Antimafia, il bilancio di un anno: mai come oggi diffuso il possesso di armi, pure tra insospettabili e minorenni

Antimafia: presentato in aula il bilancio dell'attività della commissione a un anno dal suo insediamento. Dal presidente Cracolici la proposta di un Osservatorio per monitorare gli appalti e il pericolo di infiltrazioni nei subappalti. Sono state 55 le sedute tenute dalla Commissione regionale Antimafia, 14 le inchieste avviate, 70 le audizioni, 9 gli incontri con i prefetti e i comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica, 302 gli incontri con gli amministratori locali Palermo, 26 Mar - “Ci sono segnali che ci preoccupano: mai come adesso in molti territori si è diffuso il possesso di armi, persino in ambienti insospettabili. La cronaca ci consegna un pericoloso modello di comportamento anche tra i giovanissimi, come il caso di un 17enne che prima di andare in discoteca si è munito di una pistola. Si diffonde la mafiosità come stile di vita”. Lo ha detto il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici, in un passaggio della sua presentazione in au

“I servizi educativi per l’infanzia, ripresa e sviluppi dopo la pandemia”

I SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA, RIPRESA E SVILUPPI DOPO LA PANDEMIA. Si è svolto questa mattina l’evento online “I servizi educativi per l’infanzia, ripresa e sviluppi dopo la pandemia” frutto della collaborazione fra il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Istat e l’Università Ca’ Foscari.


Roma, 7 luglio 2021 -  Al webinar, coordinato dal capo del Dipartimento per le politiche della famiglia Ilaria Antonini, hanno partecipato il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, Tiziana Lippiello, Rettrice dell’Università Ca’ Foscari Venezia, rappresentanti dell’Università Ca’ Foscari e ricercatori dell’Istat. L’incontro ha avuto come oggetto la presentazione dei risultati di due indagini:

- l’Indagine annuale dell’Istat sui comuni italiani, volta a monitorare nel tempo l’evoluzione

dei servizi all’infanzia, relativamente ai dati dell’anno educativo 2019-2020;

- l’Indagine campionaria suppletiva realizzata da aprile 2021, fortemente voluta dal

Dipartimento per le politiche della famiglia all’interno del rapporto di collaborazione con

Università Ca’ Foscari e Istat, per disporre di informazioni tempestive sulle difficoltà

incontrate dai servizi all’infanzia in relazione alla pandemia.

Prima dell’esplosione della crisi, la fotografia dell’offerta pubblica e privata dei servizi educativi

emersa dalla rilevazione Istat sui nidi e i servizi integrativi per la prima infanzia delinea al 31

dicembre 2019 la presenza di 13.834 servizi educativi attivi sul territorio nazionale, il 65% dei quali

nel settore privato e il restante 35% nel settore pubblico, ovvero a titolarità comunale.

I posti autorizzati al funzionamento sono 361.318 (circa la metà nel settore pubblico). I posti

disponibili nei servizi per la prima infanzia raggiungono il 26,9% del potenziale bacino di utenza

(bambini residenti al di sotto dei 3 anni di età).

Nonostante un incremento dell’1,5%, rispetto all’anno educativo 2018/2019, a livello nazionale, i

posti censiti sono ancora al di sotto dell’obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Barcellona nel

2002: un posto per almeno il 33% dei bambini entro il 2010.

Permangono ancora ampi divari territoriali. Al Sud i posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi

pubblici e privati coprono il 14,5% del bacino di utenza potenziale (15,7% nelle Isole), contro il

35,3% al Centro, il 34,5% nel Nord-est e il 31,4% nel Nord-ovest. Tuttavia è proprio nel

Mezzogiorno che si registra l’incremento di posti più significativo: +6,3% (+5% al Sud e +1% nelle

Isole).

Questo dato conferma l’efficacia delle misure statali adottate a sostegno dello sviluppo del sistema

socio-educativo per la prima infanzia incluso, già dal 2012, tra i settori prioritari di intervento dei

PAC, Piani d’Azione per la Coesione (Ministero per lo Sviluppo e la Coesione d’intesa con la

Commissione europea) per ridurre il divario nelle quattro regioni comprese nell'obiettivo europeo

“Convergenza”: Puglia, Campania, Sicilia, Calabria.

Il Piano di azione nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione da 0 a 6 anni

(conseguente al D. lgs. 65/2017) ha stanziato ulteriori risorse a sostegno di interventi

infrastrutturali e delle spese per la gestione e la formazione del personale, destinate in misura

maggiore a sette regioni individuate sulla base di criteri di perequazione: Abruzzo, Molise,

Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.




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Al 31 dicembre 2019 i bambini iscritti nei servizi educativi comunali o finanziati dai Comuni sono il

14,7% dei residenti sotto i 3 anni (si va dal 3,1% della Calabria al 30,4% della Provincia Autonoma

di Trento).

Nel corso del 2020, con le chiusure temporanee dei servizi dovute alla pandemia sono diminuiti i

beneficiari del “bonus Nido” (272 mila, 289 mila nel 2019) e il numero di mensilità erogate (spesa

complessiva pari a 197 milioni di euro, 44 milioni in meno dell’anno precedente), contro un

aumento dell’importo medio per mensilità grazie all’aumento fino a 3 mila euro del contributo

erogabile annuo.

L’Indagine campionaria realizzata con l’Università Ca’ Foscari nei mesi di aprile-maggio 2021 su

1.418 servizi (1.036 asili nido e 382 sezioni primavera), sia pubblici che privati, rileva che a fronte

di un aumento sia dei costi di gestione (93,2% dei casi) sia dei costi straordinari (95%), poco più

del 50% delle strutture hanno ricevuto contributi straordinari mentre circa il 59% ha attivato

ammortizzatori sociali come la Cassa Integrazione o il FIS (Fondo d'Integrazione Salariale).

Nel 50% delle strutture si è verificato almeno un caso Covid (fra bambini oppure operatori), il

27,5% ha disposto la chiusura di una sola sezione e meno del 12% la chiusura totale del servizio, il

restante 10% presumibilmente ha interrotto la frequenza solo per le “bolle” (piccoli gruppi di

bambini) garantendo la continuità del servizio.

La riapertura ha richiesto interventi di riadattamento organizzativo (rimodulazione degli spazi

disponibili 88%; formazione degli educatori 87%; orari scaglionati di entrata e uscita 75%;

attivazione di canali straordinari di contatto con le famiglie 68%).

Soltanto il 2,2% dei gestori ha annullato il servizio mensa, l’8,5% ha ridotto il numero di sezioni, il

26% ha ridotto l’orario di apertura.

Poco meno del 30% delle strutture ha ridotto il numero di bambini accolti, e nella stessa quota ha

rivisto le rette per le famiglie.

Le strutture hanno quindi dimostrato una buona capacità di adattamento alla situazione

straordinaria, mentre criticità contenute sono segnalate alla riapertura, soprattutto relative allo

stress nel gestire la situazione da parte di operatori e genitori.

Il 39% delle strutture ha riscontrato una riduzione della domanda di iscrizioni per l’anno educativo

2020/2021 rispetto al precedente.

Al momento della rilevazione, il 70% delle strutture non ha bambini in lista d’attesa e il tasso di

occupazione dei posti autorizzati (rapporto tra numero di iscritti e posti autorizzati) è mediamente

dell’80%, indicando che molti servizi hanno posti vuoti e non hanno domande da soddisfare (le

cause sono attribuibili alla contrazione dei redditi delle famiglie, alla perdita del lavoro e al timore

dei genitori di utilizzare un servizio collettivo).

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