla Nazionale è assolutamente doveroso. Alle mosse tattiche non azzeccate dell’ex Ct, occorre porre la parola fine! Se c’è un imputato-complice del misfatto azzurro, questo è il Campionato di Calcio dei vari club milionari, ben oleati dai super-procuratori sportivi che condizionano non poco il mercato globale. Un Campionato “all’italiana” che vede occupati tutti i posti di prima linea da stranieri oggi protagonisti di questo Mondiale FIFA 2014. Milionari regolarmente applauditi come “i Nostri” dai giovani. Essi sono l’orgoglio della Juve, della Roma, del Napoli e di altri club. Un orgoglio che l’Italia paga pesantemente e giustamente. Fa male perché ce lo siamo meritati. Colpa di tutti coloro che assecondano questo mercato staccando il biglietto.

Colpa dell’Italia e non dell’arbitro messicano. Perché è facile accusare l’insegnante difendendo lo scolaro ignorante. Prandelli, la Federcalcio, le loro scelte in una non-squadra azzurra mai amalgamata che non ha mai tirato in porta, sono stati decisivi per il pessimo risultato finale. Ci siamo semplicemente illusi. Vadano pure a casa. Recriminare sul sospetto che la FIFA stia tifando per tutte le squadre sudamericane, è pura follia! Brazuca, il più aerodinamico pallone da calcio di sempre, non mente. È doveroso guardarsi dentro e fuori, come Italiani. È doveroso domandarsi se siamo veramente all’altezza di questo nuovo pianeta Terra globalizzato, sempre più veloce e competitivo. Siamo stati eliminati per giusta causa. Siamo i peggiori calciatori della storia terrestre. Quattro titoli iridati non mutano la situazione. Inutile consolarsi. Abbassino la testa, umilmente, coloro che la pensano diversamente.

Lo facciano veramente, tagliando la propria busta paga. Dopo Prandelli, si dimettano tutti gli altri. Si assumano le proprie responsabilità, si accollino le proprie colpe e spese. Chi ha fatto nel calcio e nella politica mondiale scelte incomprensibili, smentendo sé stesso, cambiando formazioni e governi a ritmo forsennato e paranoico, dando l’impressione anche agli avversari di essere insicuro, incerto e dubbioso, finalmente si dimetta. Senza un Progetto definito, senza una meta verso cui navigare, escludendo il fallimento mai contemplato che deve subito essere abortito alla nascita, senza il coraggio di andare fino in fondo, si perde nel calcio, nella vita e nella politica. Senza fare confusioni di ruoli. L’Italia non ha una grande squadra Nazionale almeno da otto anni. Lo sapevamo. Il Belpaese dei soliti furbetti del quartierino invoca il Campione pompato dai pennivendoli e dai procuratori sportivi. Il Ct li accontenta. Lo schema salta. È un disastro.

L’uomo baciato dalla dea bendata, non dimostra di essere all’altezza. Ragazzo fuori contesto e fuori luogo, inadatto a un torneo così importante. La Figc, consapevole di non essere più sé stessa, ne tragga le doverose conseguenze. Perché ogni fallimento della Nazionale di calcio è un fallimento della Federazione. Non solo nel calcio. Dimissioni irrevocabili. Musica per nostre orecchie! C’è allora uno Sport da rifondare. Come? Da chi? Da chi avrebbe voluto prevenire la catastrofe brasiliana. Anche dai giocatori. Da chi ha fatto capire che è anche colpa dei giovani. Che hanno sbagliato più degli anziani. Verissimo. Dov’era il coraggio dei giovani azzurri? Dove la voglia di vincere? Certamente non si può dare a un solo giocatore, per quanto simbolico, la responsabilità di un disastro che è collettivo. Ma la verità è che siamo una Nazionale dei minimi termini, degna del fondo del barile nella Terra di Mezzo, mediocre, senza un’idea di futuro. Se manca il talento, il superpallone Brazuca (non l’arbitro!) ti aiuta, eccome! Ma se non hai l’organizzazione, perdi. L’Italia oggi ha poco del primo e zero della seconda. Le opzioni quantistiche avrebbero potuto favorire gli Azzurri. Potevano egualmente qualificarsi, nonostante tutto. Per poi perdere sicuramente gli Ottavi di finale. Non lo sappiamo però come sarebbero andate le cose. In altri universi potrebbero essere infatti molto differenti. Ciò che sappiamo per certo è che la Nazionale di Prandelli ha pescato, come accade nella Politica, tra quello che c’era nel cesto. Pochissima frutta fresca. C’è chi è naufragato in un mare di mediocrità.

Chi ha sbagliato all’interno di un team (lo spogliatoio docet!) comunque scadente. Ma è troppo. Ingiustificabile visti i costi sostenuti. Per il nostro storico ruolo nel Mondo del Pallone, per ciò che siamo sempre stati chiamati ad essere e fare, per i quattro Mondiali vinti, per il secondo posto agli Europei 2012 e il terzo alla Confederation Cup 2013 in Brasile (i due meriti di Prandelli), per ciò che gli altri hanno sempre pensato degli Italiani, l’Italia che è sempre l'Italia non può permettersi pessime figuracce come il Mondiale FIFA 2014. Memento. L’espulsione allora si rivela per quello che è veramente: un alibi. Il morso del “vampiro” Suàrez a Chiellini, un’emerita vigliaccata. Ma siamo comunque scesi molto in basso nella classifica mondiale. Siamo al fallimento globale di un Belpaese calcisticamente, politicamente, socialmente e giuridicamente in recessione totale: economica, tecnica, tattica e strategica. L’Italia oggi è senza leader e senza prospettiva. Con navigazione a vista. È il momento più triste dell’era contemporanea non soltanto per il nostro Pallone. Adesso si ricomincia per davvero da zero. Se il Commissario tecnico lascia, lo seguano tutti gli altri. A cominciare dallo scranno più alto. Sarebbe allora un insieme di gesti certamente dignitosi, probabilmente inevitabili, di cui Lorsignori dovrebbero imitare il garbo e la misura. È fallita una Nazionale di calcio. Non la Nazione. Non i “Fratelli d’Italia” del giovane Mameli.

La lezione è stata capita dai Britannici e dagli Spagnoli. Passato lo tsunami sudamericano, la capiranno anche gli Italiani? Consoliamoci con le dimissioni eccellenti che seguiranno. I Mondiali sono comunque memorabili perché influenzeranno la Politica e l’Economia globale. Gli Azzurri hanno vinto molto bene o perso molto male anche altre volte. Così semplicemente. Prandelli, in quattro anni, però, non è riuscito a mettere in piedi una squadra italiana coesa, unita, costante e compatta capace di giocarsela seriamente all’estero. Esce con onore? Il “vampiro” Luis Suárez, certamente no. Capirà, nel lungo riposo forzato che l’aspetta, che il patriottismo dell’Uruguay e le bandiere della Celeste non si onorano con i piedi e disonorano con i canini. I morsi e i rimorsi costano sempre cari. Anche l’Uruguay pagherà dazio molto presto perché non sembra, fino a prova contraria, molto più forte di tutte le altre nazionali ancora in gioco. L’arbitro Marco Antonio Rodriguez Moreno, l’altro “Moreno” che nel 2002 eliminò gli Azzurri di Totti nella discutibile partita con la Corea del Sud, cosa c’entra? Il cabalistico “ritorno” di quell’infausto nome avrebbe dovuto ironicamente e pateticamente mettere in allarme chi di dovere. Perdere le partite di calcio, è normale. Può succedere. Ormai ci siamo abituati. Leggere “Azzurro tenebra” di Giovanni Arpino, è il classico toccasana per le coronarie. L’epigrafe recita: “Il ricordo comincia con la cicatrice”.

Il volume è il resoconto della disastrosa spedizione ai Mondiali di Germania nel 1974. Quarant’anni dopo, la storia si ripete più tragica che mai. L’Italia, allora, poteva vantare ben altre ferite. Non i morsi-horror di un vampiro immaturo, ma quelli di un nemico subdolo e infame, il terrorismo anti-Italia. Abbiamo saputo vincere quella guerra al terrore fomentato dallo straniero contro l’Italia. E ne siamo orgogliosi. Perché la vittoria è collettiva come la sconfitta di una guerra, di un omicidio e di un suicidio imprenditoriale o per mancanza di lavoro. I giovani, è quel che più preoccupa, sono oggi il problema nazionale. Di fronte alle piccole e inconfessabili elaborazioni del lutto sportivo degli anziani, provano una strana apatia che sembra sfociare nel compiacimento e nel quasi-trionfo per il solito beniamino di club “avversario”! Un tifo e un’apatia che non possiamo accettare anche nel caso della partita Italia-Uruguay. Se lo sport è pieno di valori, ecco il primo: ogni tanto si perde e si piange, ma insieme. Giovani e anziani. Senza salire sul carro del vincitore. È da infami. Il nostro Brasile non è passato. Quella società solare, felice e multietnica, quella industria libera e competitiva anche nell’Energia, quell’economia vincente, affascinano più della spiaggia di Copacabana a Rio. Non guarderemo le partite degli altri per farla pagare a chi se lo merita? Forse. Meglio affrontare i nostri problemi quotidiani. Li conosciamo come le nostre tasche vuote. Non avrebbe senso elencarli qui, oggi, con tutti i nomi e cognomi dei responsabili politici. Sono tanti, complessi e risolvibili anche grazie ad altre eccellenti dimissioni irrevocabili. Il Partito Conservatore-M5S ha perfettamente ragione.

I salvataggi di aziende (anche giornalistiche) decotte, la fine del nostro capitalismo, i debiti inestinguibili fatti pagare alla povera gente mentre i profitti sommergono i soliti noti azionisti banchieri, sono niente al confronto della rabbia per Prandelli-Abete. Oggi ci si vende per 80 miseri euro e la Nazione Italia muore. Eppure quando un candidato senza curriculum scavalca i meritevoli, in cattedra, in direzione, nei comuni d’Italia, nei festival canori e in Parlamento, perché difeso dalla massoneria, dalla famiglia, dalla cricca, dal partito e dalla lobby, tutti tacciono colpevolmente. Allora, magicamente, non ci si sente più “Fratelli d’Italia” secondo le note dell’Inno di Mameli. Nel 2006 il cielo sopra Berlino si tinse d’azzurro. Ci si abbracciò tutti insieme fraternamente appassionatamente. Per poi comportarsi peggio di prima. Arriva la crisi e le cose peggiorano. Arrivano l’Europa germanica, l’euromoneta della globalizzazione e del rigore, triplicano i prezzi, aziende, partiti e sindacati chiudono bottega e, sempre per essere originali e perbene, cambiano nome per vergogna, rilanciando l’offerta politica fallimentare. Addio al Made in Italy! Addio alla Nazionale di calcio! Con un bel bacio dell’addio alla competitività mondiale. A poco serve stringere i denti, adattarsi e capire che per esportare, brillare, aver successo nel Mondo serve la libertà del genio italiano imprigionato da spietate tasse e bollette immonde. La famiglia è distrutta. La piccola impresa si estingue. Tutti invecchiano in attesa del prossimo Mondiale di calcio. Andrà forse meglio! Eppure nel mondo del calcio qualcosa è già cambiato. Fino al disastroso Mondiale FIFA 2014, nessuno lo avrebbe lontanamente immaginato. Nel calcio si esce di scena non più “all’italiana” (sempre al primo turno, insieme alle nazionali materasso di Australia, Camerun e Bosnia) ma con le dimissioni irrevocabili dei responsabili. Atto supremo certamente degno dell’Italia del XXI Secolo e dei Nascituri santi, poeti e navigatori interstellari. Nel 1970 l’Italia arrivò in finale con la gloria del 4 a 3 versus la Germania passando il primo turno, la vittoria per 1 a 0 sulla Svezia e due pareggi: uno proprio con l’Uruguay, l’altro con la nazionale di Israele. Nel 1982 i Campioni Azzurri di Bearzot debuttarono con tre contestati pareggi.

Anche i finalisti Azzurri di Sacchi nei ben più torridi Stati Uniti d’America nel 1994 passarono il primo turno come Cesare Prandelli immaginava di poter fare con l’Uruguay del “vampiro”! Vittoria, pareggio, sconfitta. L’horror ha prevalso sulla nostra stessa realtà già marcia nella sostanza. Come dimostrano i disastri dei nostri club in campo internazionale e la mancanza di Astri Azzurri di prima grandezza del calibro di Neymar. Illudersi in uno squallido “catenaccio” conduce all’inferno, relegati con l’Inghilterra nel misero club delle Vecchie Signore Eliminate. Dare sempre la colpa all’arbitro, stavolta il messicano Rodriguez che non avrebbe punito subito Dracula, è risibile. Perché si dimentica che lo stesso arbitro aveva già graziato gli Azzurri su un possibile rigore di Bonucci e che la non-squadra di Prandelli in due partite ha fatto un solo tiro in porta con Andrea Pirlo. Ma quale Tiki Taka? Davvero “Ciapa La Bala” per tirare a campare. Per evitare ben altri scontri diretti che avrebbero serialmente fatto del male ai contratti dei procuratori sportivi di lorsignori milionari in pantaloncini. In un Mondiale FIFA 2014 pieno zeppo di buoni Campioni di calcio (le nazionali di Olanda, Brasile, Costa Rica e Cile) dove anche i grandi stringono i denti, come la Germania, i veterani Azzurri hanno sicuramente meritato la dolce, prospera e serena pensione della Florida. Compresi i giovani gradassi e timidi “badanti” delle Vecchie Glorie. Se ciò corrisponde al Tiki Taka della Federcalcio per furba disperazione, vale la pena ricordare che la spietata concorrenza dei nuovi mercati non perdona i bluff. Serve ora una Riforma profonda della Politica del Calcio italiano, dei suoi dirigenti e organigrammi, all’interno e fuori dal campo di giuoco, per inaugurare una fresca mentalità, nuova, altamente concorrenziale nel nuovo quadro mondiale, come ai tempi di Bearzot, Sacchi e del primo Lippi. L’Italia merita il bel calcio offensivo e prudente, coraggioso ed efficace. Il Calcio Italicum. Ciao, samba! Ciao Brasile! Adesso si elevi il grido della Giustizia sportiva mentre il mercato impone le sue regole, la sua carne da macello, offrendo soltanto figurine esotiche. La tragedia sportiva nazionale, la figuraccia drammatica e prevedibile, è nulla. Pazienza! Azzurro tenebra. Azzurro livido. Azzurro horror. Passerà. Vinciamo poi. In Russia. A Mosca, tra quattro Primavere. Al Mondiale FIFA 2018. Sarà la nostra Vittoria! In memoria di Ciro Esposito.
© Nicola Facciolini

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