
23/11/2011 – Un compito di rilevante importanza va riconosciuto all’editoria locale, o piccola editoria, per il ruolo che svolge nei contesti territoriali dove opera, contribuendo all’affermazione dell’identità culturale dei luoghi, del patrimonio umano e artistico. Non di rado scrittori ed eventi letterari sono nati dalla cosiddetta ‘piccola editoria’.
Spesso, purtroppo, a tale ruolo non viene riconosciuta l’importanza che riveste e il suo sostentamento può essere difficoltoso e i guadagni poco gratificanti.
Vi è però un aspetto che non soltanto non premia la piccola editoria ma contribuisce ad invalidare il livello qualitativo dell’offerta e delle volte a fare scadere oltre l’accettabile il ruolo, il compito e il prodotto del piccolo editore. Con questo non si intende affatto generalizzare, tutt’altro.
Considerati - infatti - i bassi costi di stampa, sembra che questo comparto della comunicazione
‘culturale’ si sia fatto appetibile per chi fosse in cerca di
nuove esperienze, di
diverse emozioni o addirittura per chi sentisse il bisogno di risciacquare in Arno un passato pubblico o familiare non troppo esaltante, un presente da affondare nella calce viva nel tentativo di conferirgli candore. Elementi che non concorrerebbero ad invalidare per un preconcetto la grandezza dell’opera letteraria, se a mancare non fosse proprio la grandezza.
L’innalzata scolarizzazione - del resto - consente ormai a chi lo voglia di esprimersi in sostanziale lingua italiana che, quando non bastevole, può sempre venire affidata ad amici di famiglia o persone ‘care’, che provvedono a bonificare “l’opera dell’ingegno”, cercando di renderla se non altro presentabile sotto l’aspetto formale.
Altre volte l’opera del futuro scrittore viene direttamente fornita dal produttore… al consumatore: scritta cioè da altri. Tali opere non saranno mai acquistate in libreria, ma imposte alle ‘vittime’ per amicizia, per favore o in omaggio.
Così è come se casalinghe o spose insoddisfatte e in fuga, fanciulle dalla fama oscura in cerca di bonifica, ancelle ormai troppo sgamate nell'ambiente in cui hanno deteriorato e liso il proprio
curriculum, per inguini sempre frenetici o fumanti, andassero aggirandosi febbrili per cercare subdolamente di
fare dono delle proprie virtù avventizie al mondo della letteratura italiana, eventualmente mimetizzandosi indifferentemente nella qualità di scrittore/ice, tecnico delle scale mobili o maresciallo maggiore con delega alle scalate bancarie e al volantinaggio da parabrezza.
Del resto, si è sempre detto: "Una mano lava l'altra e tutte e due lavano il vetro".
Marcello Marchesi in proposito la pensava con questo aforisma: “La moglie del barone è baronessa ma la moglie del poeta non è poetessa”.
m.m.
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Sì, è vero, proprio così.
RispondiEliminaPare che nel nostro territorio, all'improvviso, si stia verificando un preoccupante fenomeno di esternazione letteraria compulsiva...
Quanto alla qualità, certo, palati esigenti storcono il naso davanti ad "opere" che farebbero rivoltare nella tomba quelli che possono davvero fregiarsi del titolo di 'scrittore', oltre che far desiderare ai contemporanei, autenticamente meritevoli di appartenere a categorie letterarie, il desiderio di prendere le distanze, tracciando un solco profondo di separazione da certe paccottiglie circolanti, spacciate per opere letterarie.
Non basta pubblicare un libro per diventare scrittori. Quando, al contrario, si può a pieno titolo esserlo senza avere mai avuto la presuntuosa velleità e l'immodestia di dare qualcosa alle stampe.
Contenuti spesso banali e scadenti, forma italiana bistrattata, fanno da ingredienti a questa smaniosa e malsana corsa verso la costruzione di un appannaggio di effimera celebrità, nell'illusione di accreditarsi,con un'immagine, che, unicamente per il trionfo del bieco provincialismo, conferisce la pia illusione di innalzare il protagonista su piedistalli di sabbia. Effimeri e inutili, quanto 'l'opera'.
E così vorresti fare lo scrittore
RispondiEliminaE così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
Se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
Se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perchè vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
Se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
Se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
Se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro,
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
Non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento.
Le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te.
Non aggiungerti a loro,
non farlo,
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
Quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.
Non c'è altro modo
e non c'è mai stato.
Charles Bukowski