17/12/2013 – Quello che la politica non riesce a ottenere dal popolo è essere amati. Temuti, sopportati, rispettati, questo si. Ma l’amore, la stima e la fiducia si conquistano e spesso si dichiarano (da parte di chi nutre tali sentimenti). Così oggi lo scontro chiaro è tra la gente (ex popolo) e la politica. Per quei 23.2 miliardi di tasse che serviranno alla politica per la propria ‘vivenza’ e sopravvivenza, ad esempio. E quanto è vicina alla gente la tradizionale cerimonia per lo scambio degli auguri di Natale e Capodanno del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con i rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile, che si è svolta ieri al Palazzo del Quirinale a Roma? Quanto è lontana, non solo fisicamente?
Il Presidente Napolitano nel suo discorso alle autorità, con riferimento alla realtà sociale, ha manifestato “preoccupazioni, interrogativi, riconducibili a questioni vitali per diversi ceti e gruppi sociali, da valutare nel loro incrociarsi con la dimensione della politica e con la sfera delle scelte di governo: una miriade di imprese condannate a soccombere o ancor oggi sull'orlo del collasso, masse di lavoratori costretti alla Cassa Integrazione o esposti alla perdita del lavoro, un'altissima percentuale di giovani chiusi nel recinto di una disoccupazione ed emarginazione avvilente”.
“La massima attenzione - ha detto Napolitano - va data a quanti non sono raggiunti da risposte al loro disagio : categorie, gruppi, persone, che possono farsi coinvolgere in proteste indiscriminate e finanche violente, in un estremo e sterile moto di contrapposizione totale alla politica e alle istituzioni”.
Estremo si, ma perché sterile? Perché tanto non servirà a niente? Perché la gente non ha potere, non ne ha più e ne avrà sempre meno? Perché le scelte della politica vengono fatte in laboratorio, indipendentemente dal volere popolare? La politica è solo una questione tecnica?
“Le previsioni internazionali per il 2014 segnalano un rischio diffuso di tensioni e scosse sociali - originate dalle regressioni e dalle crescenti diseguaglianze subite in questi anni - in modo particolare nel nostro Continente”, ha detto il Presidente Napolitano.
“Da noi poi il malessere sociale (e non mi riferisco solo alle sue manifestazioni più virulente e anche strumentali) si esaspera nel confronto con i fenomeni di corruzione o insultante malcostume che si producono nelle istituzioni politiche, anche al livello regionale, e negli apparati dello Stato, così come con ogni sorta di comportamenti volti a evadere o alterare l'obbligo della lealtà fiscale”, ha aggiunto il Capo dello Stato.
Viene dunque difficile, anzi arduo comprendere e accettare che i cosiddetti
Forconi con i loro movimenti, per pochi che siano (3000 – 10.000 – 100.000 – 1.000.000) siano costituiti da altrettanti
fascisti,
violenti, o
criminali. Semmai
sfascisti, come dice Renzi. Lui stesso del resto è uno sfascista (o ex tale?), visto che ha teorizzato e realizzato in parte (il domani si vedrà) la
rottamazione.
L’impressione è che buona parte di loro siano comuni cittadini, persone alla buona, lavoratori, impiegati, studenti, insegnanti. Lo
scontro, se così va chiamato, è per la
sopravvivenza. Da una parte
la gente che cerca di sopravvivere, dall’altra
la casta della politica che cerca di fare altrettanto, e non esita ad adoperare gli strumenti della ‘democrazia’ per convincere l’opinione pubblica che non è con i Forconi che si aggiusta la faccenda ma semmai con loro. Sempre e solo con loro.
Con loro, che hanno un’identità per ogni stagione. Un cambiamento a portata di mano per ogni bisogno di cambiamento. Un allarme per ogni emergenza. Una faccia di bronzo per ogni occasione, come in sostanza sembra voglia dire lo stesso Presidente Napolitano (senza ovviamente mai dirlo) quando afferma:
"Sul terreno delle regole per l'elezione del Parlamento e quindi per la formazione del governo, si è in Parlamento - sono costretto a ripeterlo - imperdonabilmente pestata l'acqua nel mortaio nella precedente legislatura e, ancora per mesi, in quella attuale. Posizioni e rigidità contrapposte hanno nuovamente provocato un'impotenza a decidere, pur nell'avvicinarsi dell'udienza annunciata della Corte Costituzionale per l'esame delle questioni sottopostele dalla Cassazione. Il 23 ottobre scorso, intervenendo all'Assemblea dell'ANCI a Firenze, dissi senza mezzi termini :
"La dignità del Parlamento e delle stesse forze politiche si difende non lasciando il campo ad altra istituzione, di suprema autorità ma non preposta a dare essa stessa soluzioni legislative a questioni essenziali per il funzionamento dello Stato democratico. Non è ammissibile che il Parlamento naufraghi ancora, a questo proposito, nelle contrapposizioni e nell'inconcludenza."
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