Pompei è un modello scientifico. La conferma arriva dalla Conferenza "POMPEI · 79 d.C. questioni di metodo e di narrazione storica", voluta da Archeoclub d’Italia con il Parco Archeologico di Pompei e ideata dall’archeologa Helga Di Giuseppe. Trovate tracce dell’eruzione che coprì Pompei anche sui fondali marini al largo della Calabria a 600 metri di profondità. L’attività di ricerca dell’Università di Palermo. 23/11/2025 - “Abbiamo condotto degli studi in collaborazione con l'Università di Napoli e con il CNR ed abbiamo effettuato delle campagne oceanografiche prelevando delle carote di sedimento come, per esempio, nel Mar Tirreno al largo della Calabria, a centinaia di chilometri dal vulcano Vesuvio, confrontandole con le carote studiate nel mar Ionio e nel canale di Sicilia.
Dall’analisi dei sedimenti è emersa la presenza di un livello cineritico di origine vulcanica legato alla esplosione del Vesuvio del 79 d.C. nella carota del Tirreno meridionale. Questo significa che le ceneri della nube vulcanica sono state trasportate dal vento verso sud-sud-est a centinaia di chilometri di distanza e si sono depositate in fondo al mare.
La carota di sedimento del Tirreno meridionale è stata prelevata ad oltre 600 metri di profondità, datando il livello con il metodo del Carbonio-14. I dati ottenuti confermano l’origine del livello cineritico proveniente dal Vesuvio, l’eruzione che ha distrutto Pompei ed Ercolano.
Quindi i resti dell’eruzione del Vesuvio non si trovano soltanto vicino Pompei, ma ci sono tracce in tutto il bacino tirrenico nel versante esposto alla direzione del vento. Ovviamente la dispersione delle ceneri dipende dalla direzione del flusso e del vento. Dai sedimenti della carota raccolta nel Tirreno meridionale, che copre gli ultimi 15.000 anni, abbiamo ottenuto anche dati paleoclimatici grazie ad analisi geochimiche ed utilizzando i microfossili. Abbiamo notato che subito dopo l’eruzione del Vesuvio è presente una piccola diminuzione della temperatura.
Molto spesso le eruzioni vulcaniche di notevole importanza possono modificare le condizioni climatiche causando una diminuzione della temperatura media del pianeta. Questo perché la notevole quantità di cenere eruttata nell’alta atmosfera può creare delle modifiche al sistema meteorologico". Lo ha affermato Antonio Caruso, paleoclimatologo e docente di Paleontologia e Paleocologia presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche dell'Università di Palermo, intervenendo alla conferenza internazionale: "POMPEI · 79 d.C. questioni di metodo e di narrazione storica". Lo ha affermato Antonio Caruso, paleoclimatologo e docente di Paleontologia e Paleoecologia presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche dell'Università di Palermo, intervenendo alla conferenza internazionale : "POMPEI · 79 d.C. questioni di metodo e di narrazione storica", all’Antiquarium di Boscoreale organizzata dal Parco Archeologico di Pompei in collaborazione con la Casa editrice Scienze e Lettere e l'Archeoclub d'Italia.
Dal possibile studio dei pollini potrebbe arrivare la risposta alla datazione dell’eruzione del 79 d.C.!
" Il calendario astronomico che si usava nel 79 d.C. era simile a quello che oggi noi usiamo solo con piccole differenze. Dal punto di vista astronomico, per esempio l'equinozio di primavera ricadeva il 22 marzo – ha concluso Caruso – mentre quest’anno è caduto il 20 marzo. Il solstizio d’estate cadeva il 24 giugno mentre l'equinozio di autunno era il 24 settembre. Questi dati indicano una minore durata del periodo del semestre primavera -estate con una differenza di 3 giorni rispetto a quello che avviene oggi, queste differenze sono legate al fenomeno della precessione degli equinozi che modifica i giorni degli equinozi e del solstizio.
Il problema è legato alla posizione della Terra durante la rotazione attorno al Sole, perché la posizione astronomica e la distanza dal sole si modificano proprio per il fenomeno della precessione e questa erano diverse rispetto a quelle di oggi, con conseguenze di tipo climatico e meteorologico.
Si è visto che la posizione della terra e la sua distanza dal Sole hanno un impatto fondamentale sulla durata delle stagioni e sulla temperatura media del pianeta. La modifica della distanza terra-sole influenza la quantità di radiazione solare ricevuta dalla terra e questo può determinare anche temperature più base durante l’estate. Oltre a questo fenomeno contribuisce anche l'attività delle macchie solari, che è ciclica con cicli di 11 anni, e in linea di massima una minima attività delle macchie solari corrisponde ad una minore quantità di insolazione ed a temperature più basse, con valori di 0.5-1.5 gradi di temperatura media.
Occorrerebbe ottenere le temperature medie comprese tra l’anno 0 e l’anno 100 d.C. nell’area del Mediterraneo centrale, in modo da verificare i trend di oscillazione e metterli in relazione con il fenomeno delle macchie solari. Questo tipo di studio è stato in parte svolto dal mio gruppo di ricerca, in collaborazione con ricercatori del CNR di Napoli e dell’Università di Roma “La Sapienza”. Ovviamente occorre recuperare altri dati per risolvere in modo definitivo il problema, magari studiano la dendrocronologia di alcuni tronchi di albero ritrovati nei siti di Ercolano, oltre a studiare i pollini contenuti nei sedimenti continentali provenienti dai laghi dell’Italia centro-meridionale per verificare eventuali modifiche nella vegetazione e poter risalire alla “paleotemperatura” durante il 79 d.C. ".
Antonio Caruso - paleoclimatologo e docente di Paleontologia e Paleoecologia presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche dell'Università di Palermo: “Abbiamo condotto degli studi in collaborazione con l'Università di Napoli e col CNR e abbiamo effettuato delle campagne oceanografiche prelevando delle carote di sedimento, per esempio nel Mar Tirreno al largo della Calabria, a centinaia di chilometri dal vulcano Vesuvio, confrontandole con le carote studiate nel mar Ionio e nel canale di Sicilia. Dall’analisi dei sedimenti è emersa la presenza di un livello cineritico di origine vulcanica legato alla esplosione del Vesuvio del 79 d.C. nella carota del Tirreno meridionale. Questo significa che le ceneri della nube vulcanica sono state trasportate dal vento verso sud-sud-est a centinaia di chilometri di distanza e si sono depositate in fondo al mare.
La carota di sedimento del Tirreno meridionale è stata prelevata ad oltre 600 metri di profondità, datando il livello con il metodo del Carbonio-14. I dati ottenuti confermano l’origine del livello cineritico proveniente dal Vesuvio, l’eruzione che ha distrutto Pompei ed Ercolano!".
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