56° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. L’89,7% degli italiani, pensando a pandemia, guerra e crisi ambientale, prova tristezza. Cresce la ripulsa verso privilegi ritenuti odiosi, le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e dei dirigenti, per le buonuscite milionarie dei manager, per i facili guadagni degli influencer, etc. E la malinconia si ‘impossessa’ del carattere degli italiani. È la fine del dominio onnipotente dell’«io», malinconicamente costretto a confrontarsi con i propri limiti.
03/12/2022 - Per Fagus, pseudonimo del poeta francese Georges-Eugène Faillet, “la malinconia resta l’appannaggio delle anime superiori”. Per Italo Calvino, uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento, “la melanconia è la tristezza diventata leggera”. Per Victor Hugo “la malinconia è la felicità di essere triste”, per Aristotele, filosofo, scienziato e logico greco (384 a.C.) “la malinconia è condivisa da tutti gli uomini di genio”.
Che privilegio, perciò, per noi italiani post-populisti del terzo millennio (+ 11,8 per l’inflazione, dati Istat) indulgere alla malinconia. Che onore!
Il Censis, infatti, nel 56° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese Italia mette in risalto come i grandi eventi della storia abbiano “fatto irruzione nelle microstorie delle vite individuali: il timore del terzo conflitto mondiale, la bomba atomica, che l’Italia entri in guerra.
Non una Italia sull’orlo di una crisi di nervi, ma in cerca di una profilassi per l’immunizzazione dai pericoli correnti. Inceppatisi i meccanismi proiettivi, che spingevano la società a fare sacrifici per diventare migliore, adesso indulge alla malinconia, tra de-globalizzazione e prove di friend-shoring all’italiana: riposizionamento del sistema economico.
I grandi eventi della storia hanno causato l’inceppamento dei meccanismi proiettivi e la malinconia sociale.
Ciò malgrado la nostra non è però un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi, ma le ambizioni e le speranze “della rampante società dei consumi, che in passato spingevano le persone a fare sacrifici per modernizzarsi, arricchirsi e imbellirsi, hanno perso presa e capacità di orientare i comportamenti collettivi”.
"Cresce perciò la ripulsa verso privilegi oggi ritenuti odiosi, con effetti sideralmente divisivi: per l’87,8% sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e quelle dei dirigenti, per l’86,6% le buonuscite milionarie dei manager, per l’84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l’81,5% i facili guadagni degli influencer, per il 78,7% gli sprechi per le feste delle celebrities, per il 73,5% l’uso dei jet privati".
Potrebbe sembrare del tutto negativo e forse lo è per coloro nei quali non prevalga “la voglia di essere se stessi, con i propri limiti”. Per gli italiani che “non sono più disposti a fare sacrifici: per quell’83,2% di italiani che piuttosto intendono “mettere in pratica le indicazioni di qualche influencer, per quell’81,5% che ama vestirsi alla moda, per chi tiene ad acquistare prodotti di prestigio, per il 63,5% che voglia sembrare più giovane per sentirsi più belli.
Il 36,4% degli italiani non è più disposto a fare sacrifici per fare carriera lavorativa e guadagnare di più.
Otto italiani su 10 non hanno voglia di fare sacrifici per diventare altro da sé.
L’89,7% degli italiani, pensando a pandemia, guerra e crisi ambientale, prova tristezza, e il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo.
“È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente dell’«io» sugli eventi e sul mondo, un «io» che malinconicamente è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando si tratta di governare il destino”.
Per dirla con Franco Califano “de tutto er resto che ne parlo a fa'? / È la malinconia è la malinconia... è la malinconia"...
m.m.
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