Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

INGROIA: RICORSO DEL CODACONS CONTRO L’INGRESSO IN POLITICA DEI MAGISTRATI

ELEZIONI: STOP A INGROIA, GRASSO, DAMBRUOSO, MATONE E AMORE. NON POSSO PASSARE DA MAGISTRATURA A POLITICA E VICEVERSA. IL CSM DIFFIDATO A NON CONSENTIRE L’INGRESSO IN POLITICA DEI MAGISTRATI. ECCO PERCHE’ LA CANDIDATURA DI GIUDICI E PM E’ PERICOLOSA PER I CITTADINI
03/01/2013 - Il Codacons ha notificato venerdì 28 dicembre 2012 il primo ricorso al Tar del Lazio contro l’ingresso dei magistrati in politica. Nello specifico, con questo ricorso l’associazione ha chiesto ai giudici di sospendere il provvedimento con il quale il CSM ha deliberato il collocamento in aspettativa per motivi elettorali dell’ex Pm della Procura di Palermo, Antonio Ingroia.
E analogo ricorso – annuncia il Codacons - è in fase di preparazione per i magistrati Pietro Grasso, Stefano Dambruoso e Stefano Amore, i quali hanno annunciato in questi giorni la discesa in campo alle prossime elezioni, e per gli altri che dovessero farlo a breve (come Simonetta Matone). Alla base dell’iniziativa legale del Codacons un principio essenziale: i magistrati non possono passare dal mondo della giustizia a quello politico per poi tornare a fare i magistrati, perché le informazioni da essi acquisite nel corso dell’attività di Pm potrebbero essere utilizzate a fini politici, mentre l’imparzialità del loro operato non sarebbe più garantita in caso di rientro in magistratura.

Scrive l’associazione nel ricorso:
“l’art. 9 della circolare del CSM del 2008 (che disciplina i collocamenti fuori ruolo dei magistrati) subordina il rilascio dell’autorizzazione alla verifica della circostanza di seguito indicata: “Non può essere autorizzato il collocamento fuori ruolo di un magistrato che sia impegnato nella trattazione di procedimenti, processi o affari tali che il suo allontanamento possa nuocere al regolare funzionamento dell'ufficio … ”. Nonostante questo nella delibera de qua non si riscontra traccia della motivazione che avrebbe condotto il CSM a mettere il p.m. controinteressato in aspettativa e ciò lascia dubitare del fatto che l’organo di autogoverno della magistratura abbia effettivamente valutato non solo il rischio di un danno per il regolare funzionamento dell’ufficio proprio in conseguenza dell’autorizzazione al collocamento fuori ruolo, ma che lo stesso aveva già beneficiato del collocamento fuori ruolo presso l’ONU.

L’autorizzazione al collocamento fuori ruolo del Dott. Ingroia ha posto quest’ultimo in una situazione quanto meno “singolare” in quanto proprio a causa della conduzione di importanti indagini (Cosa Nostra, trattative Stato-mafia, ecc.), lo stesso si trova attualmente in possesso di numerose informazioni che potrebbero essere utilizzate nel corso della campagna elettorale o, comunque, nel corso dello svolgimento del proprio mandato”.

Nel ricorso del Codacons, poi, sono richiamati alcuni principi che evidenziano come il passaggio dei magistrati dalla giustizia alla politica e viceversa, rappresenti una gravissima violazione della Costituzione Italiana, e pertanto non sia in alcun modo ammissibile:

“l’art. 104, primo comma della Costituzione chiarisce che “La magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere”, mentre l’art. 111 della Costituzione prescrive che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. ogni processo si svolge … davanti a giudice terzo ed imparziale”. Se da un lato l’art. 51 della Costituzione dispone che “Tutti i cittadini, dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge” e che “Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive a diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”, non può negarsi che il diritto all’elettorato passivo possa subire delle limitazioni o quanto meno possa essere sottoposto alla verifica di assenza di determinate condizioni quanto a candidarsi sia un soggetto che rappresenti ed eserciti il potere giudiziario, in quanto in questi casi è evidente il rischio che venga pregiudicato il principio di imparzialità, di indipendenza, di prestigio dell’ordine giudiziario stesso.

L’aspettativa per impegni elettorali, difatti, costituisce l’illegittimo “canale di collegamento” tra due poteri dello Stato i quali sono e devono rimanere separati tra di loro. Le cd. “navette” dalla carriera parlamentare a quella giudiziaria, purtroppo diffuse nella prassi, attentano al principio di separazione dei poteri e devono ritenersi assolutamente incostituzionali”.

Sulla base di tali principi, il Codacons non solo ha chiesto al Tar di annullare il nulla osta concesso dal Csm a Ingroia, ma ha formalmente diffidato il Csm a non adottare alcun analogo provvedimento nei confronti dei magistrati Pietro Grasso, Stefano Dambruoso e Stefano Amore i quali, una volta entrati in politica, non dovranno più far ritorno alla giustizia.

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