Istat. Più che dimezzato il ricorso alla cassa integrazione con causale Covid-19. Gli strumenti messi in campo dal Governo per assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali e il
sostegno delle imprese nel periodo di inattività durante l’emergenza pandemica hanno visto, nel corso
del biennio 2020-21, una rimodulazione delle prestazioni e nei livelli di copertura adeguati alle mutate
condizioni sanitarie e lavorative. 14/06/2023 - Nel secondo anno di pandemia, grazie al miglioramento del livello
generale delle condizioni di salute e alla ripresa economica, il legislatore ha potuto fissare un limite
temporale (30 giugno 2021) al ricorso della cassa integrazione ordinaria con causale Covid-19,
decretando così la fine del più importante strumento di sostegno economico emergenziale. Ciò ha
determinato un crollo verticale della platea di percettori di cassa integrazione con causale Covid-19: in
questo biennio si passa da 6,04 milioni a 2,56 milioni di titolari (rispettivamente pari al 97,4% e al 84,9%
di tutti i titolari di integrazione salariale). In termini relativi, le integrazioni salariali di natura
emergenziale coprono, rispettivamente nei due anni, il 37,4% e 17,3% della forza lavoro alle
dipendenze del settore privato.
Spesa sociale netta per integrazioni salariali Covid-19 ridotta di oltre un terzo
Si riduce di oltre un terzo la corrispondente spesa sociale netta: dal picco dei 9 miliardi di euro di
integrazioni salariali nette del 2020 si passa a 5,8 miliardi di euro nell’anno successivo. Gli importi medi
annui della cassa integrazione si attestano, rispettivamente nei due anni, attorno ai 1.495 euro e 1.916
euro a persona. Nel primo anno di pandemia le integrazioni salariali risultano più intense nei settori:
Alloggio e ristorazione (50,3% dei lavoratori del settore), Industria in senso stretto (49,3%) e Costruzioni
(48,3%), mentre interessano solo marginalmente il settore delle Attività finanziarie e assicurative (8,9%)
e l’Agricoltura (5,2%).
Alloggio e ristorazione si conferma al vertice
Nel secondo anno di pandemia il settore Alloggio e ristorazione si conferma al
vertice di chi ne fa maggiore uso (33,6%), seguito dal settore delle Costruzioni (24,3%), dei Trasporti
(19,9%) e del Commercio (19,6%). Durante lo stesso biennio il ricorso alla cassa integrazione cala
soprattutto nelle aree geografiche del Nord-est (-24,1%), Nord-ovest (-23,2%) e del Centro
(-20,6%), in misura inferiore nel Mezzogiorno (-12,7%). Più marcata la riduzione della cassa
integrazione tra i lavoratori di cittadinanza italiana (-21,1%) rispetto agli stranieri (-12,1%)
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