Casteldaccia: la morte di 5 operai lascia sgomenti, ennesimo incidente sul lavoro grave e inaccettabile

Incidente sul lavoro a Casteldaccia: cinque lavoratori perdono la vita e un sesto è in gravi condizioni. La Cisal indice per domani, martedì 7 maggio, uno sciopero generale di 4 ore nel settore privato, a partire dall’inizio del turno di lavoro, "mentre dalle 9 terremo un sit-in di fronte alla Prefettura di Palermo”.   Palermo, 6 maggio 2024 – "L'incidente sul lavoro che a Casteldaccia, in provincia di Palermo, ha portato alla morte di cinque operai e al ferimento di un sesto, ci lascia sgomenti. Esprimiamo cordoglio e vicinanza alle famiglie dei lavoratori coinvolti e chiediamo che si accertino al più presto le cause di questo ennesimo incidente sul lavoro, grave e inaccettabile. La sicurezza sul lavoro è un'emergenza nazionale e come tale va affrontata a ogni livello, coinvolgendo sindacati, imprese e istituzioni". Lo dicono Giuseppe Badagliacca e Daniele Ciulla di Federerenergia Cisal in merito all'incidente sul lavoro avvenuto a Castaldaccia, nel Palermit

TESTIMONI DI GIUSTIZIA: QUELLO CHE NON POSSIAMO ACCETTARE É L'ASSENZA DI NOMI E COGNOMI

Francesco D’Uva (M5S): "Penso che un’associazione dei testimoni di giustizia non ci debba essere, ma di fatto esiste perché loro si sentono abbandonati e, quindi, si danno conforto l’un l’altro. Probabilmente, se riusciamo, come Stato, a eliminare questo senso di abbandono dei testimoni, l’associazione non avrà neppure senso di esistere"

 21/06/2014 - Quello che non possiamo assolutamente accettare nelle parole del Vice Capo della Polizia Cirillo, a proposito dei Testimoni di Giustizia, é l'assenza di riferimenti specifici,con tanto di nomi e cognomi, di quei "molti testimoni che oggi ritornano a chiedere.Quello che non possiamo assolutamente accettare nelle parole pronunciate dal Vice Capo della Polizia Cirillo davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia a proposito dei Testimoni di Giustizia é l'assenza di riferimenti specifici,con tanto di nomi e cognomi,di quei "molti testimoni che oggi ritornano a chiedere sono coloro che quel progetto non l'hanno saputo portare avanti pur avendo sottoscritto all'epoca una liberatoria per lo Stato italiano dicendo "Io faccio questo".

Il giudizio che ricava da queste parole chi legge questa dichiarazione é negativo nei confronti dell'intera categoria dei Testimoni di Giustizia perché quel "molti", tenuto conto del fatto che i Testimoni sono in tutti 81,può essere interpretato come la maggioranza di essi. E questo é ingiusto, oltre che inesatto, perché chi conosce,come noi dell'Associazione Caponnetto,la situazione se non di tutti ,almeno della gran parte dei Testimoni, sa molto bene che le cose non stanno così come sono state illustrate e che i "molti", anziché a coloro che non ..."l'hanno saputo..." andrebbe rivolto a coloro che stanno in condizioni disperate.
Ecco perché invitiamo il Dr. Cirillo a fare nomi e cognomi assicurandogli sin da ora che se qualcuno si é comportato o si sta comportando scorrettamente saremo i primi a censurarlo.
Ma non bisogna mai generalizzare e dare,così,l'impressione che tutti siano dei profittatori.

_____________________
Guardie o ladri di Roberto Galullo
Cari lettori, se mi avete seguito anche ieri, sapete che il 29 maggio il vicedirettore generale della pubblica sicurezza,Francesco Cirillo, si è seduto di fronte alla Commissione parlamentare antimafia.
La sua audizione è stata molto ricca ed interessante. Tra gli spunti, quello relativo al Servizio centrale di protezione che in questo momento amministra 5.841 cittadini. «E’ brutto dirlo così – dirà Cirillo di fronte ai commissari – e preferisco dire che il Servizio centrale di protezione è una sorta di piccolo comune che ha 5.841 cittadini e un sindaco non eletto, ma nominato. Si tratta di 5.841 persone protette, 1.144 collaboratori di giustizia e 80 testimoni. La gran parte è composta dai familiari sia dei collaboratori, sia dei testimoni».
Anche le pietre sanno delle enormi falle del sistema di protezione che, negli anni, diversi testimoni hanno più o meno clamorosamente denunciato. Anche le pietre conoscono le difficoltà di inserimento nella società da parte di queste persone. Anche i massi sanno che trovare loro un lavoro (come prevede la legge) è complesso ed è spesso compito disatteso. Anche i ciotoli sanno che i familiari vivono in condizioni complesse nel luogo di origine. Al punto che, esausti, i testimoni hanno preso coscienza del loro essere e della loro condizione e si sono riuniti in un’associazione presieduta da Ignazio Cutrò, testimone di Bivona (Agrigento), che ne ha passate davvero di tutti i colori (si legga, io l’ho fatto con piacere, il bel libro di Benny Calasanzio Borsellino Abbiamo vinto noi”, Melampo editore) ma nonostante tutto crede ancora di aver fatto il passo giusto denunciando e affidandosi allo Stato.
Cirillo ha il merito di aver snocciolato per filo e per segno le attività e le difficoltà in cui si trovano da una parte i testimoni e dall’altro lo Stato che deve proteggerli. Ad un certo punto il vicedirettore generale della pubblica sicurezza si pone una domanda e pone a tutti una riflessione serissima: «Chiederei che si avesse un momento di riflessione sul fatto se sia giusto fino in fondo che esista un’associazione di testimoni di giustizia. Perché dico questo? Perché lo stare insieme è vero che protegge, ma molto spesso espone. Io parlo per i profili di sicurezza, non per i profili di alcun altro genere. Non sto esprimendo giudizi assoluti su nessuno, ma sto fornendo qualche suggerimento per la sicurezza. Il testimone nondeve assolutamente perdere alcuno dei suoi diritti, meno che mai il diritto alla libertà, il diritto alla famiglia, il diritto a potersi costruire una vita libera, ma in questo momento dobbiamo fare tutti anche i conti con l’economia del nostro Paese. In tempi passati, sia ai testimoni, ma ancor prima ai protagonisti della prima stagione dei collaboratori di giustizia lo Stato italiano è riuscito a dare garanzie economiche forti. Oggi è cambiato il mondo, è cambiata l’economia e sono cambiate le disponibilità che si hanno. Pertanto, pensare che in questo momento tutto si possa risolvere per via economica è complicato, come pensare che tutto si possa risolvere contrastando quello che di buono lo Stato italiano ha fatto per la protezione».
Qui la discussine si fa davvero interessante perché se i testimoni sono giunti al punto di riunirsi in associazione, evidentemente, è per lanciare un segnale forte e di disperazione. Sacrosanto farlo, dal loro punto di vista. Sfido chiunque a trovarsi nelle loro condizioni.
Il commissario Francesco D’Uva (M5S) afferma: «Penso che siamo tutti d’accordo che un’associazione dei testimoni di giustizia non ci debba essere, ma di fatto esiste perché loro si sentono abbandonati e, quindi, si danno conforto l’un l’altro. Probabilmente, se riusciamo, come Stato, a eliminare questo senso di abbandono dei testimoni, l’associazione non avrà neppure senso di esistere. Io cercherei di raggiungere l’obiettivo proprio in questo modo».

Leggi tutto l'articolo alla fonte
http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/

Commenti