Primo Maggio a Portella della Ginestra: “Il lavoro strumento di giustizia sociale e lotta alla mafia”

Primo Maggio a Portella della Ginestra, Antoci (M5S): “Il lavoro strumento di giustizia sociale e lotta alla mafia”,  Giuseppe Antoci, capolista del M5S nella circoscrizione “isole” alle elezioni europee, a margine del corteo in memoria della strage di Portella della Ginestra a cui a partecipato col Presidente Giuseppe Conte.  Portella   della   Ginestra : Di Paola (M5S): Governo Meloni smembra Stato Sociale.  Il coordinatore regionale Cinquestelle: “Nostre battaglie tutto l’anno per maggiori tutele per i cittadini”. PORTELLA DELLA GINESTRA, 1 mag 2024 -  “Oggi con Giuseppe Conte abbiamo ricordato la strage di Portella della Ginestra avvenuta l'1 Maggio 1947. Un’occasione importante per ribadire l’importanza del diritto al lavoro come strumento di giustizia sociale e di lotta alla mafia. Il sud continua ad avere il più alto tasso di disoccupazione in Italia; tasso ancora più elevato tra le donne. E proprio nel disagio si insinua la criminalità organizzata. C’è fame di lavoro, di di

Festa del Tindari, là dove Carlo Meucci si mise a sedere sulla scala del Santuario della Madonna Nera

Festa della Madonna del Tindari: ogni anno nei giorni 7 e 8 settembre si celebra la Festa della “Bella Maria” del Tindari. Un appuntamento sempre molto atteso, che porta migliaia di fedeli in pellegrinaggio presso la Basilica Santuario. Là dove Carlo Meucci era già stato nelle sue peregrinazioni di ambulante; là si mise a sedere sulla scala del Santuario della Madonna Nera, tra gente semplice e accogliente, gente che non aveva forse mai sentito parlare di Antonio Meucci e dell’invenzione rubata, quella del telefono. E' la storia di Carlo Meucci, il figlio dell'inventore del telefono, pubblicata da Mimmo Mòllica nel volume «Meucci, il figlio del… telefono, mendicante a Tindari»

7 sett 2022 - Carlo Meucci, a Tindari, sentì forse d’essere arrivato: costruì alla meglio una baracca di legno e lamiere e sopra, con pennello e vernice scrisse “Al piccolo bazar di Carlo”, con mano incerta, come la sua esistenza. Un bel giorno Carlo Meucci capitò a Tindari, dove era già stato nelle sue peregrinazioni di ambulante; si mise a sedere sulla scala del Santuario della Madonna Nera, tra gente semplice e accogliente, gente che non aveva forse mai sentito parlare di Antonio Meucci e dell’invenzione rubata, quella del telefono. Carlo Meucci, a Tindari, sentì forse d’essere arrivato: costruì alla meglio una baracca di legno e lamiere e sopra, con pennello e vernice scrisse “Al piccolo bazar di Carlo”, con mano incerta, come la sua esistenza. 

Chi ha superato il mezzo secolo di vita potrebbe ancora ricordare Carlo Meucci, come molti lo ricordano, nella sua barba bianca da eremita e la chioma canuta e fluente. Antonio Meucci è possibile che non abbia mai visitato Tindari, col suo santuario e le sue vestigia greco-romane. Quel che sembra ‘assodato’ – però – è che là ci abbia vissuto a lungo un suo figlio. Un uomo con la barba bianca e la bontà innata e manifesta: Carlo Meucci, classe 1872. Molti, come me, lo hanno ben conosciuto e lo ricordano ancora.

Era il vecchio misterioso e gentile che non si poteva non incontrare arrivati in cima alla salita, proprio nella piazza del Santuario alla Madonna Nera di Tindari: nigra sum sed formosa. Nella piazza traboccante di collane, di nocciole e di devozione, quel personaggio accresceva il già cospicuo fascino del sacro luogo, dove una Madonna miracolosa non avrebbe certo abbandonato un figlio canuto e buono, esule di una storia ascoltata e riascoltata, ma mai definitivamente creduta, perché gli inventori (si sa) non sono mai profeti in patria, neppure quando la patria è già di per sé luogo di esilio.

Le testimonianze sono tante, tutt’oggi: “Ero ancora un ragazzino quando, a Tindari, conobbi il figlio di Antonio Meucci, il quale, benché vecchio, era costretto a vivere di elemosine (vendeva candele e medagliette sul sagrato della vecchia chiesa) perché un tale, di nome Bell, aveva soffiato al padre l’invenzione cardine del passato millennio: il telefono”, scrive Rosario Vieni su “La voce di Fiore”.

“A Tindari, un piccolo centro in provincia di Messina, sorge un Santuario dedicato ad una Madonna nera. La strada che sale per raggiungere il Santuario è costeggiata da bancarelle dove si vendono souvenir, (càlia e noccioline abbrustolite, ndr). In occasione di una gita, nei lontani anni sessanta, mi fu indicato il vecchietto proprietario di una di quelle bancarelle; questo signore si chiama Meucci - mi fu detto - ed è figlio di Antonio Meucci, l’inventore del telefono”.

“E’ certo che se Antonio Meucci, dopo avere inventato il telefono, avesse provveduto a brevettarlo, la sorte di suo figlio sarebbe toccata ai figli di Bell il quale, ormai non vi sono più dubbi, si impadronì proditoriamente dell’invenzione, diventando ricchissimo”. Così racconta Rosario Vieni su La Voce di Fiore. 
Ed ancora, si legge: “Le invenzioni sono considerate prodotti dell’ingegno e possono appartenere a chi le ha generate purché vengano, come si dice, brevettate. Il brevetto conferisce il diritto all’autore di trarne benefici economici attraverso royalties, come per i diritti di autore”.

Carlo Meucci, figlio di Antonino Meucci ed Ester Mochi, è morto a Tindari, nel Comune di Patti, in provincia di Messina, il 19 Giugno 1966, all'età di quasi 94 anni, come risulta ufficialmente dalle certificazioni dell’ufficio anagrafe di quel Comune.
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