Vendita AGI, Antoci: “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”

Vendita AGI, Antoci (Capolista M5S Collegio “Isole”): “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”. Nota Stampa di Giuseppe Antoci, candidato capolista circoscrizione “Isole” alle elezioni europee col MoVimento Cinque Stelle 4 mag 2024 - "Lascia sgomenti la decisione di ENI, azienda partecipata dello stato, di trattare la cessione dell'agenzia di stampa AGI con il parlamentare leghista Angelucci. Un'operazione "folle", come giustamente definita da Giuseppe Conte. Altrettanto allarmante è il fatto che la vendita si stia realizzando mediante una trattativa privata in assenza di un bando di gara a tutela della trasparenza dell'operazione. Bisogna arginare condotte come queste applicando il "Media Freedom Act", legge europea per la libertà dei media tesa a proteggere i giornalisti e i media dell'UE da ingerenze politiche o economiche e ad evitare la concentrazione dei media sotto il controllo politico (come nel caso di Angeluc

ATTILIO MANCA UCCISO DA UN AGENTE SEGRETO E PURE INGROIA FINISCE INDAGATO

La procura della Repubblica avrebbe disposto il rinvio a giudizio per calunnia, di Antonio Ingroia, a seguito delle dichiarazioni rilasciate dal pentito di mafia Carmelo D’Amico. “Non ho avuto alcuna notifica – ha detto il dott. Ingroia - E’ probabile che ci sarà una richiesta di rinvio a giudizio. Alla base del presunto rinvio a giudizio sarebbero le dichiarazioni di Carmelo D’Amico, pentito di mafia, autore di clamorose rivelazioni sulla morte di Attilio Manca che fanno luce su quella che è stata considerata una morte da overdose. Il processo è stato più volte archiviato e liquidato come morte per assunzione di eroina

12/01/2016 - La procura della Repubblica avrebbe disposto il rinvio a giudizio per calunnia, di Antonio Ingroia, a seguito delle dichiarazioni rilasciate nel corso del processo per la morte di Attilio Manca, il giovane urologo di Barcellona P.G trovato morto il 12 febbraio 2004 nella sua abitazione di Viterbo, dove prestava servizio. “Non ho avuto alcuna notifica – ha detto il dott. Ingroia –. E’ probabile che ci sarà una richiesta di rinvio a giudizio dall’ufficio di procura all’ufficio del giudice dell’udienza preliminare per fissare una richiesta di fissazione dell’udienza, e l’udienza non è stata ancora fissata”. Alla base del presunto rinvio a giudizio sarebbero le dichiarazioni a verbale di Carmelo D’Amico, pentito di mafia, autore di clamorose rivelazioni sulla morte di Attilio Manca che fanno luce su quella che è stata considerata una morte da overdose. Il processo è stato più volte archiviato e liquidato come morte per assunzione di eroina.

Il pentito di mafia Carmelo D’Amico in un verbale depositato in data 11 gennaio 2016 al Tribunale del Riesame “fa luce” sulla morte di Attilio Manca, il giovane e brillante urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), trovato privo di vita il 12 febbraio 2004 nella sua abitazione di Viterbo, “ucciso da una dose letale volutamente assunta”, si disse e si continuò a dire.

Il pentito D’Amico parla della morte (o meglio, dell’uccisione) dell’urologo barcellonese e racconta cose e particolari, gli stessi che gli sarebbero stati confidati da Salvatore Rugolo, defunto cognato del boss barcellonese Pippo Gullotti. Si tratta di un verbale depositato e acquisito agli atti dal giudice Antonino Genovese (il collegio è pure composto dai sostituti della DDA Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo), nel processo che vede imputato Rosario Cattafi, l’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto di recente scarcerato, condannato in primo grado a 18 anni e considerato a capo della mafia barcellonese, rimesso sorprendentemente in libertà il 4 dicembre 2015. In effetti Rosario Cattafi, in appello, è stato riconosciuto “semplice affiliato” di mafia e per di più (solo) fino al 2000, tanto da indurre il tribunale a ridurre la pena da scontare a soli a 7 anni di reclusione: scarcerato.

Le rivelazioni di Carmelo D’amico sono state pubblicate a firma di Nuccio Anselmo su La Gazzetta del Sud: “Poco dopo la morte dell’urologo Attilio Manca, avvenuta a Viterbo nel 2004, incontrai a Barcellona Salvatore Rugolo, fratello di Venerina e cognato di Pippo Gullotti. Lo incontrai a Barcellona, presso un bar ad angolo, situato sul ponte di Barcellona, collocato vicino alla scuola guida Gangemi. Usciti da quel bar, Rugolo mi disse che ce l’aveva con Saro Cattafi, perchè “aveva fatto ammazzare” Attilio Manca, suo caro amico. In quell’occasione Rugolo mi disse che un soggetto non meglio precisato, un Generale dei Carabinieri, amico del Cattafi, aveva chiesto a Cattafi per conto di Bernardo Provenzano di contattare il suo amico Attilio Manca in modo che questi l’operasse di prostata.”

“Rugolo non mi specificò se il dott. Manca doveva curare Provenzano. Rugolo Salvatore ce l’aveva a morte con Cattafi perchè, proprio alla luce di quel compito da lui svolto, lo riteneva responsabile della sua morte che non riteneva certo un caso di overdose”.
D’Amico, il pentito al centro delle rivelazioni sul caso Manca, fa pure riferimento ad un colloquio con il boss Nino Rotolo, avvenuto all’epoca in cui entrambi erano detenuti nel carcere di Milano Opera, in regime di 41bis: “Mi confidò che erano stati i “servizi segreti” ad individuare Attilio Manca come medico che avrebbe dovuto curare il latitante Provenzano. Rotolo non mi disse chi fosse questo soggetto appartenente ai servizi ma io capii che si trattava della stessa persona indicata da Rugolo, ossia quel generale dei Carabinieri che ho prima indicato; sicuramente era un soggetto delle Istituzioni. Rotolo aggiunse che di quell’omicidio si era occupato in particolare “u calabrisi”, un militare appartenente ai servizi segreti, effettivamente di origini calabresi, considerato bravo a fare apparire suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi”.

Nel dicembre 2011 Il gip del tribunale di Viterbo Salvatore Fanti archivia ancora una volta le accuse per quattro dei dieci indagati per la morte del dott. Attilio Manca, il giovane urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), trovato privo di vita il 12 febbraio 2004 nella sua abitazione di Viterbo, “ucciso da una dose letale”, si disse e si continuò a dire.
La Procura della Repubblica di Viterbo ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex sostituto procuratore, Antonio Ingroia, oggi avvocato. Il pm Renzo Petroselli – infatti – ha iscritto il dott. Antonio Ingroia, avvocato di parte civile della famiglia di Attilio Manca, nel registro degli indagati con l’accusa di calunnia. Alla base dell’accusa sarebbero alcune esternazioni di Ingroia all’udienza preliminare del processo: avrebbe parlato di “prove manomesse e falsificate”, con riferimento ad un verbale recante dichiarazioni di Salvatore Gava. ex capo della squadra mobile di Viterbo. Il caso Manca, assume sempre più i contorni ‘ufficiali’ e giudiziari di delitto di mafia, dopo essere stato ‘considerato’ causato da una overdose letale da eroina. Il processo in atto a Viterbo riguarda Monica Mileti, la presunta pusher romana che avrebbe ceduto ad Attilio Manca la dose letale di eroina. Il processo per omicidio a seguito di cessione di droga è stato dichiarato prescritto già in sede di rinvio a giudizio. Proprio per questo i Manca sono stati esclusi dal processo come parte civile.
Ad essere di parere diverso erano i genitori e il fratello di Attilio: loro non hanno mai smesso di credere in una versione ben diversa dei fatti, non hanno mai smesso un giorno di cercare la verità.
Intervenendo in trasmissione a “Chi l’ha visto?”, i genitori del dott. Manca, hanno riferirono che alle ore 20 del 10 febbraio 2004 Attilio Manca aveva inviato un sms ad un collega con il quale comunicava che sarebbe andato a Roma, e di non avere intenzione di dormire a casa sua poiché l'indomani mattina aveva un intervento piuttosto delicato da fare, ma non avrebbe detto a nessuno di che si trattava, né in quale clinica lo avrebbe dovuto effettuare.

La sera del ritrovamento del suo corpo fu davvero una notte buia. Buia di mancate verità e di grossolane ‘sviste’. Niente testimoni che lo abbiano visto in quelle ore. Attilio Manca aveva telefonato per l’ultima volta intorno alle 9,30 dell'11 febbraio; aveva chiamato la madre in Sicilia per dirle di fare rimettere a posto la moto che teneva a Tonnarella, in comune di Terme Vigliatore (Messina), nella casa delle vacanze in riva al mare. In effetti la moto era poi risultata in ottime condizioni.
Il verbale del pentito D'Amico potrebbe riaprire la vicenda giudiziaria sulla morte del dott. Attilio Manca, sarebbe stato “u calabresi” (pure detto “u bruttu”), un uomo dei servizi segreti specializzato nel mettere in atto strani "suicidi" e non una dose letale di eroina deliberatamente iniettatasi. Attilio Manca, secondo il pentito, sarebbe stato eliminato dopo avere operato il boss Bernardo Provenzano, per interessamento di Rosario Cattafi, l'avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto arrestato e condannato a 18 anni di reclusione ma di recente scarcerato.

“Sto versando per la prima volta quelle lacrime che tengo dentro da 12 anni – scrive sula sua pagina Fb Angela Manca, madre di Attilio. – Sono addolorata, ma felice che la verità che mi è stata negata anche da quello Stato e da quelle Istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini , finalmente viene fuori attraverso i pentiti .
“Amici oggi è un grande giorno per il trionfo della verità e della giustizia”.

Pìù cauto il fratello di Attilio, Gianluca Manca che scrive su Fb: “Aspettiamo con fiducia che i magistrati vaglino queste dichiarazioni e che vengano accertate”.
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Tra gli indagati Monica Mileti, 54 anni, rinviata a giudizio per cessione di stupefacenti nel corso dell’udienza preliminare del procedimento per la morte dell'urologo Attilio Manca. L’altro capo d’accusa, omicidio colposo a seguito di cessione di droga, è stato invece archiviato perché caduto in prescrizione nel 2011. Per il pubblico ministero la donna romana avrebbe fornito a Manca una dose di eroina che, insieme ad altre sostanze, ne avrebbe causato il decesso. Quindi per Attilio Manca ci sarà comunque un processo, anche se non sarà accolta la tesi dei familiari di un omicidio ad opera di mafiosi vicini a Bernardo Provenzano, operato in Francia per un cancro alla prostata durante la sua latitanza.

Dopo il rinvio a giudizio della donna romana accusata di avergli ceduto eroina, i familiari di Attilio Manca, che non hanno mai creduto alla tesi di un suicidio da overdose, mostrano a "Chi l'ha visto?" le immagini scioccanti del suo corpo al momento del ritrovamento, il 12 febbraio 2004 nella sua casa di Viterbo. Nelle foto del volto è ben visibile una gravissima lesione al naso. Ai genitori avevano detto che l’urologo si sarebbe procurato le lesioni sbattendo violentemente contro il telecomando del televisore appoggiato sul letto. (Dal sito "Chi l'ha visto?" )

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