Vittima di violenze: ok al distacco presso altra sede di lavoro

Vittima di violenze: ok al distacco presso altra sede di lavoro.  Una dipendente dell’Ufficio del processo presso il tribunale di Catania ha chiesto e ottenuto la proroga del distacco presso un’altra sede lavorativa, a tutela della sua incolumità. 8 mag 2024 - Dopo essere stata assunta a tempo determinato, la dipendente è stata vittima di violenze, regolarmente denunciate, che l’hanno costretta a chiedere il distacco dalla propria sede lavorativa perché non si sentiva più al sicuro. Il Tribunale di Catania le aveva però concesso il distacco fino a settembre 2024. Nel frattempo, la donna aveva denunciato altri reati contro la sua persona e il ritornare nella sede assegnatagli avrebbe messo a serio repentaglio la sua incolumità. Per tale ragione si è rivolta allo studio legale Leone-Fell & C. per ottenere la necessaria tutela. “Vista la gravità della situazione, abbiamo inoltrato un’istanza al ministero di Giustizia – spiegano i legali Francesco Leone, Simona Fell e Davide Marceca ch

DETENUTI VIOLENTI: 309 POLIZIOTTI PENITENZIARI AGGREDITI, CIRCA 420 OPERATORI FERITI, È AGGRESSIONE ALLO STATO

UILPA Penitenziari: "Sottoporre a regime stringente i detenuti violenti. Dal 1 gennaio ad oggi 420 agenti feriti da detenuti". La Con una nota indirizzata al Vice Capo Vicario del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), Luigi Pagano, ed inviata anche al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, la UILPA Penitenziari torna a puntare l’indice sul grave fenomeno delle aggressioni subite dagli agenti penitenziari da parte dei detenuti

R O M A, , 16/10/2014 – Con una nota indirizzata al Vice Capo Vicario del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), Luigi Pagano, ed inviata anche al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, la UILPA Penitenziari torna a puntare l’indice sul grave fenomeno delle aggressioni subite dagli agenti penitenziari da parte dei detenuti.
“Dal 1 gennaio 2014 a ieri gli episodi di aggressione in danno di poliziotti penitenziari, perpetrati da
soggetti detenuti, assommavano a 309 per un totale di circa 420 operatori feriti, di cui circa 130 che
hanno riportato prognosi superiori ai 7 gioni.”, scrive Eugenio SARNO Segretario Generale della UILPA Penitenziari che calcola “un costo pari a circa 180mila euro per le circa 1500 giornate di malattia di agenti penitenziari diagnosticate a seguito delle lesioni riportate a seguito delle aggressioni”.

Secondo Sarno le tante aggressioni in danno di operatori penitenziari “ rischiano di far fallire
il nuovo progetto di sorveglianza dinamica, peraltro ancora lungi dall’essere definito
compiutamente e che risulta essere residuale nella gran parte dei modelli organizzativi degli
istituti penitenziari”.

Dopo aver criticamente rilevato come il modello più adottato sia quello del “regime aperto”
ovvero un modello di sorveglianza che “sostanzialmente, non prevede protocolli particolari ma
solo il prolungamento dell’orario di apertura delle celle con la contestuale presenza negli
ambienti detentivi del personale di Polizia Penitenziaria, inevitabilmente esposto a fattori di
rischio senza concreta possibilità (operando disarmato) di poter difendere la propria incolumità
fisica “ , ed aver premesso che “ ogni aggressione subita da un poliziotto penitenziario nelle
prime linee delle frontiere penitenziarie è da considerarsi una aggressione allo Stato”, il
Segretario generale della UILPA Penitenziari chiede al DAP che nei confronti dei detenuti violenti
“si adottino misure esemplari che, nel pieno rispetto della legge e di ogni garanzia, rendano più
stringente il regime detentivo a cui devono essere sottoposti”.

“Continuiamo a sostenere che la sorveglianza dinamica sia una soluzione opportuna ed
intelligente – prosegue SARNO – ma cominciamo ad avere dubbi sulla volontà e sulla capacità
dei dirigenti penitenziari di volerla trasformare in un modello innovativo e vincente. Si preferisce
la soluzione meno dispendiosa ma meno efficace del regime aperto , scaricando sul personale gli
effetti di tale determinazione. Per questo abbiamo chiesto, e continueremo a chiedere, a Pagano e
Orlando che quella fase due annunciata dopo la parziale assoluzione di Bruxelles si trasformi in
atti concreti e non solo in proclami di rito. La Polizia Penitenziaria non può essere l’agnello
sacrificale alle criticità ataviche del sistema penitenziario. Occorre restituire dignità lavorativa e
condizioni di sicurezza alle donne e agli uomini dei baschi blu. Solo così – chiude Eugenio
SARNO - lo Stato potrà recuperare credibilità ed autorevolezza all’interno dei gironi infernali
delle nostre prigioni”
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Egregio dott. Pagano,

indiscutibilmente questa OS ha condiviso - contribuendo anche con momenti di confronto,
approfondimento e proposta - il progetto di revisione delle modalità di sorveglianza dei soggetti
sottoposti alla privazione della libertà personale; ciò anche al fine di integrare le mansioni di mera
custodia statica con compiti d’intelligence , di conoscenza delle persone detenute e delle dinamiche
sociali che si affermano in quelle realtà detentive ove è applicata la c.d. sorveglianza dinamica.
Detto progetto, unitamente alle altre misure previste in materia di deflazione della
popolazione carceraria, ha consentito di superare – almeno temporaneamente – l’esame del
Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa , discendente dalla c.d. sentenza Torreggiani della
CEDU.

Ma occorre sottolineare come ciò sia potuto accadere soprattutto, come riconosciuto più
volte dal Ministro della Giustizia, grazie allo sforzo degli eroi silenziosi della Polizia Penitenziaria.
È di tutta evidenza, però, che il progetto in questione è ancora lungi dall’essere definito
compiutamente e risulta essere residuale nella gran parte dei modelli organizzativi degli istituti
penitenziari, come potrebbe facilmente rilevarsi da un monitoraggio specifico. Non ci risulta, infatti,
che le sezioni e gli istituti siano stati attrezzate con postazioni di controllo remoto. Tantomeno,
salvo rare realtà, abbiamo notizia di redazione degli opportuni e necessari Ordini di Servizio sulla
deresponsabilizzazione del personale applicato alla sorveglianza o dei c.d. patti di responsabilità.

Di contro pare affermarsi un modello di sorveglianza a regime aperto che, sostanzialmente,
non prevede protocolli particolari ma solo il prolungamento dell’orario di apertura delle celle con la
contestuale presenza negli ambienti detentivi del personale di Polizia Penitenziaria, inevitabilmente
esposto a fattori di rischio senza concreta possibilità (operando disarmato) di poter difendere la
propria incolumità fisica. Non sarà un caso quindi se l’unico indicatore numerico degli eventi critici
a non subire una curva in discesa sia proprio quello relativo alle aggressioni subite dalla Polizia
Penitenziaria. Di fronte ad un calo dei suicidi in cella, dei tentati suicidi e degli atti di
autolesionismo, registratosi negli ultimi 18 mesi, gli episodi di violenza e di aggressione in danno
dei baschi blu, quegli eroi silenziosi della Polizia Penitenziaria, non solo diminuiscono ma fanno
registrare, financo, un lieve incremento.

Dal 1 gennaio 2014 a ieri gli episodi di aggressione in danno di poliziotti penitenziari,
perpetrati da soggetti detenuti, assommavano a 309 per un totale di circa 420 operatori feriti, di cui
circa 130 che hanno riportato prognosi superiori ai 7 giorni. Ne consegue che le giornate di assenza
per malattia di polpen, derivanti dalle aggressioni assomma a circa 1500 (nel solo 2014 ) per un
costo pari a circa 180mila euro.

Posto che ogni aggressione subita da un poliziotto penitenziario nelle prime linee delle frontiere
penitenziarie è da considerarsi una aggressione allo Stato, è assolutamente necessario che nei
confronti dei detenuti che si siano macchiati di tale violenza – a prescindere dalla contravvenzione
ad eventuali patti di responsabilità – si adottino misure esemplari che, nel pieno rispetto della legge
e di ogni garanzia, rendano più stringente il regime detentivo a cui devono essere sottoposti.
Ciò, oltre a rispondere alla ragionevole e condivisa domanda di maggior tutela e sicurezza
degli operatori (che non può continuare a restare inascoltata), potrebbe servire da deterrente per
arginare un fenomeno che ha assunto proporzioni molto preoccupanti e che rischia di mettere in
discussione la validità del progetto d’insieme.

Si invita pertanto codesta Amministrazione a promuovere urgenti e tangibili iniziative, di
cui avremmo piacere avere notizia.
Con nota separata la presente sarà inoltrata al Ministro della Giustizia.

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