1° Maggio: «Festa del Lavoro», la filastrocca di Mimmo Mòllica

1° Maggio Festa del lavoro. La «Filastrocca del Lavoro» di Mimmo Mòllica racconta in versi e strofe questa importante ricorrenza. E noi la proponiamo a grandi e piccini per celebrare la «Festa del Lavoro e dei Lavoratori».  «Filastrocca del lavoro» di Mimmo Mòllica   Caro babbo che cos’è il lavoro? dei bambini domandano in coro a un papà stanco e pure affannato, dal lavoro appena tornato. Ed il babbo risponde a fatica «serve a vivere, è una regola antica». Ed aggiunge: «… ed inoltre, sapete il lavoro è passione, è volontà e decoro». «E che cosa vuol dire decoro?», ribatterono subito loro. «È nell’opera di un falegname, è Van Gogh, è in un vaso di rame». «È Geppetto e il suo pezzo di legno, è Pinocchio, è Collodi e il suo ingegno, è donare qualcosa di noi senza credersi dei supereroi». «È costruire un gran bel grattacielo, è Gesù quando spiega il Vangelo, compiacersi di quello che fai, è dolersene se non ce l’hai!». Però un tipo iniziò a blaterare: «È pagare la gente per non lavorare, s

“MUDIR. TUTTA LA MIA PRIMA VITA”, A MESSINA IL LIBRO AUTOBIOGRAFICO DI ALFONSO CALABRESE

Lunedì 13 al Feltrinelli Point Messina. Con l’autore interverranno i professori Federico Martino e Mario Bolognari
Messina, 11/01/2014 - “Molti che non conoscevano altra lingua tranne l'arabo, si rivolgevano verso di me chiamandomi ‘Mudir’. E' una parola che vuol dire tutto: per quella gente io ero la persona alla quale bisognava rivolgersi con deferenza e non si poteva fare altrimenti se non premettendo la parola ‘capo’ a inizio di ogni contatto verbale.
La parola Mudir, infatti, in linea di massima, identifica un capo con compiti di comando, di gestione rispetto a qualcosa di una certa rilevanza. E' un appellativo che permette una comunicazione in un certo senso distante, quasi a demarcare un sottile confine di rispetto tra la gente del posto che non conosce il nome dell'interpellato e, al contempo, consente di rispettare una persona di cui si pensa essere un superiore, appunto un ‘Mudir’”.

Ed è MUDIR. Tutta la mia prima vita (I parte) il titolo del libro autobiografico di Alfonso Calabrese che sarà presentato lunedì 13 gennaio alle ore 18 al Feltrinelli Point Messina. Dialogheranno con l’autore i professori Federico Martino e Mario Bolognari. Un titolo “abbastanza strano”, che appunto si spiega fin dalle prime pagine. Si tratta, in effetti, di una prima parte, il racconto in sei capitoli della vita dell’autore dall’ottobre del 1948 al dicembre del 1985. La seconda parte (dal gennaio dell’86 al marzo del 2003) è in fase di scrittura e sarà pubblicata entro quest’anno.

Sessantacinque anni “suonati”, come dice l’autore, Calabrese è al suo primo libro. Ma “se la salute mi assiste, non sarà l’unico”. Dalla prima infanzia ad Alì Terme, agli anni messinesi, “sopra” via La Farina, un luogo, dice lui, in cui grazie alla Chiesa, i giovani potevano salvarsi dal diventare delinquenti, dall’assunzione come tecnico alla Sirti alla laurea “tarda”, nell’82, a Salerno, in Scienze politiche, studiando alla fine di una giornata di lavoro di otto ore, dall’impegno politico agli anni da “Mudir” in Libia e nel Sultanato dell’Oman, “il libro termina con il fidanzamento con quella che sarebbe diventata mia moglie, ma la seconda parte che sto già scrivendo racconterà come sia riuscito a sopravvivere ad un infarto e a rovinare il mio matrimonio e il rapporto con mia figlia”. Alla quale MUDIR (Persiani Editore) è dedicato. “Scrivere senza nascondere è un modo per farle sapere chi sia stato suo padre, nel bene e nel male”.

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