L’Aquila, 03/01/2013 - Rita Levi Montalcini, donna ebrea italiana della Scienza al servizio dell’Umanità per la vita. La signora delle cellule, la donna che sfidò il fascismo di Mussolini, la più grande scienziata italiana, la prima donna nella Pontificia Accademia delle Scienze, ci lascia in eredità una magnifica Lezione di straordinaria e geniale umiltà: la Scienza e il suo sistema di valori praticati.
Il Testamento della Montalcini è la libertà della ricerca scientifica al servizio della vita umana. La scoperta del Nerve Growth Factor (Ngf) l’11 Giugno 1951, il fattore di crescita nervoso, apre la via alla Medicina Rigenerativa, agli studi su Alzheimer, Sla e sviluppo tumorale. L’Ngf è sicuramente la “prima” molecola degli innamorati. Rita Levi Montalcini si era iscritta all’Università contro il volere del padre. Dopo le famigerate leggi razziali fasciste del 1938, il regime la allontanò dall’Ateneo e dall’Italia insieme a tanti altri scienziati che avrebbero fatto la fortuna di altre nazioni. Nel 1986 il Premio Nobel per la Medicina.
Nella motivazione del premio, condiviso con il suo studente Stanley Cohen, si legge:“La scoperta dell’NGF all’inizio degli anni Cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo”. Fino alla fine la Professoressa Rita Levi Montalcini ha implorato i governi e i politici italiani:“Non cancellate il futuro dei giovani ricercatori”. Gli insulti delle destre per il sostegno al governo Prodi. La Fondazione Rita Levi Montalcini per la Ricerca nelle neuroscienze. “Negli anni in cui lo spirito di vita è qui in noi ringraziamo Dio e godiamo della possibilità di impiegare i suoi doni per migliorare questo mondo. Tramite la bontà, per mezzo della scienza – ha affermato nell’orazione il vice rabbino capo Avraam De Wolf – la Montalcini ha santificato il nome di Dio. Possa il suo nome essere annoverato tra coloro che appartengono alla Vita”. Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna:“Che il suo ricordo sia di benedizione”. La Fondazione European Brain Research Institute, da lei creata nel 2001. Rita Levi Montalcini, una donna da kolossal hollywoodiano, perché più importante di Leonado da Vinci e Galileo Galilei. L’Ngf costituisce un fattore fondamentale nel normale sviluppo del sistema nervoso, per tenere sotto controllo un programma di morte che è presente nel DNA di ogni cellula e denominato “apoptosi”. L’Ngf è la parte emergente di un iceberg formato da un grande numero di fattori di natura proteica dotati di azioni specifiche su tutti gli organi e tessuti di un organismo vivente.
(di Nicola Facciolini)
“Rare sono le persone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore, uniche coloro che le usano entrambe”(Rita Levi Montalcini).
L’Italia si inchina alla persona ed al genio della professoressa Rita Levi Montalcini, la più grande scienziata italiana del Novecento (classe 1909), l’unica donna ad aver vinto un Premio Nobel per la Medicina per una scoperta scientifica straordinaria (Ngf), la prima donna nella Pontificia Accademia delle Scienze in Vaticano, la donna ebrea italiana della scienza al servizio dell’umanità. Più grande di Leonardo da Vinci e Galileo Galilei, la Montalcini ci ha lasciato, all’età di 103 anni, un’eredità e un testamento di capitale importanza: la Scienza e il suo sistema di valori praticati da ogni scienziato che si rispetti. L’Italia, l’Europa e il Mondo le saranno eternamente grati. Scoprì la proteina del fattore di crescita nervoso (Ngf) e per tutta la vita si spese a favore della libertà della ricerca nelle neuroscienze al servizio dell’umanità intera. La scoperta di Ngf e degli altri fattori di crescita hanno ispirato film di fantascienza come “L’Alba del Pianeta delle Scimmie”(Rise of the Planet of the Apes, Usa 2011) di Rupert Wyatt e molti episodi della fortunata serie televisiva e cinematografica di Star Trek. Centoventicinque miliardi, o forse più, sono le galassie nell’Universo visibile. Ed altrettante sono le cellule nervose che albergano nei nostri cervelli. Ma tra l’Universo cosmico e quello celebrale, a cui si riferisce il titolo di un libro della Montalcini (La Galassia Mente) non esiste solo una coincidenza di numeri. Il concetto di infinito è nel caso dell’Universo riferito allo spazio interstellare pieno di “vuoti” e di “energia”, in quello celebrale all’elaborazione sconfinata del pensiero. Questa incredibile facoltà “divina”, nel corso dei millenni, ha spinto l’umanità a salire, uno per uno, i gradini più alti dello sviluppo culturale. Oggi gli offre la possibilità di indagare i più intimi segreti della mente. Ma da dove nasce il pensiero? Da quali cellule e quali circuiti? Rita Levi Montalcini, famosa per i suoi studi pioneristici fondamentali nello sviluppo della neurobiologia, ha edificato un Himalaya intellettuale di insuperata grandezza, mettendo ordine al caos, ricostruendo tappa dopo tappa l’evoluzione del sistema nervoso per capire come, dalle prime cellule comparse sulla Terra, si sia arrivati a quella formidabile struttura che è il cervello dell’Homo Sapiens Sapiens. I suoi studi sono un meraviglioso monumento, al tempo stesso un viaggio affascinante alla scoperta dei segreti della mente umana, all’intelligenza che nel tempo si avvicina a quella di Dio, passando attraverso le ere geologiche e le epoche della storia dove si incontrano ominidi e celenterati, scimmie e batteri, alghe unicellulari e polipi scaltri: attori diversi, ma ugualmente importanti di un’unica, spettacolare produzione teatrale in 4D il cui gran finale (l’Uomo) è ancora tutto da scoprire. “Tutti dicono che il cervello sia l’organo più complesso del corpo umano, da medico potrei anche acconsentire – dichiara la Montalcini, profonda conoscitrice delle neuroscienze, in un’intervista in occasione del suo centesimo compleanno – ma come donna vi assicuro che non vi è niente di più complesso del cuore, ancora oggi non si conoscono i suoi meccanismi. Nei ragionamenti del cervello c’è logica, nei ragionamenti del cuore ci sono le emozioni”. Profondo è il cordoglio nel mondo ebraico per la sua scomparsa. Senatore a vita dal 2001, la signora della scienza si è spenta serenamente ma il suo spirito vivrà per sempre insieme alla sua magnifica eredità intellettuale. “Il corpo faccia quello che vuole – fa notare la Montalcini – io non sono il corpo: io sono la mente”. Nel pomeriggio del 1° Gennaio 2013, in forma privata, l’ultimo commosso saluto della Comunità ebraica di Torino a Rita Levi Montalcini. È il giorno dell’ultimo saluto. Dopo la sobria cerimonia privata del 31 Dicembre 2012, i funerali aperti al pubblico con la partecipazione di centinaia di persone a Torino, la città che le diede i natali nel 1909 e le ha reso l’ultimo omaggio. La salma, in una semplice bara in rovere chiaro coperta da un cuscino di rose rosse con ai piedi un mazzo di crochi violetti inviati dal Sinodo di Firenze, è stata trasferita da Roma al cimitero monumentale del capoluogo piemontese. Nella “Sala commiato” dell’ottocentesco Tempio Crematorio (la scienziata premio Nobel viene cremata) le ceneri vengono racchiuse in un’urna per poi trovare posto nella tomba di famiglia. Alla cerimonia privata hanno partecipato Piera Levi Montalcini, la nipote, i familiari più stretti e gli esponenti della comunità ebraica cittadina. A cominciare dal presidente, Beppe Segre. Il vice rabbino capo Avraam De Wolf ha letto i Salmi di Re Davide e, come vuole la tradizione, ha pronunciato una breve orazione in memoria della scienziata, mettendone in risalto le qualità e sottolineando la gravità della perdita per l’Italia e il mondo. Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, ha dichiarato che “tra le tante personalità illustri che hanno fatto grande questo paese la figura di Rita Levi Montalcini spicca non solo per gli innumerevoli successi ottenuti in campo scientifico tra i quali, il più prestigioso, il premio Nobel per la Medicina conferitole nel 1986, ma anche per la vicenda umana che l’ha vista protagonista. Perseguitata dalla legislazione antiebraica del regime fascista, Levi Montalcini – anche nei giorni drammatici della persecuzione – non ha mai rinunciato a portare avanti le sue ricerche e i suoi esperimenti. Ci lascia in eredità un insegnamento prezioso: la centralità dello studio e dell’istruzione come fondamentale motore della crescita di ciascun individuo, il coraggio e la portata rivoluzionaria delle idee, la tenacia nel portarle avanti nel tempo con immutata determinazione. La sua lunga vita, interamente consacrata alla scienza e al bene comune, ci racconta di una persona dal cuore grande e dalla straordinaria longevità fisica e intellettuale. Di una donna, orgogliosamente italiana e orgogliosamente ebrea, che alla ricerca scientifica affiancava – con medesima passione – l’impegno per la cultura, la democrazia, i diritti civili. Significativa e lungimirante appare, tra le altre, l’iniziativa intrapresa per dare un futuro migliore alle donne del continente africano. Iniziativa che le aveva permesso di conquistare la loro amicizia e la loro ammirazione. Amava i giovani e i giovani amavano lei. È stata e continuerà ad essere un punto di riferimento per quanti, ogni giorno, si battono per costruire società sempre più libere e consapevoli. Che il suo ricordo sia di benedizione”. Le cerimonie pubbliche in sua memoria, tuttavia, sono appena cominciate: molte scuole, università e progetti porteranno il nome di Rita Levi Montalcini. “Il funerale – spiega Piera Levi Montalcini, consigliere comunale a Torino nel gruppo di maggioranza dei Moderati – è un momento di saluto e noi abbiamo voluto permettere a chiunque lo desideri di salutare la zia. In tanti le hanno voluto bene. È importante che venga ricordata e che vengano ricordati i suoi insegnamenti. Ma sarebbe bene anche cercare di applicare i suoi insegnamenti. Noi, in futuro, ci impegneremo per favorire tutto questo”. La cremazione non è contemplata dalle tradizioni ebraiche “ma questa – spiegano alla Comunità – è stata la precisa volontà dei Levi Montalcini e noi la rispettiamo”. Di famiglia ebrea sefardita, la scienziata non era osservante. Si professava agnostica e il suo “credo” era la scienza. “Nei momenti di cordoglio noi lodiamo il giudice della verità, l’unico Dio, che dona lo spirito della vita al genere umano e che in seguito lo trae per porlo altrove – dichiara il vice rabbino capo Avraham De Wolff nell’orazione – negli anni in cui questo spirito di vita è qui, in noi, ringraziamo Dio e godiamo della possibilità di impiegare i suoi doni per migliorare questo mondo. Tramite la bontà, per mezzo della scienza e della produzione. Per le migliorie che apportiamo i nostri simili ci sono grati. Questa gratitudine, e la soave memoria che ne consegue, sono una santificazione del nome del vero Dio. Ringraziamo la famiglia di Rita per essere qui con noi, a Torino, a concedere alla Comunità ebraica della sua città natale di porle commiato recitando i Salmi di Re Davide. Ringraziamo Rita per aver santificato il nome di Dio nei suoi anni trascorsi con noi. Possa il suo nome essere annoverato tra coloro che appartengono alla Vita”. Nella tradizione ebraica vi è una cura particolare nel disegnare e coltivare l’esempio della “donna di valore”. Rita Levi Montalcini ne incarna certamente gli aspetti più spirituali e intellettuali uniti a dolcezza di temperamento. Ed essi resteranno per sempre nel ricordo con l’ammirazione per le sue conquiste scientifiche, la costanza, l’altruismo insieme al profondissimo rimpianto per la sua scomparsa.
Nata a Torino il 22 Aprile del 1909, nel 1936 si laureò in medicina contro la volontà del padre. Nel 1938 la pubblicazione delle famigerate leggi razziali fasciste la costrinse a lasciare l’Italia insieme a tanti altri intellettuali che avrebbero fatto grande l’Italia in altri scenari storici. Si rifugiò a Bruxelles, dove continuò gli studi fino al 1940, quando il paese venne invaso dalle truppe naziste. Rientrata a Torino Rita Levi Montalcini non poté più frequentare l’Università in quanto ebrea e così allestì un piccolo laboratorio casalingo dove proseguì le proprie ricerche sul ruolo dei fattori genetici ed ambientali nella differenziazione dei centri nervosi. Fu proprio in questo laboratorio sui generis che Rita Levi scoprì l’apoptosi: il meccanismo che porta alla morte delle cellule nervose nella fase iniziale del loro sviluppo. Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale la scienziata ebrea italiana visse nascosta per paura dei rastrellamenti, prima nell’astigiano e poi in Toscana, portando avanti le proprie ricerche in laboratori di fortuna improvvisati grazie alla collaborazione di colleghi e amici. Nel 1947 si trasferì alla Washington University di St.Louis dove nel 1954 scoprì l’Ngf, la proteina del fattore di crescita nervoso, che nel 1986 le valse il Nobel per la medicina e la fisiologia. Nella motivazione del premio, condiviso con il suo studente Stanley Cohen, si legge:“La scoperta dell’NGF all’inizio degli anni Cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo”.
Il ruolo dell’Ngf nella vita delle cellule nervose è fondamentale. L’Ngf è una proteina che regola la crescita dei neuroni lungo i quali si trasmette l’impulso nervoso. Questa trasmissione del segnale elettrico avviene grazie ad alcuni ioni che stimolano il rilascio di un neurotrasmettitore.
La sua scoperta fu di capitale importanza perché per la prima volta, grazie alla Montalcini, chiarì i meccanismi di accrescimento delle cellule e degli organi ed ebbe un ruolo determinante nella comprensione dei meccanismi di evoluzione del cancro e delle malattie neurologiche come l’Alzheimer e il Parkinson. Non solo. I farmaci del presente e del futuro nella Medicina Rigenerativa, sarebbero praticamente inconcepibili senza la scoperta del fattore Ngf.
Una volta in pensione, la Montalcini rientrò in Italia nel 1977 e collaborò con il Centro Nazionale delle Ricerche (Cnr) in numerosi progetti e studi. Nel 2001 Rita Levi Montalcini venne nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. “La vita non finisce con la morte. Quello che resta di te – dichiara la scienziata – è quello che trasmetti ad altre persone. L’immortalità non è il tuo corpo, che un giorno morirà. Non mi importa di morire. La cosa importante è il messaggio che lasci agli altri. Questa è l’immortalità”. Un pensiero illuminante se a proferirlo è l’unica donna italiana ad aver ricevuto il Premio Nobel per una scoperta scientifica di straordinaria importanza per la vita umana. Il suo messaggio ai giovani è forte e chiaro. L’invito alla coerenza, alla costanza ed al rispetto dell’etica nel mondo della ricerca, la necessità di aiutare le donne meno fortunate a realizzare le proprie aspirazioni, l’orgoglio di essere italiani e l’affermazione fiera della propria libertà sono un esempio per chiunque si occupi di scienza, di ricerca, di verità. Scientific American ha scelto di ripubblicare online un suo articolo del 1993. In quanto femminista in una famiglia dai costumi vittoriani e in quanto ebrea e libera pensatrice nell’Italia di Mussolini, Rita Levi Montalcini ha dovuto affrontare nel corso della sua vita diverse forme di oppressione.
Eppure la neurobiologa, la cui tenacia e precisione traspaiono immediatamente dai suoi occhi azzurri e dalla tenuta elegante bianca e nera, accoglie le forze che l’hanno formata:“Se non avessi subito discriminazioni e non avessi sofferto le persecuzioni, non avrei mai ricevuto il Premio Nobel”. Riguardo la sua infanzia la scienziata racconta:“Nacqui in una società molto patriarcale e sentivo già da molto piccola che le donne erano così poco considerate che ogni decisione veniva presa dagli uomini”. Quando la sua governante, cui era molto affezionata, morì di cancro, decise di diventare medico. Doveva però risolvere un piccolo problema: ottenere il permesso da suo padre e recuperare il tempo perso al liceo femminile, che dopo il diploma prevedeva il matrimonio, non l’Università. “Mi infastidiva così tanto che decisi che non avrei mai fatto come mia madre. Non avrei mai combinato nulla se mi fossi sposata”. Nature, la prestigiosa rivista scientifica britannica, scrive del Nobel italiano:“Piccola e minuta, ma con una personalità straordinaria, Rita Levi Montalcini è sopravvissuta all’Italia fascista, quando agli ebrei era vietato lavorare nelle università, trasformando la sua camera da letto in un laboratorio di fortuna per poter continuare i suoi studi sul sistema nervoso. Terribilmente ossessionata dall’argomento, scoprì la molecola del fattore di crescita nervoso (Ngf) che le valse il Nobel per la medicina nel 1986”.
L’Italia dei politicanti, la cultura umanistica e gli scienziati non sono mai andati d’amore e d’accordo. Nature scrive:“In Parlamento fece scintille bloccando una legge che avrebbe potuto ostacolare la ricerca scientifica. Creò anche una fondazione per incoraggiare l’educazione scientifica per le donne in Africa e un istituto di ricerca a Roma chiamato European Brain Research Institute”. L’Huffington Post si sofferma sulla sua vita in Italia:“La sua famiglia decise di rimanere in Italia e mentre la Seconda Guerra Mondiale si avvicinava, Rita Levi Montalcini improvvisò un laboratorio nella sua camera da letto dove cominciò a studiare lo sviluppo degli embrioni di gallina, cosa che l’avrebbe portata a scoprire i meccanismi che regolano la crescita di cellule e organi.
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