Forse l'ultimo amministratore italiano eletto dagli... elettori, attraverso libere elezioni, ha rassegnato le proprie dimissioni e al suo posto, quasi sicuramente, subentrerà un uomo di fiducia. Ignazio Marino, del resto, era già stato affiancato da colui che lo stesso (oramai) ex sindaco ha definito "la mia badante", il prefetto Franco Gabrielli e dall'ex pm della Procura di Palermo, Alfonso Sabella, con Giancarlo Caselli nel pool di magistrati che arrestarono Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Pietro Aglieri, un campione negli arresti di boss mafiosi.
Un triunvirato a Roma per un posto solo. In Italia, così, sempre più viene meno il rapporto con i cittadini, il ricorso agli elettori, surrogati dalla politica e dagli stessi partiti politici, per questioni di equilibrio interno e di potere. Il consenso dei cittadini viene messo sempre più in discussione, il voto libero perde sempre più valore (fino ad apparire superfluo, se non controproducente) e sempre più la politica amministrativa scopre i suoi nervi già scoperti: il malaffare, la corruzione, l'interesse interno ai partiti politici, la tendenza alla monarchia più che alla democrazia.
Ignazio Marino, nato a Genova il 10 marzo 1955 e trasferitosi a Roma nel 1969, dove ha completato gli studi classici, nel 1979 si è laureato in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti e la lode all'Università Cattolica del Sacro Cuore. Specializzato in Chirurgia Generale e in Chirurgia Vascolare è stato Direttore e Amministratore Delegato dell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione, da lui fondato a Palermo.
Roma 9 ottobre 2015 - Il sindaco Ignazio Marino si è dimesso. In base alla legge, ha venti giorni di tempo per verificare il contesto politico-amministrativo ed eventualmente ritirare le dimissioni. In una nota aperta ai cittadini, Marino ripercorre la sua vicenda in Campidoglio e ne spiega ragioni e senso complessivo.
Le parole del sindaco Marino.
“Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto
avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più
di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma,
strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato
sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso. Quella sfida l’abbiamo vinta
insieme.
In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato
sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto
fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la
sfida vinta: il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme
avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire. I
risultati, quindi, cominciano a vedersi.
Il 5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo storico: siamo
davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto trasversalmente la politica. La città
è stata ferita ma, grazie alla stragrande maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta,
ha resistito, ha reagito.
Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso
nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti
anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo
culmine. Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare
avanti nel suo cambiamento.
Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi
mi appaiono assottigliate se non assenti.
Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per
legge essere ritirate entro venti giorni.
Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste
condizioni politiche.
Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno pensi o dica che lo
faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e
manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia
decisione di pubblicarli sul sito del Comune. Chi volesse leggerle in questo modo è in cattiva fede.
Ma con loro non vale la pena di discutere.
Mi importa che i cittadini – tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una
parte ma è il sindaco di tutti – comprendano e capiscano che – al di là della mia figura – è dal lavoro
che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro – in un modo o
nell’altro – venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che
immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti
interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato
anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto
il Campidoglio”
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