Vittima di violenze: ok al distacco presso altra sede di lavoro

Vittima di violenze: ok al distacco presso altra sede di lavoro.  Una dipendente dell’Ufficio del processo presso il tribunale di Catania ha chiesto e ottenuto la proroga del distacco presso un’altra sede lavorativa, a tutela della sua incolumità. 8 mag 2024 - Dopo essere stata assunta a tempo determinato, la dipendente è stata vittima di violenze, regolarmente denunciate, che l’hanno costretta a chiedere il distacco dalla propria sede lavorativa perché non si sentiva più al sicuro. Il Tribunale di Catania le aveva però concesso il distacco fino a settembre 2024. Nel frattempo, la donna aveva denunciato altri reati contro la sua persona e il ritornare nella sede assegnatagli avrebbe messo a serio repentaglio la sua incolumità. Per tale ragione si è rivolta allo studio legale Leone-Fell & C. per ottenere la necessaria tutela. “Vista la gravità della situazione, abbiamo inoltrato un’istanza al ministero di Giustizia – spiegano i legali Francesco Leone, Simona Fell e Davide Marceca ch

SCIOPERO DEGLI SCRUTINI: PER I 'SUPERPRESIDI' I TERMINI DEL PROBLEMA

[28/05/2015] - La situazione della pubblica istruzione in Italia si presenta anomala rispetto a quella degli altri Paese Europei, in quanto i processi legati alla governabilità della didattica sono fragili e, per certi aspetti, privi di riferimenti certi. Nella maggior parte dei Paesi della UE, dopo la firma del contratto, i sindacati si impegnano a non effettuare scioperi fino alla scadenza dello stesso e le prerogative sindacali sono di esclusiva gestione dei sindacati rappresentativi. Inoltre in Europa i sindacati ricoprono un ruolo di difesa dei diritti contrattualmente garantiti, senza assumere compiti di cogestione.
I sindacati italiani, invece, determinati alla guerra politica con Renzi, non si sono neanche resi conto che al centro non vi è l’innalzamento della qualità del servizio di istruzione: l’accento è stato posto sul numero di assunzioni, sui “superpresidi”, sull’impossibilità di valutare alcunché. Con questo “pochissimo” hanno saputo incendiare gli animi di studenti ed insegnanti, ignorando che il nostro paese scende inesorabilmente nella classifica OCSE.

In tale contesto, si parla pure della dispersione scolastica, ignorando che la cattiva qualità del servizio scolastico è la causa principale della dispersione, ovvero, per meglio dire, dell’esclusione: cosa altro può accadere ad uno studente che “non ha le basi?”
In Italia così si è determinata una situazione di ingovernabilità nella pubblica istruzione; tre fattori sono da evidenziare:

1. I sindacati hanno creato in seno al Parlamento una lobby, oggi forte di settanta rappresentanti, che condiziona pesantemente le scelte legislative arrivando al punto da evitare che i beni immobili dei sindacati siano sottoposti a tassazione, che il sistema fiscale deleghi ai CAF sindacali la dichiarazione dei redditi e la relativa certificazione, che l’INPS deleghi ai patronati sindacali le procedure pensionistiche, che sia il Tesoro a effettuare la raccolta dei versamenti degli iscritti al sindacato, che i permessi e gli esoneri sindacali siano pagati dal pubblico erario. Un potere immenso che causa la produzione di leggi che favoriscono il potere di interdizione sindacale e che condiziona il funzionamento della pubblica amministrazione.

2. Benché la legge preveda che solo i sindacati che hanno la rappresentanza del 5% degli iscritti possano fruire delle prerogative sindacali, i collegamenti in seno all’amministrazione, nella quale i sindacati sono abbondantemente presenti, e la mancanza di controlli del MIUR, permette a piccole sigle non rappresentative (Cobas, Unicobas, RDB cobas …) di indire assemblee, scioperi e manifestazioni.

3. Negli ultimi contratti sulla scuola, MIUR e ARAN hanno svenduto ai sindacati i principi fondamentali di efficienza e di efficacia dell’azione didattica e dell’organizzazione amministrativa delle scuole. Nei provveditorati e nelle direzioni generali il personale è a volte dirigente sindacale e non si adopera per difendere la continuità didattica richiesta dai dirigenti scolastici. Basti ricordare come le interpretazioni sulle procedure di richiesta di assemblea sindacale, che in contratto sono stabilite nella misura massima di due al mese, sono tollerate come due da tenersi in ogni scuola, permettendo al personale di partecipare anche a numerose assemblee al mese in orario di lezione. Le contrattazioni decentrate permettono poi di tenere assemblee provinciali, come se fosse possibile pervenire in mezz’ora da territori molto lontani, o effettuare assemblee con 2.000 partecipanti in sale che al massimo ne possono contenere 200. Col risultato che migliaia di docenti si assentano dalle lezioni per partecipare all’assemblea territoriale, mentre all’assemblea ne partecipano in realtà solo poche decine. Infatti il preside non può verificare chi partecipa effettivamente alle assemblee sindacali che impongono di rimandare a casa in orario di lezioni gli studenti, mentre un gran numero di docenti si reca al mercatino.

I TERMINI DEL PROBLEMA
L’arrendevolezza dell’Amministrazione e del Governo (determinata da anni di insana cogestione) ha reso impossibile la governabilità del sistema istruzione. Negli ultimi 40 anni la scuola italiana è passata dal 12° posto al 27° in ambito OCSE nei livelli di apprendimento degli allievi. Siamo arrivati al punto che il liceo scientifico paritario Don Bosco di Palermo, che non costa un euro allo Stato, indirizza all’università studenti più bravi dei licei scientifici statali, che costano allo Stato e alla Regione 9.000 euro a studente.
Si tratta di ricomporre nella scuola la catena di comando, assegnando a ciascuna figura professionale compiti e responsabilità connesse, procedendo alla valutazione sistematica di tutto il personale, evitando le prese in giro dell’autovalutazione, riducendo i 12 organi collegiali presenti in ogni scuola, ma valorizzando i loro compiti, eliminando permessi, distacchi, utilizzazioni e comandi e costringendo tutti i docenti a lavorare seriamente in cambio dello stipendio.

Le procedure dello sciopero sono illogiche, oltre che assurde giuridicamente. Esse sono regolate dalla legge 12 giugno 1990, n.146 e successive modificazioni, e dall’ Accordo nazionale allegato al C.C.N.L. siglato il 3/03/1999 per il comparto Scuola, valutato idoneo dalla Commissione di garanzia con delibera n. 99/285-8.1 del 22.4.1999, pubblicato sulla G.U. – serie generale – n. 109 del 9.6.1999.
L’accordo prevede che i capi d'istituto inviteranno in forma scritta il personale a rendere comunicazione volontaria circa l'adesione allo sciopero entro il decimo giorno dalla comunicazione della proclamazione dello sciopero oppure entro il quinto, qualora lo sciopero sia proclamato per più comparti. Decorso tale termine, sulla base dei dati conoscitivi disponibili i capi d'istituto valuteranno l'entità della riduzione del servizio scolastico e, almeno cinque giorni prima dell'effettuazione dello sciopero, comunicheranno le modalità di funzionamento o la sospensione del servizio alle famiglie nonché al provveditore agli studi. Dalla comunicazione al provveditore dovrà altresì risultare se il capo d'istituto aderirà allo sciopero per consentire al medesimo provveditore di designare l'eventuale sostituto.
Tale norma è deliberatamente vaga al punto che i sindacati comunicano lo sciopero al MIUR, questi poi allerta gli USR cha a loro volta avvisano i presidi. Di solito le scuole vengono avvisate non quindici giorni prima, ma solo con due o tre giorni di anticipo. L’aspetto più ambiguo della procedura è che il dirigente dovrebbe garantire l’incolumità dei minori affidati dai genitori alla scuola, senza però essere in grado di sapere chi sciopererà, dovrebbe quindi possedere poteri soprannaturali, e non avendoli, si mette al sicuro licenziando gli allievi, anche se poi allo sciopero aderiranno poche unità di personale. Firmando questi accordi capestro, l’Amministrazione ha giocato sulla pelle delle scuole, dei dirigenti e degli allievi portando al disastro la continuità didattica.
Alcuni seri studiosi ravvisano nella mancanza di continuità didattica, nel salto arbitrario di parti di programma didattico, nell’abitudine malsana di certi insegnanti di imporre le proprie personali “manie” le principali cause della scadente qualità del servizio scolastico.

LA QUESTIONE DELLO SCIOPERO DEGLI SCRUTINI
Nella scuola italiana lo sciopero è concepito come possibilità per una minoranza, che non rappresenta che una minima parte del personale, di bloccare ogni attività. Mentre nella maggior parte dei Paesi europei lo sciopero è inteso come astensione del lavoro del dipendente, con possibilità di sostituzione, in Italia l’infiltrazione sindacale in Parlamento ne ha fatto uno strumento di distruzione del servizio da erogare. Un po’ come quando un avvocato non si presenta in udienza (anche se strumentalmente per attivare la prescrizione dei termini) e il processo viene rinviato. La lobby degli avvocati in Parlamento non è meno potente di quella sindacale.
Mentre lo sciopero dovrebbe fondarsi sul consenso e sulla partecipazione dei lavoratori, per gli scrutini scatta un meccanismo particolare: è sufficiente che uno su dieci professori del consiglio di classe non si presenti, dichiarando di essere in sciopero, perché lo scrutinio non abbia luogo. Invece se l’assenza è dovuta a malattia o giustificata, il docente può essere sostituito e lo scrutinio effettuato. Queste regole evidentemente non tengono conto dell’interesse dello studente, ma solo del potere ostruzionistico del sindacato.

Esaminiamo tuttavia quali norme regolano lo sciopero degli scrutini secondo l’accordo nazionale allegato al C.C.N.L. siglato il 3/03/1999 per il comparto Scuola:
1. Ai sensi della legge 12 giugno 1990, n.146, i servizi pubblici da considerare essenziali nel comparto del personale della Scuola sono:
a) l'istruzione scolastica, in particolare per gli aspetti contemplati dall'art.1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, comma 2, lettera d);
1. Nell'ambito dei servizi pubblici essenziali di cui all' art.1 dovrà essere assicurata, con le modalità di cui ai commi successivi, l'effettività del loro contenuto essenziale e la continuità, per gli aspetti contemplati nella lett. d), comma 2 dell'art. 1 della legge 12 giugno 1990, n.146, delle seguenti prestazioni indispensabili da assicurare in caso di sciopero, al fine di contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con la garanzia del diritto all'istruzione e degli altri valori e diritti costituzionalmente tutelati:
a) attività, dirette e strumentali, riguardanti lo svolgimento degli scrutini e degli esami finali nonché degli esami di idoneità;
b) attività, dirette e strumentali, riguardanti lo svolgimento degli esami finali, con particolare riferimento agli esami conclusivi dei cicli di istruzione nei diversi ordini e gradi del sistema scolastico (esami di licenza elementare, esami di licenza media, esami di qualifica professionale e di licenza d'arte, esami di abilitazione all'insegnamento del grado preparatorio, esami di stato);

4. I Capi d'istituto, in occasione di ciascuno sciopero, individuano - sulla base anche della comunicazione volontaria del personale in questione circa i propri comportamenti sindacali - i nominativi del personale da includere nei contingenti di cui al precedente comma 2 , in servizio presso le medesime istituzioni scolastiche ed educative, tenuti alle prestazioni indispensabili ed esonerati dallo sciopero stesso per garantire la continuità delle prestazioni indispensabili di cui al precedente 1° comma. I nominativi inclusi nei contingenti saranno comunicati ai singoli interessati cinque giorni prima dell'effettuazione dello sciopero. Il soggetto individuato ha il diritto di esprimere, entro il giorno successivo alla ricezione della predetta comunicazione, la volontà di aderire allo sciopero chiedendo la conseguente sostituzione, nel caso sia possibile.
3. Al fine di garantire i servizi essenziali e le relative prestazioni indispensabili indicati nell'articolo 2: a) non saranno effettuati scioperi a tempo indeterminato ;

c) ciascuna azione di sciopero, anche se trattasi di sciopero breve o di sciopero generale, non può superare i due giorni consecutivi; tra un'azione e la successiva deve intercorrere un intervallo di tempo non inferiore a sette giorni;
d) gli scioperi brevi - che sono alternativi rispetto agli scioperi indetti per l'intera giornata - possono essere effettuati soltanto nella prima oppure nell'ultima ora di lezione o di attività educative, o di servizio per i capi di istituto e per il personale ATA.
In caso di organizzazione delle attività su più turni, gli scioperi possono essere effettuati soltanto nella prima o nell'ultima ora di ciascun turno; se le attività si protraggono in orario pomeridiano gli scioperi saranno effettuati nella prima ora del turno antimeridiano e nell'ultima del turno pomeridiano. La proclamazione dello sciopero breve deve essere puntuale. Deve essere precisato se lo sciopero riguarda la prima oppure l'ultima ora di lezione, non essendo consentita la formula alternativa.

Secondo la legge e le norme applicative dunque lo sciopero degli scrutini può essere indetto alle seguenti condizioni:
• Può riguardare solo i primi due giorni di scrutini, secondo il calendario programmato in quanto i risultati non possono slittare ulteriormente (accordo, art.3 comma 3 c))
• Se indetto come sciopero breve (è questo il caso) deve limitarsi alla prima e all’ultima ora della programmazione giornaliera. Quindi, se gli scrutini sono programmati dalle ore 8,00 alle ore 20,00 lo sciopero può avere luogo solo dalle ore 8,00 alle 9,00 e dalle ore 19,00 alle ore 20,00. (accordo nazionale art.3 comma 3 d)).
• Gli scrutini del primo e secondo giorno della prima e ultima ora vanno riconvocati in coda (tutto sommato si tratta di riconvocare il coda quattro scrutini).
• I docenti che non dovessero attenersi alla legge dovranno essere destinatari di contestazione d’addebito e di sanzione severa (un giorno di sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio), vista la gravità dell’infrazione (assenza ingiustificata e danno per gli studenti e per i docenti non scioperanti). L’ASASi mette a disposizione il proprio ufficio di consulenza sul contenzioso per applicare correttamente le procedure previste dalla legge 150/2009.

Gli artt. 1 e 2 dell’accordo di attuazione della legge 146/90 definiscono gli scrutini delle scuole “servizio pubblico essenziale” e pertanto scatta il comma 4 dell’art.3 dell’accordo che recita: “4. I Capi d'istituto, in occasione di ciascuno sciopero, individuano - sulla base anche della comunicazione volontaria del personale in questione circa i propri comportamenti sindacali - i nominativi del personale da includere nei contingenti di cui al precedente comma 2 , in servizio presso le medesime istituzioni scolastiche ed educative, tenuti alle prestazioni indispensabili ed esonerati dallo sciopero stesso per garantire la continuità delle prestazioni indispensabili di cui al precedente 1° comma. I nominativi inclusi nei contingenti saranno comunicati ai singoli interessati cinque giorni prima dell'effettuazione dello sciopero. Il soggetto individuato ha il diritto di esprimere, entro il giorno successivo alla ricezione della predetta comunicazione, la volontà di aderire allo sciopero chiedendo la conseguente sostituzione, nel caso sia possibile.”.

Segnaliamo tali articoli anche se ci rendiamo conto che la loro praticabilità risulta complessa e rischia di trovare l’ostilità della stessa amministrazione e dell’Avvocatura dello Stato.

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