Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

PIGNATONE, MAFIA A ROMA: “PER LA PROCURA LA MAFIA NON ESISTE SE TRA GLI IMPUTATI NON VI SONO SICILIANI”

Pignatone: «Roma non è mafiosa ma nella Capitale la mafia c'è». Lettera al "Messaggero" del procuratore capo Giuseppe Pignatone: "Il convincimento che quello romano sia un territorio risparmiato dai mafiosi è tuttora molto diffuso e dopo la sentenza di primo grado nel processo a carico di Carminati, Buzzi e altri, alcuni commentatori hanno affermato che la Capitale si era liberata definitivamente dal problema mafia'. Non credo che le cose, purtroppo, stiano così."

di Giuseppe Pignatone

Egregio direttore,
la decisione con cui la Cassazione, pochi giorni fa, annullando la sentenza di appello, ha fatto rivivere, allo stato, la condanna di Carmine Fasciani ed altri imputati per associazione mafiosa è l'occasione per una riflessione. Fino a qualche anno fa, come ha ricordato di recente l'ex senatore Rutelli, la presenza delle mafie a Roma veniva negata in ogni sede e persino nelle dichiarazioni dei responsabili della sicurezza.
Ciò avveniva nonostante tale presenza fosse stata più volte accertata: basti pensare a figure come quella del siciliano Pippo Calò o quelle di numerosi boss camorristi. Mentre sulla banda della Magliana, due diverse sentenze della Cassazione erano giunte a conclusioni diametralmente opposte, a conferma della intrinseca difficoltà dei processi su questo tema.

Il convincimento che quello romano sia un territorio risparmiato dai mafiosi è tuttora molto diffuso e dopo la sentenza di primo grado nel processo a carico di Carminati, Buzzi e altri, alcuni commentatori hanno affermato che la Capitale si era liberata definitivamente dal problema mafia'.
Non credo che le cose, purtroppo, stiano così.
[...]

Sulla basi di queste risultanze oggettive, non si può certo affermare che Roma sia una città mafiosa nel senso in cui lo sono molte città del Sud, dove un'unica organizzazione esercita il controllo quasi militare del territorio. Ma è sicuramente un errore anche più grave negare l'esistenza di significative presenze mafiose, anche autoctone, e la necessità di contrastarle, prevenendo il rischio della loro espansione.

Ho espresso questo preciso convincimento in sede di audizione davanti la Commissione parlamentare Antimafia il 1° luglio 2015, dopo l'esecuzione del secondo gruppo di provvedimenti cautelari, confermate dalla Cassazione, del processo contro Carminati, Buzzi e altri; processo il cui impianto accusatorio è fondato, è bene ricordarlo, sulla giurisprudenza largamente prevalente della Suprema Corte, che qualifica come associazioni mafiose anche le piccole mafie' diverse da quelle tradizionali.

Per spiegare la mia opinione, in quella sede ho cercato di inquadrare correttamente la portata limitata, pur se di eccezionale gravità, di quell'associazione criminale. [...]
Questa convinzione, ribadita in molte altre occasioni, resta valida ancora oggi, a prescindere dall'esito del processo Mondo di mezzo. Il carattere mafioso (o meno) dell'organizzazione di Carminati e Buzzi, non è infatti l'elemento decisivo per rispondere alla domanda: ci sono le mafie, a Roma? 
[...]

Dato per acquisito che Roma non è Palermo o Reggio Calabria e che la capitale d'Italia ha, dal punto di vista criminale, altri e ancor più gravi problemi (la corruzione in primis), penso che occorre riconoscere la presenza mafiosa nella Capitale, nei limiti qui delineati. Questo riconoscimento è infatti la premessa necessaria per poterla affrontare e neutralizzare.
Per quanto ci riguarda, la Procura della Repubblica continua a non accettare l'idea, purtroppo molto diffusa, che la corruzione a Roma sia un fatto normale se non addirittura utile allo sviluppo. Nè, tanto meno, quella che la mafia non esista se tra gli imputati non vi sono siciliani, calabresi o campani. E su queste basi continueremo la nostra azione.
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http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/pignatone_roma_mafia-3338975.html

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