Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

TELEGIORNALI: SE TONI DI VOCE ‘ARRAGGIATI’ E AGGRESSIVI SFIDANO LO SPETTATORE PAGANTE

Telegiornali: dovere ‘gestire’ toni vocali sgradevoli e la dizione romanesca è davvero pesante. Senza considerare i contenuti certe voci sembrano davvero ‘arraggiate’ (arrabbiate e aggressive), come se la colpa dell’accaduto fosse nostra. Seppure in guerra invochiamo maggiore rispetto per le orecchie e la testa di chi ascolta il telegiornale
27/09/2011 - Il telegiornale finisce che siamo… sfiniti, anche per il trambusto che scatena l'urgente ricerca del telecomando. Senza volere generalizzare, dovere ‘gestire’ 3 volte al giorno almeno (ai pasti) toni vocali insopportabili o sgradevoli e dizione forzosamente romanesca è davvero un’impresa.
Ciò senza considerare i contenuti e altri fattori legati alla forma e non solo: il discorso si allargherebbe e diverrebbe ‘politico’.

Non si vuole dileggiare la bella parlata romana o tornare alla bella dizione di un tempo, né alla bella calligrafia, ma certe voci dei telegiornali (femminili in particolare) sembrano ‘arraggiate’ (arrabbiate e aggressive), come se la colpa dell’accaduto impetuosamente descritto fosse nostra. Ci sono 'toni vocali d’ordinanza' che seppure in guerra ammetterebbero maggiore rispetto dei fatti, per chi ascolta e per gli stessi esiti descritti, spesso tragici e/o funerei.

Il tono della voce, il modo di porgere, l’interpretazione, il rispetto dell’ascoltatore, etc., non fanno forse parte del mestiere? Non sono le prerogative, la professionalità e l’abilità che l’attore ha il dovere di profondere nelle sue performances?

Perché il 'giornalista-lettore' (sia tv che radio), talora, non sente il dovere e il piacere di porgersi allo spettatore con professionalità e compostezza interpretativa? Non è forse intrattenimento pure quello, come lo è ogni evento legato all’immagine in movimento, al suono organizzato, al mondo dell’informazione e della conoscenza?

Perché (se non lo è) non è prevista una ‘scelta interpretativa' (oltrechè una formazione) che confermi a ciascun telegiornale un ‘taglio artistico', come avviene per quello redazionale e politico? Lo spettatore è forse solo un utente al quale 'rendere conto', come spesso si sente nel linguaggio giornalistico? Ma 'rendere conto' vuol dire solo "io ti dico la notizia, tu mi ascolti e stai zitto"? O 'rendere conto' è una attitudine che coinvolge le emozioni, il rispetto, il gusto, etc?

Non intendiamo rifarci a tg d’oltralpi ma rimanere in Italia, dove abbiamo modo di apprezzare ogni giorno giornalisti e ‘prodotti giornalistici e informativi’ di elevata qualità e prestigio, ma pure guerresche e ‘arraggiate sortite' che sfiancano il ‘nemico’ (il telespettatore) e lo inducono a catapultarsi sul telecomando per ‘smorzare’ l’arraggiatura o sintonizzarsi sul tg di Montenervino di Sotto, pur di sottrarsi a simili 'trattamenti'.

Del resto, te ti pagano per scatenarti su di me, povero spettatore, 'e io pago’!

Artemio Li Causi
Bardonecchia

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