Casteldaccia: la morte di 5 operai lascia sgomenti, ennesimo incidente sul lavoro grave e inaccettabile

Incidente sul lavoro a Casteldaccia: cinque lavoratori perdono la vita e un sesto è in gravi condizioni. La Cisal indice per domani, martedì 7 maggio, uno sciopero generale di 4 ore nel settore privato, a partire dall’inizio del turno di lavoro, "mentre dalle 9 terremo un sit-in di fronte alla Prefettura di Palermo”.   Palermo, 6 maggio 2024 – "L'incidente sul lavoro che a Casteldaccia, in provincia di Palermo, ha portato alla morte di cinque operai e al ferimento di un sesto, ci lascia sgomenti. Esprimiamo cordoglio e vicinanza alle famiglie dei lavoratori coinvolti e chiediamo che si accertino al più presto le cause di questo ennesimo incidente sul lavoro, grave e inaccettabile. La sicurezza sul lavoro è un'emergenza nazionale e come tale va affrontata a ogni livello, coinvolgendo sindacati, imprese e istituzioni". Lo dicono Giuseppe Badagliacca e Daniele Ciulla di Federerenergia Cisal in merito all'incidente sul lavoro avvenuto a Castaldaccia, nel Palermit

FICARRA / I GAGINI ALLA CORTE DEI MECENATI FICARRESI

26/08/2009 – di Giuseppe Alibrandi - Passeggiando per Ficarra e imboccata via Chiesa Madre, il viaggiatore turista studioso giornalista freelance , attardatosi su quel palcoscenico che è la piazza umbertina, vera o presunta cavea rivolta verso le creste dei Nebrodi, da cui mirare un paese che va in scena con i giochi a nascondere dei suoi campanili e dei suoi archi gettati a racchiudere i portali dell’antico convento, è attanagliato dalla decisine biforcuta di proseguire in fondo al prescelto itinerario gaginiano che porta a P.zza S. Caterina o deviare per il Rosario e andarsi a nascondere nella stanza dello scirocco tra le mura del Palazzo Milio-Ficarra immaginando di essere a casa Piccolo passeggiando tra le gigantografie dei fratelli Lucio e Casimiro sperando che spiri quel vento di Soave che dischiuda la mente alla comprensione delle liriche barocche o che leggero trasporti un tenue scrocco di cassaforte per la fuoriuscita di un fantasma sognato da Casimiro.

La decisione è presa ed è quella di visitare in punta di piedi la Madre Chiesa dell’Annunciazione concentrato dell’arte dei Gagini , senza disturbare l’ora del Rosario intonato da freshe e chiare voci femminili. Localizziamo palliotto, sacelli, ciborio e statue del Gagini padre Antonello e del figlio Antonino che con le famiglie di mecenati ficarresi stipularono contratti d’opera che onorarono nelle botteghe di Palermo fino al giorno della loro morte.

E allontanandoci con dentro alle orecchie la musica delle litanie lauretane ci imbuchiamo dentro a uno di quei vicoli medievali dove, all’ora del vespro, spira quel vento di Soave che non è quello mitico della poesia piccoliana, ma un dolce zefiro che viene dalle creste dei Nebrodi e ti accarezza alle spalle e ai capelli come fruscio di seta mentre sul cortile del Palazzo Milio-Ficarra scopri una falce di luna calante appesa sulle colline delle Mille luci dei paesini dei Nebrodi che si accendono nell’incipiente notte come lanterne cinesi.

Mentre ti interroghi a chi mai sia dovuto questo concentrato d’arte ti rispondi che qui a Ficarra, come nel resto d’Italia del Cinquecento, si sviluppò quel mecenatismo delle famiglie della Baronia che gareggiavano in queste imprese d’arte che si concludevano nelle commissioni affidate ai Gagini. Certo non era la corte di Urbino dove i Guidobaldo, nello stesso periodo, commissionarono il bel San Giorgio con la giarrettiera, omaggio al Re g’Inghilterra, ad un allora sconosciuto Raffaello. Era semmai Palermo a competere con le Corti rinascimentali d’Italia. Ficarra da quel centro minore d’arte che fu ebbe le famiglie Piccolo, Cardinali, Maraffa che popolavano le terre dei Lanza e che indotarono le chiese della terra del Ficarra.

A questo punto bisogna fare un passo indietro e chiederci con quale guida o beadeker il nostro viaggiatore si è avventurato nel suo percorso gaginiano e come fu che i Gagini arrivarono nella terra di Ficarra. Non conosco altra guida al di fuori del Di Marzo che nei suoi due voluni “ I Gagini e la scultura in Sicilia” ( Palermo, 1884) riporti tutte le opere che i Gagini produssero per la terra di Ficarra con i relativi contratti d’opera, contratti che non sono rinvenibili quando si passa alla terra della Giusa, ma che stranamente, trattandosi di Ficarra, i due curatori più conosciuti, e accreditati, Princiotta e Lo Castro, escludono dai loro itinerari gaginiani, forse perchè al tempo della loro edizione ( 1988) Ficarra non faceva parte di quel Consorzio politico presieduto da Antonino Di Blasi. Un grave torto fatto certamente all’Arte oltre che ai Gagini e a Ficarra. Torto al quale non intendo riparare col riproporre questa storia gaginesca che semmai è il vento più nobile di Soave a ispirare.

Fu una vigna e il suo vino prodotto nella città di Carini che spinse i commerci del Gagini padre, oltre le terre di Palermo. Racconta il Di Marzo che Antonello Gagini si mise in società con Matteo Sarzana per commercializzare i vini della vigna di Carini, un investimento che aveva fatto con i proventi derivanti dalla sua arte. Secondo l’atto stipulato in Palermo il 6 luglio 1527, l’accordo tra i due era quello di imbarcare i vini della vigna di Carini e venderli a Brolo, nelle terre dei Lancia, il cui feudo si estendeva fino alle terre di Ficarra, Galati, Longi, Piraino. Il commercio in vini divenne occasione per commesse di nuove opere. Quella del commercio era una vocazione di famiglia al pari dell’arte. Famiglia di cavatori di marmo, divennero scultori passando dal mazzuolo al bolino.

Ma è soprattutto in terra di Ficarra che si concentra la produzione artistica del Gagini e tra le commissioni affidategli di opere, da allocare nella Chiesa dell’Annunziata o di Santa Maria del Gesù, ci sono le famiglie dei Piccolo, Cardinali, Maraffa e dei baroni Lanza. Per la terra di Ficarra l’artista lavorò fino al giorno della sua morte.

Tutte le opere destinate alla terra della Ficarra furono perfezionate per pubblico strumento, il primo dei quali fu quello dato in Palermo a 23 giugno del 1514 col quale promise ad Antonino Piccolo della terra di Ficarra un tabernacolo di marmo bianco con sportello dorato per il riparo delle reliquie nella Chiesa dell’Annunziata per detta commessa ne ricevette once 14 ( L. 178,50) a compimento di prezzo.

Per il Di Marzo, che sicuramente fu a Ficarra per avere contezza de visu di dette opere o di almeno quelle visitabili, le medesime non appartengono al periodo messinese, dove all’inizio della sua venuta fu conosciuto come abile cavatore di marmi e di scarpellino, ma dacchè fu a Palermo e solo a partire dal 1514, gli si possono attribuire statue o altre opere scolpite.

Al periodo di Mirto e Tortorici, il 1530, quando lavorò a un tabernacolo per la terra di Mirto, un soggetto simile a quello eseguito per la Chiesa San Nicolò di Tortorici, appartiene un’altra opera per la terra di Ficarra come risulta da procura agli atti di notar Gianandrea Lucido a 12 agosto 1528 col quale istituì suo procuratore tal Colonna della terra di Naso perché esigesse dal suo debitore, tal Guglielmo Cardinali della terra di Ficarra, once otto e tarì dieci. Non è dato sapere con evidenza quale opera il Gagini abbia eseguito per Ficarra e del cui prezzo gli era debitore il Cardinali. Era L’Annunziata in marmo l’opera commessagli? Quella statua che trovasi nella cappella di sinistra dell’abside della Chiesa Madre, per tradizione, è arrivata in Ficarra da Palermo nel 1507.

Né d’altro canto l’opera, per la quale avrebbe lavorato il Gagini dal 1525 al 1528, destinata alla terra di Ficarra pare che possa essere l’elegante ciborio o tabernacolo in marmo che si ammira nella detta chiesa. Sembrerebbe tutt’altro lavoro da quello commissionato dal Cardinali.

Lo stesso giorno in cui si obbligò per una statua di Santa Caterina in Castroregale, 30 luglio 1534, si obbligò con Geronimo Lanza, barone di Ficarra, a scolpire per tale Gaspare Maraffa, su suo disegno, un tabernacolo di marmo alto 1.55 e largo 1.29 per il prezzo pattuito di once 25, di cui 10 anticipate e 15 a saldo nel dì della consegna per il Natale del medesimo anno. Non v’è dubbio che possa essere quel leggiadrissimo ciborio o custodia di marmo che oggi si vede nella Chiesa del sacramento di Ficarra con ai lati gli apostoli Pietro e Paolo e nel catino sopra l’altare l’Eterno Padre assiso nella gloria degli angeli. Tutto in puro stile del cinquecento e di scuola gaginiana con l’iscrizione: Hoc fecit Mag. Gaspar Maraffa Ficarrae 153vi.

E’ evidente esser il medesimo tabernacolo allocato da Antonello nel 1534, comunque sia stato finito e consegnato, essendo l’anno 1536 quello in cui fu collocato, l’istesso in cui “ terminò egli in sul meglio il glorioso corso della sua vita.”

Il figlio Antonino per pubblica convenzione, data il 6 febbraio 1544 depositata dal nobile Pietro d’Affitto e Caruso in nome e da parte del cognato Enrico Lanza, barone di Ficarra, si impegnava per una statua della Madonna di Loreto, col putto in grembo, che per testamento di donna Giovanna Lanza doveva collocarsi nel convento di Santa Maria del Gesù e con a destra San Francesco e a sinistra le armi dell’ordine suo serafico, statua in tutta uguale a quella esistente nella chiesa di San Francesco in Palermo. Lo scultore era tenuto alla consegna entro i 15 gg e pel prezzo di once 25 ( L.318,75) di cui 4 di anticipo e a 14 luglio ne ricevette altre 15 del restante prezzo, sicuramente a consegna già avvenuta.

“Nella cappella a destra della maggiore –si legge nella nuova Guida rossa della Sicilia edita dal Touring( 2005) e distribuita da La Biblioteca di Repubblica- ricca di stucchi e con cancellata di ferro battuto, opera dei Lancia ( sc.XVII) bella statua marmorea dell’Annunciata di Antonio Gagini ( 1544) in una nicchia e, a sin. Angelo Annunciante; nella parete destra piccolo tabernacolo rinascimentale.”

L’effetto scenico questa volta non è del paesaggio, ma del sacro, trasferito secondo il modello della scena greca, non estraneo al modello gaginesco col misero mano anche al Duomo di Palermo.

Elenco delle opere commissionate al Gaggini nelle terre dei Lancia.

- Nostra Donna in marmo nella Terra del Salvatore, 18 0ttobre 1527, commissionata da Domenico La Franchina

- Tabernacolo in marmo per Mirto, 28 marzo 1530

- Un ciborio per Ficarra in data 12 agosto 1528, che ha da essere conforme a quello di Tortorici del 28 novembre 1527

- Antonello Gaggini addì 6 febbraio 1543 si obbliga per una statua della Madonna di Loreto per il convento di Santa Maria del Gesù in Ficarra

- In data 14 maggio 1538 vende custodia sacramento per Patti con procura a Cincio Monteleone a incassare il prezzo per procura.

Giuseppe Alibrandi

( 1- Continua)

Commenti