1° Maggio: «Festa del Lavoro», la filastrocca di Mimmo Mòllica

1° Maggio Festa del lavoro. La «Filastrocca del Lavoro» di Mimmo Mòllica racconta in versi e strofe questa importante ricorrenza. E noi la proponiamo a grandi e piccini per celebrare la «Festa del Lavoro e dei Lavoratori».  «Filastrocca del lavoro» di Mimmo Mòllica   Caro babbo che cos’è il lavoro? dei bambini domandano in coro a un papà stanco e pure affannato, dal lavoro appena tornato. Ed il babbo risponde a fatica «serve a vivere, è una regola antica». Ed aggiunge: «… ed inoltre, sapete il lavoro è passione, è volontà e decoro». «E che cosa vuol dire decoro?», ribatterono subito loro. «È nell’opera di un falegname, è Van Gogh, è in un vaso di rame». «È Geppetto e il suo pezzo di legno, è Pinocchio, è Collodi e il suo ingegno, è donare qualcosa di noi senza credersi dei supereroi». «È costruire un gran bel grattacielo, è Gesù quando spiega il Vangelo, compiacersi di quello che fai, è dolersene se non ce l’hai!». Però un tipo iniziò a blaterare: «È pagare la gente per non lavorare, s

MODUGNO E LO STRAZIO D’AMORE NELLO STRETTO DI MESSINA: “NON C’È PERIFERIA NELL’ARTE"

Le origini pugliesi di Domenico Modugno non spiegherebbero il suo rapporto col dialetto siciliano, al quale - invece - Mister Volare fece spesso ricorso nelle sue canzoni: il 'messinese', o quasi
06/08/2014 - Del genio musicale e poetico di Modugno si sono occupati musicologi di fama, come Massimo Mila, interessati a scoprire il mondo affascinante e complesso allo stesso tempo del cantautore, sia per le tematiche affrontate da Modugno nelle sue canzoni, sia per la maniera di cantare, piuttosto influenzata dai modi della musica popolare. La prima maniera, in particolare…
Nella carriera di Modugno, infatti, si distinguono diversi momenti della sua evoluzione di autore e di interprete.

Così come diverse esperienze riguardano l’uso della lingua adoperata da “Mister Volare” nelle sue canzoni, molte delle quali (come dicevamo) fanno pensare ad un Modugno siciliano, mentre sappiamo che il cantautore nacque a Polignano a Mare, in provincia di Bari, ma poi trascorse buona parte della sua fanciullezza a San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, dove si parla un dialetto piuttosto simile a quello messinese.

In realtà Modugno aveva stabilito particolari rapporti con i dialetti di alcune regioni del Sud, che lo affascinavano particolarmente, come la Sicilia, con le sue tradizioni e i suoi miti, riuscendo ad imprimere alle canzoni una autenticità e una forza capaci di affrancare il canto da anguste connotazioni regionalistiche o dialettali.

Ed ecco un altro indizio che potrebbe fare di Modugno un perfetto rappresentante dell’arte e della cultura siciliana, nella descrizione poetica (piuttosto forte, per la verità) di un amore impossibile e tragico, come quello del povero pesce spada, braccato in una pesca che è, malgrado tutto, il simbolo dello Stretto di Messina e della stessa città, con le sue tradizioni e i miti che vedono Ulisse attraversare con la nave, le acque che già Ercole aveva attraversato a nuoto, aggrappato alle corna di uno dei buoi di sottratti a Gerione.

Tornando a Modugno, sarebbe altrettanto interessante parlare degli aspetti legati al suo impegno politico e sociale di artista e di uomo.

Ma per il momento, almeno, desidero soffermarmi su un altro aspetto, quello che riguarda l’uso del dialetto nella canzone e sul destino che spesso ha penalizzato o, al contrario, fatto la fortuna di luoghi, regioni, autori, cantanti e musicisti.

E’ il caso della canzone napoletana antica e recente, di molti suoi autori e dei tanti interpreti che hanno portato nel mondo atmosfere e melodie in grado di dimostrare come l’uso del dialetto non sia il più delle volte un limite...

Che cosa, allora, mette i confini alla musica, se l’uso del dialetto non basta a fare si che una canzone rimanga confinata, chiusa nell’ambito geografico in cui è nata o al quale fa riferimento?

“Non c’è periferia nell’arte - dice Vittorio Sgarbi in un’intervista a Matteo Grazioso. - Con i mezzi di comunicazione così veloci, da qualsiasi luogo si può fare arrivare ovunque la propria voce. Nell’arte – aggiunge Sgarbi - non ci sono né capitali né provincia”.

Nell’arte però…!
Mimmo Mòllica
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Commenti

  1. Ringrazio il professor Mollica per le belle parole espresse nei confronti di un grande cantante scomparso esattamente vent'anni fa. E, in tale contesto, mi piacerebbe rimarcare la modernità del pensiero di Domenico Modugno quale si evince dai suoi testi. Se infatti da un lato le sue canzoni offrono uno spaccato della vita quotidiana meridionale (come "Lu pisci spada", "Lu minaturi" e "Cavaddu cecu della miniera"), dall'altro lato non possiamo trascurare il carattere moderno (per non dire post-moderno) e rivoluzionario per quei tempi di alcune canzoni. Prendo come esempio "L'anniversario" dove il "nucleo" principale di tale allegro motivetto è dato da un tema oggi "scottante": la convivenza ("Come ti sono grato di questa libertà, la libertà di amarti senza essere obbligato"). E il tema del suicidio? "Un uomo in frack". E l'opposto, cioè l'amore per la vita? "Meraviglioso" (una canzone che rappresenta quasi una risposta al suicidio di Luigi Tenco dell'anno precedente). E l'emigrazione? "W l'America". E il conflitto di classe? "Malarazza", questa canzone che mostra un servo chiedere a un Cristo in croce di distruggere la razza dei potenti che trattano i loro subordinati come "cani per la via" (e voglio ricordare che tale canzone è un rifacimento di un'opera letteraria siciliana). Il tema della guerra? "Tamburru della guerra" una canzone che offre un quadro tragico di una madre disperata per il figlio caduto. E il tema del lavoro? O meglio, come direbbe Weber, dell' "etica della responsabilità"? "Un calcio alla città" (qui, sottolineo, la canzone è un violento attacco all' "etica della responsabilità", al lavoro che svuota l'uomo della sua vera essenza di essere libero e che, quasi quasi, lo "aliena" dal mondo). E il tema del conflitto generazionale? "Il vecchietto" (sembra una canzonetta, e invece nasconde tematiche sulle quali è bene riflettere). E, per finire, dove mettiamo il tema della speranza? "Delfini", l'ultima canzone, quasi un testamento di questo grande cantante che perfino un certo "sconosciuto" Salvatore Quasimodo definì "Rapsodo della canzone italiana".
    Io ho 19 anni e mi vanto di ascoltare Domenico Modugno. Questo cantante sottovalutato (per non dire, purtroppo, sconosciuto) da molti della mia generazione. Ma un cantante che andrebbe riscoperto. Un cantante moderno. Un cantante che ha saputo bene rappresentare sia nelle sue canzoni, sia nella sua attività di uomo politico (dato che è stato eletto parlamentare tra le file del Partito Radicale), il riscatto sociale. Un cantante che è saputo andare contro corrente. Indimenticabile resterà quel semplice gesto del 1958 di aprire le braccia cantando a squarciagola "Volare, oh, oh...". Un gesto semplice. Ma un gesto che ha dato un forte scossone alla musica italiana. Basta le voci melodiose. Basta le rime "cuore - amore". Era arrivato il momento di una musica "urlata". Il momento degli "urlatori". Il momento della canzone italiana quale la conosciamo noi.
    Grazie Mimmo Modugno.
    E grazie a lei, professor Mimmo Mollica, per questo omaggio fatto nei confronti del PADRE della musica italiana.
    Alain Calò

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