INDICATORI DEMOGRAFICI | ANNO 2023
Popolazione quasi stabile
grazie alle immigrazioni dall’estero
Natalità in discesa, mortalità in forte calo: sei neonati e 11 decessi per
1.000 abitanti.
Più immigrati e meno emigrati dell’anno precedente: il saldo migratorio
netto sale da +261mila nel 2022 a +274mila nel 2023.
Calo demografico più sensibile nei Comuni delle Aree interne del
Mezzogiorno: variazione di circa il 5 per mille in meno sull’anno precedente;
riduzione della popolazione in quattro comuni su cinque.
Popolazione residente straniera in crescita: 5 milioni e 308mila individui
al 1° gennaio 2024, +166mila sull’anno precedente.
Popolazione residente in lieve diminuzione. Al 1° gennaio 2024 la popolazione residente in Italia è pari a 58 milioni 990mila unità (dati provvisori),
in calo di 7mila unità rispetto alla stessa data dell’anno precedente (-0,1 per mille abitanti).
Confermando quanto già emerso nel 2022 (-33mila unità) prosegue il rallentamento del calo di
popolazione che, dal 2014 al 2021 (-2,8 per mille in media annua), ha contraddistinto il Paese nel suo
insieme.
La variazione della popolazione nel 2023 rivela un quadro eterogeneo tra le ripartizioni geografiche. Nel Mezzogiorno la variazione è negativa, peraltro consistente nella misura del -4,1 per mille. Nel
Nord, invece, la popolazione aumenta del 2,7 per mille. Stabile quella del Centro (+0,1 per mille).
Meno di un figlio per donna in Sardegna
Il Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,42, continua a detenere il
primato della fecondità più elevata del Paese, sebbene sia tra le regioni con la variazione negativa
maggiore rispetto al 2022 (1,51). Seguono Sicilia e Campania, con un numero medio di figli per
donna rispettivamente pari a 1,32 e 1,29 (contro 1,35 e 1,33 nel 2022). In queste tre regioni le neo-
madri risultano mediamente più giovani che nel resto del Paese: 31,7 anni l’età media al parto in
Sicilia; 32,2 anni in Trentino-Alto Adige e Campania.
La Sardegna continua a essere la regione con la fecondità più bassa.
Stabilmente collocata sotto il
livello di un figlio per donna per il quarto anno consecutivo, nel 2023 si posiziona a 0,91 figli (0,95 nel
2022).
Nel panorama generalizzato di una fecondità bassa e tardiva, estesa a tutte le aree del Paese, con
differenze lievi tra le tre ripartizioni, si evidenziano condizioni di eterogeneità, anche all’interno di una
stessa ripartizione geografica. Nel Mezzogiorno, ad esempio, coesistono regioni con più alta
fecondità (Sicilia, Campania e Calabria) e regioni con livelli minimi (Sardegna, Basilicata e Molise).
Nel Nord, tre regioni su quattro del Nord-ovest (Valle d’Aosta/Vallée d'Aoste, Liguria, Piemonte)
evidenziano una fecondità al di sotto della media nazionale (1,20 figli per donna), mentre tutte quelle
del Nord-est ne evidenziano una al di sopra. Più coeso il Centro, dove solo le Marche, con un tasso di
1,17 figli (unica a presentare un minimo vantaggio rispetto all’1,16 del 2022) si distingue leggermente
da Toscana, Lazio e Umbria (1,12, 1,11 e 1,10 figli rispettivamente).
Palermo (1,39), Reggio Calabria (1,37), Ragusa (1,36) e Catania (1,36)
Scendendo a livello provinciale, il più alto numero medio di figli per donna si registra nella Provincia
Autonoma di Bolzano/Bozen (1,56), che presenta però una significativa discesa rispetto al 2022 (era
1,64). Seguono le Province di Gorizia (1,42), Palermo (1,39), Reggio Calabria (1,37), Ragusa (1,36) e
Catania (1,36). Tutte le Province sarde, ai minimi nazionali, presentano una fecondità inferiore al figlio
per donna: da quelle di Cagliari e del Sud Sardegna (0,86 per entrambe) a quelle di Oristano (0,93),
Sassari (0,95) e Nuoro (0,99). A queste seguono la Provincia di Massa Carrara (1,02), nel Centro, e
quella di Verbano-Cusio-Ossola (1,06), nel Nord.
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