Capizzi, studente modello di 16 anni ucciso in piazza da un ventenne armato di pistola

Uno studente di 16 anni,  Giuseppe Di Dio, è stato ucciso sabato 1° novembre a Capizzi, piccolo comune dei Nebrodi in provincia di Messina, mentre un suo amico è rimasto ferito nella sparatoria. Fermate tre persone.  Giuseppe Di Dio frequentava la terza classe  dell'istituto alberghiero di Troina (Enna) e sarebbe stato attinto per errore dai colpi mortali esplosi da  Giacomo Frasconà Filaro , il 20.enne presunto assassino . 3 nov 2025 - Giuseppe Di Dio, 16 anni, e i suoi amici si trovavano  davanti a un bar di via Roma, a Capizzi, quando da un'automobile sarebbero scese tre persone, una delle quali avrebbe esploso i colpi di arma da fuoco che hanno attinto mortalmente il sedicenne, ferendo un altro giovane di 22 anni.  Si tratta di  Antonio Frasconà Filaro , 48 anni, e dei figli Mario, 18 anni, e Giacomo, 20 anni. Quest'ultimo, armato di pistola avrebbe fatto fuoco sulle persone presenti all'esterno del  bar di via Roma, a Capizzi, uccidendo ...

ROBERTO SAVIANO: QUEL METALLO ROVENTE, LAMA D’ACCIAIO CHE CI SALVA DAL NAUFRAGIO DELLA GIOVINEZZA

21/02/2015 - Lo scrive Roberto Saviano sulla sua pagina Facebook: "Se nasci a Napoli, c'è una parte di te che ti impedisce di sopportare il gelo. Meno quindici gradi ti bloccano anche la possibilità di respirare. Me la racconto, per sopportarlo, che questo gelo mi addestra come il metallo che rovente si tempra solo se immerso in acqua gelida. Ma non serve e continuo a puzzarmi di freddo."
Sotto la tempesta di neve a New York mentre mi reco negli studi Rai per il collegamento con "Che fuori tempo che fa". Ci vediamo tra poco su Rai3 prima degli ultimi due episodi di ‪#‎GomorraLaSerie‬.

"... questo gelo mi addestra come il metallo che rovente si tempra solo se immerso in acqua gelida...". Mi ripota alla mente "Il sorriso dell’ignoto marinaio" di Vincenzo Consolo:

"Apparve la figura d’un uomo a mezzo busto. [...] L’uomo era in quella giusta età in cui la ragione, uscita salva dal naufragio della giovinezza, s’è fatta lama d’acciaio, che diverrà sempre più lucida e tagliente nell’uso ininterrotto. L’ombra sul volto di una barba di due giorni faceva risaltare gli zigomi larghi, la perfetta, snella linea del naso terminante a punta, le labbra, lo sguardo. Le piccole, nere pupille scrutavano dagli angoli degli occhi e le labbra appena si stendevano in un sorriso. Tutta l’espressione di quel volto era fissata, per sempre, nell’increspatura sottile, mobile, fuggevole dell’ironia, velo sublime d’aspro pudore con cui gli esseri intelligenti coprono la pietà. Al di qua del lieve sorriso, quel volto sarebbe caduto nella distensione pesante delle serietà e della cupezza, sull’orlo dell’astratta assenza per dolore, al di là, si sarebbe scomposto, deformato nella risata aperta, sarcastica, impietosa o nella meccanica liberatrice risata comune a tutti gli uomini.

Il personaggio fissava tutti negli occhi, in qualsiasi parte essi si trovavano, con i suoi occhi piccoli e puntuti, sorrideva a ognuno di loro, ironicamente, e ognuno si sentì come a disagio.

[...] Il duca d’Alberí [...] con la sua voce acuta di cornetta chiese forte al Mandralisca:

– Barone, a chi sorride quello là?
– Ai pazzi allegri come voi e come me, agli imbecilli!

A Roberto Saviano, a Vincenzo Consolo e a me stesso le dedico.

Mimmo Mòllica
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[Vincenzo Consolo (1933-2012), da Il sorriso dell’ignoto marinaio, 1976]

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