Stretto di Messina: filmato squalo bianco di tre metri vicino alla spiaggia

Reggio Calabria, filmato squalo bianco femmina di oltre tre metri a pochi metri dalla spiaggia. Due pescatori diportisti hanno ripreso l'esemplare dalla loro barca 29/04/2024 - Lo Stretto di Messina è un habitat ideale per la riproduzione degli squali. E con l’avvicinarsi della stagione estiva è tempo di bagni. E per i più fortunati l'occasione di tuffarsi in mare è quanto mai vicina. Ma la recondita paura di vedersi galleggiare intorno una pinna a filo dell'acqua a volte riaffiora, è proprio il caso di dirlo, un pochino nella testa di tutti noi. Stavolta è accaduto davvero vicino la riva di Reggio Calabria, più precisamente nelle acque di fronte la località Pentimele, nella periferia Nord di Reggio, il 24 aprile 2024.   «Questo è uno squalo bianco», dicono meravigliati i pescatori mentre osservano ciò che accade dinanzi la loro barca”. Nelle immagini registrate si vede il pescecane girare nelle vicinanze della barca, forse a causa delle esche gettate in acqua, per poi ripr

WEFREE DAYS. TARANTOLA (RAI): IL RUOLO DEI MEDIA NELLA LOTTA ALLA DROGA

San Patrignano, 8 ottobre 2012 - Buongiorno a tutti. Sono felice e onorata di essere qui oggi. Quando la dottoressa Letizia Moratti mi ha chiesto di partecipare ai “WeFree Days” alla sezione “Educazione e Informazione” ho accettato d’impulso per l’importanza, il rilievo dell’iniziativa. Ma non vi nascondo che via via che si avvicinava la data dell’incontro è andata crescendo la preoccupazione sul cosa dire di utile, di originale sul ruolo dei media visto che non ho un’esperienza di lungo corso essendo Presidente della Rai da poco tempo.
Ragionando sul tema, ho pensato di analizzarlo con riferimento a tre aspetti, conoscere, creare, collaborare-coinvolgere che, a mio avviso, sintetizzano cosa possono fare i media per contribuire a contenere il disagio giovanile, a prevenire e contrastare l’uso delle droghe, aiutando i ragazzi a centrare la propria vita e ad essere padroni del proprio destino. Le droghe e tutte le forme di dipendenza sono piaghe che non consentono ai singoli di sviluppare i propri talenti, di vivere appieno le emozioni che la vita riserva loro, di non avere quelle soddisfazioni che arrivano sempre alla fine di un impegnativo ma onesto lavoro.

Conoscere
La droga, come tutte le dipendenze, ha un triplice effetto devastante che tutti dovrebbero avere ben presente: sui singoli individui che ne diventano schiavi, perdendo la salute e la libertà; sulla società che vede ridursi il capitale umano e sociale di cui può disporre; sull’attività economica che viene inquinata dalla criminalità che gestisce e controlla il “mercato” delle droghe e condizionata nelle sue possibilità di sviluppo.
Le mafie realizzano ingenti fatturati: alcune stime sul fatturato del “mercato della droga” effettuate utilizzando congiuntamente dati amministrativi e risultati di indagini indicano per il 2010 un valore pari a circa 24 miliardi di euro. Buona parte dei profitti viene riciclata in attività legali producendo inquinamento e distorsione nell’economia legale consentendo ai criminali di inserirsi in attività lecite, di corrompere, in un certo modo, di decidere quale territorio, quale regione del Paese debba rimanere nell’arretratezza o avere meno sviluppo. Il fenomeno è pervasivo e diffuso in tutte le regioni anche se – sulla base dell’indicatore ottenuto dal numero medio di notizie di reato per stupefacenti ogni 100.000 abitanti - la diffusione risulta più marcata nelle province del Centro e Nord, rispetto al Mezzogiorno; appare significativamente legata alla ricchezza del territorio (reddito pro-capite) più che alla diffusione della criminalità organizzata.
L’effetto è devastante e tanto più preoccupante se pensiamo che la maggior parte delle vittime sono persone di età compresa fra i 30 e i 40 anni. Uomini e donne che dovrebbero essere nel pieno della loro vita affettiva e lavorativa.
Secondo le stime disponibili, nel 2009 tre milioni di Italiani consumavano regolarmente sostanze stupefacenti, mezzo milione erano “consumatori problematici”, ossia consumatori abituali di cocaina, oppiacei o amfetamine con una lunga storia di uso alle spalle. A queste stime si affianca la percezione - peraltro non sostenuta da valutazioni quantitative affidabili - di una forte diffusione del fenomeno fra i giovani.
La stima della diffusione del consumo di droga non è semplice, è resa complessa dalla difficoltà di definizione dei “confini” (ad esempio, fra uso e abuso), dal ricorso dei consumatori a differenti sostanze psicotrope, illegali e legali, dall’aumento del consumo senza prescrizione dei farmaci anche da parte di giovanissimi, spesso insieme all’alcool.
L’indagine svolta nel 2010 dal Dipartimento per le Politiche Antidroga con L’Università di Roma Tor Vergata su un campione di circa 38 mila studenti delle scuole secondarie ha messo in luce che il 27 per cento degli alunni (di tutte le età) ha provato almeno una sostanza prima dell’intervista; il 22 per cento negli ultimi dodici mesi e il 14 per cento negli ultimi trenta giorni. Un terzo di questi ultimi ha usato droghe prima dei 15 anni: in generale cannabis, ma anche tranquillanti e cocaina. Il consumo aumenta con l’età ed è maggiormente diffuso tra quanti hanno scarso rendimento scolastico. Questo lascia ritenere che fra i giovani che abbandonano precocemente la scuola il consumo sia maggiore. L’ampia diffusione appare legata allo spostamento della sottocultura della droga dall’area della devianza a quella degli spazi-tempi aggregativi e ricreativi, al conseguente abbassamento della riprovazione sociale e alla limitata percezione dei rischi connessi all’uso/abuso.Sono ormai numerosi gli studi in ambito medico e socio-economico che testimoniano come uno dei maggiori elementi che determina la scelta dei giovanissimi di consumo di droga (al pari di alcool e tabacco) è dato dall’imitazione delle stesse scelte effettuate dagli amici e dai compagni di scuola.
Viviamo in una società di massa, in cui prevalgono modelli superficiali basati su comportamenti edonistici e abitudini consumistiche. Il consumo di droghe si afferma talvolta perché sembra di “moda”, perché prevalgono logiche di branco, perché l’offerta è allettante e pervasiva, perché fuori dalle scuole sostano spesso gli spacciatori.
La diffusione e la rilevanza del fenomeno richiede una azione determinata e incisiva di prevenzione e contrasto, attivando tutti i mezzi, studiandone le cause più profonde e gli effetti. Non è un progetto facile, come la storia ci insegna, anche perché le carenze informative si riflettono nella difficoltà di disegnare le modalità di intervento più appropriate ed efficaci per contrastare il fenomeno e le sue relazioni con il propagarsi del crimine organizzato. Tuttavia l’utilizzo di strumenti legislativi di contrasto alla diffusione del fenomeno (come l’efficace commissione delle pene e delle sanzioni amministrative), e di riabilitazione, recupero e reinserimento lavorativo dei consumatori problematici, sono certamente utili. L’esperienza di San Patrignano è una concreta positiva conferma di quanto si può fare.
Una modalità a mio avviso efficace per combattere questa vera e propria guerra contro la tossicodipendenza è quella di conoscere e far conoscere il fenomeno, nei suoi numeri, effetti, cause, così come l’emergere di “norme sociali” devianti e dei conseguenti meccanismi imitativi, perché solo attraverso la conoscenza si può scegliere, solo attraverso la conoscenza si può evitare di prendere scorciatoie sbagliate.
Informare e far conoscere: questo è il ruolo dei media, che in tal modo contribuiscono a prevenire e combattere il fenomeno delle droghe.
La RAI, come Servizio Pubblico, ha il compito di dare il suo apporto in termini di conoscenza, informando, spiegando. Ma come? Come far comprendere che assumere droghe è un comportamento dannoso verso se stessi e verso la collettività? Che essere dipendenti non è la normalità?
Fornendo informazioni corrette, autorevoli, approfondite, dando voce a più opinioni, facendo capire i pericoli, i rischi della tossicodipendenza, ma anche offrendo e rappresentando modelli positivi di giovani normali, capaci di affrontare con soddisfazione e buoni risultati le sfide della vita. La RAI, come concessionaria del Servizio Pubblico, è impegnata in questo senso non da oggi: attraverso i programmi di informazione e di fiction, attraverso i documentari e i film di Rai Cinema, persino attraverso i canali sportivi che veicolano esempi di competizione sana e pulita, e infine attraverso le iniziative del Segretariato Sociale, l’ultima delle quali è il sostegno per una settimana alla raccolta fondi proprio per questa manifestazione, “WeFree 2012”, attraverso Radio RAI.

Creare
I media devono veicolare messaggi positivi, ma non è affatto evidente e automatico come si debba fare per rendere tali messaggi universalmente accessibili, universalmente ascoltati, universalmente accettati. Questo è il lavoro dei media. Dobbiamo aiutare tutti i giovani: quelli che sono in preda alle dipendenze e quelli che, per fortuna, non lo sono, a costruirsi percorsi che facciano leva su stili di vita normali. In una parola: abbiamo il dovere di offrire alle nuove generazioni strumenti con cui progettare il proprio futuro, con cui scegliere la vita e le emozioni e non la dipendenza e il dolore. Come madre ho sempre insegnato alle mie figlie che non bisogna avere paura di fare sacrifici, perché fanno parte della vita: sono l’altra faccia della medaglia che porta alle soddisfazioni e al successo personale.
Forse alcuni in questa sala ricorderanno che fu proprio Letizia Moratti a ideare, nel 1998, insieme all’Ambasciatore Francesco Fulci, alla RAI e al United Nations Office on Drugs and Crime (l'Agenzia delle Nazioni Unite per la lotta alla droga e al crimine organizzato), il primo: “United Nations World Workshop on the Media”, che si tenne a New York in occasione della Sessione Speciale dell’Assemblea Generale sul Problema Mondiale della Droga, intitolata in modo inequivocabile: “Un mondo senza droga: è possibile”.
Ebbene in quel dibattito su come i media dovessero trattare il tema della droga, a un certo punto, nella grande sala delle Nazioni Unite, vennero proiettati a titolo di esempio due programmi televisivi. Il primo era un reportage molto violento che in modo crudo mostrava “tutto” sul dramma della droga, senza alcuna mediazione, siringhe e sangue inclusi. Nel secondo programma una nonna spiegava ai nipotini, camminando in un parco, cosa fosse il dramma della droga e come occorresse tenersene alla larga. Al termine della proiezione fu riferito che il primo programma, quello violento, aveva registrato un’audience molto bassa; mentre il secondo programma, molto pacato, realizzò alti indici di gradimento.
Ho ricordato questo esempio per mostrare come, se troviamo i linguaggi giusti, anche la televisione può aiutare a veicolare valori positivi, a favorire l’affermarsi di una cultura sana, non edonista, ma basata sul riconoscimento della compiutezza di una vita normale che diventa straordinaria giorno per giorno.
Parlare di droga o di tossicodipendenza nei programmi RAI non è mai semplice. Uno dei rischi è quello di presentare un modello negativo che tuttavia mantenga una carica di seduzione, soprattutto verso le fasce di pubblico più esposte. Una storia può condannare il male, il bene alla fine può anche vincere, ma, comunque, nel rappresentare il male che è spesso una parte ineludibile del racconto, occorre una particolare attenzione per evitare di lasciare suggestioni, immagini, emozioni, che possano invece diventare fonte di aspirazione e di desiderio per una parte del pubblico. È una fondamentale questione di responsabilità.
La sfida è quella di trovare strumenti e linguaggi che colpiscano l’immaginario dei giovani, che siano cioè capaci di entrare realmente in contatto con loro in un momento della loro vita, quello della crescita, che spesso li trova ostili a tutto, in cui essi cercano di costruire la propria identità differenziandosi, talvolta contrapponendosi radicalmente ai genitori, agli adulti, a chi rappresenta l’autorità. Comunicare con loro, farsi ascoltare, entrare nella loro emotività è una missione delicatissima. Bisogna lavorare su linguaggi e contenuti, perché è li, nella nostra creatività e nei nuovi strumenti di dialogo che sta la chiave del successo o dell’insuccesso.
In RAI siamo pienamente coinvolti nella ricerca di nuove chiavi di accesso ai cittadini e ai giovani attraverso il web, i social network, i blog, i social media. Ogni singola finestra di accesso ai giovani dev’essere aperta per coinvolgerli contro la droga e per la vita. I vecchi strumenti di comunicazione televisivi e radiofonici restano importanti, ma oggi, proprio perché siamo un media di Servizio Pubblico, stiamo già ragionando su quali siano i nuovi modi più appropriati in un universo di comunicazioni sempre più digitali, che avvengono nel chiuso di una stanza ma anche in mobilità, per coinvolgere i giovani e portarli verso atteggiamenti mentali positivi.
E’ necessario coinvolgere ragazze e ragazzi «normali», farli diventare dei modelli. Giovani che vanno regolarmente a scuola o all'università o al lavoro: esaltiamo la loro semplice vita nella normalità e nella legalità, diamo segnali positivi ai nostri giovani non con vuote e spesso inutili parole ma con esempi veri, concreti, viventi.

Collaborare-coinvolgere
Conoscere e far conoscere il fenomeno, usare innovazione e creatività per veicolare informazioni e messaggi positivi non basta. La collaborazione e il coinvolgimento sono il terzo asse su cui si può, si deve fondare la lotta alla droga e alle dipendenze. Questa guerra riguarda tutti e nessuno può sottrarsi. Nella conferenza stampa tenutasi a Roma venerdì scorso Letizia Moratti ha insistito sulla necessità di un gioco di squadra. Si vince solo insieme. È anche il mio pensiero. E’ necessario un vero e proprio approccio globale al problema della dipendenza dalle sostanze stupefacenti con il coinvolgimento di istituzioni, comunità, scuola, media, singoli cittadini. Credo sia necessario creare nuovi modelli collaborativi tra i media e le istituzioni (la scuola in primis) per trovare la chiave d’accesso ai giovani. Per esempio: costruire prodotti audiovisivi mirati per diffondere capillarmente nelle scuole informazioni e conoscenze. L’uso degli strumenti audiovisivi nelle scuole è molto efficace, anche perché a scuola i giovani non possono “sfuggire” al messaggio che viene loro veicolato attraverso questi prodotti, non possono cambiare canale, non possono andare a chiudersi nella loro stanza. La scuola è il luogo principale per confrontarsi con i compagni, con gli insegnanti, con gli stessi operatori che ogni giorno combattono questa lunga guerra.
Ricordo che il ruolo educativo svolto dalle istituzioni scolastiche nel ridurre i fenomeni di addiction è stato più volte riscontrato in numerosi studi empirici. Per esempio, una recente indagine condotta tra un vasto campione rappresentativo di teen-ager americani mostra che l’imposizione nelle scuole di sanzioni disciplinari per contrastare il consumo di droghe leggere (come la cannabis) ha un effetto deterrente sia nel ridurne il consumo nel breve periodo, che nel disciplinare i comportamenti nel lungo periodo.
La Rai cerca di fare la sua parte. Ma la sua azione è tanto più efficace quanto più interagisce con altri attori. Soprattutto con la scuola. Occorre rafforzare l’integrazione tra l’educazione formale delle scuole e quella informale realizzata dall’emittente pubblica.
Come ben sapete Rai Educational sta collaborando con la Comunità di San Patrignano. Questa collaborazione ha prodotto la registrazione e messa in onda di alcune manifestazioni che la Comunità di San Patrignano produce per i teatri italiani invitando le scuole ad assistervi. In particolare, Rai Educational ha ripreso al teatro Vascello di Roma lo spettacolo “FUGHE DA FERMI”. Dallo spettacolo sono stati elaborati sugli stessi contenuti filmati di circa 5 minuti, che raccontano le traversie di alcune persone, ragazze e ragazzi, approdati nella comunità. Segnalo inoltre che all’inizio di dicembre presenteremo un dvd realizzato interamente dallo staff interno di San Patrignano con il supporto Rai. Il dvd verrà distribuito gratuitamente nelle scuole e nei centri di ascolto interessati; non escludo che, come è accaduto in altre occasioni, una rete Rai decida di trasmetterlo. E’ un importante esempio di collaborazione; può costituire un utile strumento, oltre che per le scuole, anche per piccole esperienze di comunità che cominciano oggi ad operare e per le amministrazioni locali che vogliano intervenire nel proprio territorio.
Ho voluto citare questi esempi di collaborazione perché sono gli stessi protagonisti delle vicende narrate a realizzare e a presentare, in prima persona, la loro esperienza e la loro vita.



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Ho pensato di ragionare sul tema droga usando tre parole: conoscere, creare, collaborare-coinvolgere. Penso, lo avrete capito, a un percorso integrato che passa dall’informazione alla innovazione al coinvolgimento, attraverso un circolo virtuoso che coinvolga tutti in modo intenso e efficace; un coinvolgimento che passa necessariamente attraverso la promozione e l’uso di linguaggi e di strumenti di comunicazione nuovi. Un coinvolgimento che necessita di un approccio globale al problema della dipendenza dalle sostanze stupefacenti che faccia comprendere ciò che dicevamo prima: assumere droghe è un comportamento dannoso verso se stessi e verso la società. Fare uso di sostanze stupefacenti non è la normalità, non è un fenomeno di costume, non è una moda da accettare supinamente. Un coinvolgimento, infine, basato sulla ricerca del dialogo: tra le singole persone, con i cittadini, con chi fa volontariato, con le famiglie, con le scuole, con le istituzioni.
Credo che questo percorso, non facile, non semplice, sia possibile, dipende da noi, da tutti noi.

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