Stretto di Messina: filmato squalo bianco di tre metri vicino alla spiaggia

Reggio Calabria, filmato squalo bianco femmina di oltre tre metri a pochi metri dalla spiaggia. Due pescatori diportisti hanno ripreso l'esemplare dalla loro barca 29/04/2024 - Lo Stretto di Messina è un habitat ideale per la riproduzione degli squali. E con l’avvicinarsi della stagione estiva è tempo di bagni. E per i più fortunati l'occasione di tuffarsi in mare è quanto mai vicina. Ma la recondita paura di vedersi galleggiare intorno una pinna a filo dell'acqua a volte riaffiora, è proprio il caso di dirlo, un pochino nella testa di tutti noi. Stavolta è accaduto davvero vicino la riva di Reggio Calabria, più precisamente nelle acque di fronte la località Pentimele, nella periferia Nord di Reggio, il 24 aprile 2024.   «Questo è uno squalo bianco», dicono meravigliati i pescatori mentre osservano ciò che accade dinanzi la loro barca”. Nelle immagini registrate si vede il pescecane girare nelle vicinanze della barca, forse a causa delle esche gettate in acqua, per poi ripr

ADRIANA FARANDA DA TORTORICI, ALDO MORO E“IL LIBRO DELL’INCONTRO”, UNA STORIA TROPPO STRETTA IN TUTTI I SENSI

“Il libro dell’incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto”, a cura di Guido Bertagna, Adolfo Ceretti, Claudia Mazzucato. Se ne parla con Adriana Faranda, Manlio Milani, Agnese Moro, figlia dello statista ucciso dalle Brigate Rosse e altri protagonisti. Adriana Faranda è nata a Tortorici il 7 agosto 1950. Militante rivoluzionaria negli Anni di piombo, entrò a far parte delle Brigate Rosse, insieme al suo compagno Valerio Morucci, nell'estate 1976, dirigendo la colonna romana e svolgendo un ruolo importante durante il sequestro Moro

24/10/2015 - Sabato 24 ottobre 2015 al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, alle ore 19, Gad Lerner presenta "un’esperienza straordinaria condotta lungo sette anni in riservatezza da persone segnate dal dolore, protagonisti degli anni di piombo e loro vittime o parenti di esse". Lo stesso Lerner definisce questo un esperimento di “giustizia riparativa orizzontale”, condotto con la mediazione di Guido Bertagna, Adolfo Ceretti e Claudia Mazzuccato, con il coinvolgimento di garanti e testimoni, "assieme a sempre più numerosi protagonisti diretti che si sono incontrati decine di volte, fino a sperimentare momenti estivi di vita comune".

"Vicende cruciali della nostra storia, la scia di sangue degli anni Settanta, vengono rivissuti in cerca di una “verità curativa”, senza edulcorarle, ma sapendo che “ci sono dolori non cancellabili ma che possono essere trasformati”. Avendo il coraggio di guardarsi in faccia e riconoscersi, nell’elaborazione del lutto e della colpa, rafforzati dal constatare che, alla lunga, “Il volto non mi può ingannare”.
“Il libro dell’incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto” (Il Saggiatore), a cura di Guido Bertagna, Adolfo Ceretti, Claudia Mazzucato.
Questo libro cambia la storia d'Italia. L'incontro di cui parla - fra vittime e responsabili della lotta armata degli anni settanta - è infatti destinato ad avviare un radicale cambio di paradigma storico: non si potrà più guardare agli "anni di piombo" con gli stessi occhi; né si potrà tornare a un'idea di giustizia che si esaurisca nella pena inflitta ai colpevoli. Le prime pagine ancora oggi dedicate alla lotta armata e alle stragi, le centinaia di libri pubblicati, i film, le inchieste dimostrano non tanto un persistente desiderio di sapere, ma anche e soprattutto un bisogno insopprimibile di capire, di fare i conti con quel periodo, fra i più bui della nostra storia recente. È proprio muovendo dalla constatazione che né i processi né i dibattiti mediatici del conflitto sono riusciti a sanare la ferita, che un gruppo numeroso di vittime, familiari di vittime e responsabili della lotta armata ha iniziato a incontrarsi, a scadenze regolari e con assiduità sempre maggiore, per cercare con l'aiuto di tre mediatori: il padre gesuita Guido Bertagna, il criminologo Adolfo Ceretti e la giurista Claudia Mazzucato - una via altra alla ricomposizione di quella frattura che non smette di dolere; una via che, ispirandosi all'esempio del Sud Africa post-apartheid, fa propria la lezione della giustizia riparativa, nella certezza che il fare giustizia non possa, e non debba, risolversi solamente nell'applicazione di una pena. Postfazione di Luigi Manconi e Stefano Anastasia.
In un articolo del Corriere della Sera del 24 ottobre 1993, i figli dello statista  - Agnese e Giovanni Moro - commentano le ultime confessioni di Adriana Faranda sul rapimento e omicidio del padre e aggiungono di avere ancora dubbi e interrogativi fondati su punti essenziali dell' intera vicenda: "Abbiamo dato troppo credito ai pentiti e non lo meritavano, come viene dimostrato in questi giorni". Cosi' affermano Agnese e Giovanni Moro, figli dello statista ucciso dalle Brigate rosse. Esprimono "dubbi e interrogativi seri e fondati su molti punti essenziali della vicenda". E aggiungono: "Non sappiamo dire quali siano le ragioni per cui nelle ultime settimane sono emerse circostanze inedite a proposito della vicenda del rapimento e dell' assassinio di Aldo Moro. Non crediamo nemmeno che l' argomento sia di grande interesse, mentre cio' che e' davvero importante e' sottoporre ad attenta verifica quanto si sta venendo a sapere, accertandone la consistenza senza alcun pregiudizio".

I figli di Moro trovano poi "inaccettabile" il modo in cui alcuni "importanti commentatori e opinionisti" minimizzano la portata dei "fatti emersi in questi giorni". Non hanno gradito la lettura di alcuni commenti secondo cui i nuovi episodi che stanno affiorando sono, "anche una volta provati, dettagli irrilevanti". Non credono, come scrivono alcuni osservatori, che "il quadro di insieme e' chiaro".

Dopo le dichiarazioni di Adriana Faranda, intervennero "anche i familiari degli uomini della scorta di Moro, uccisi nell' agguato di via Fani. Sono "indignati", dissee l' avvocato Luigi Ligotti, legale di parte civile, per "l' ipocrisia di molti giornali che fingono di essere commossi per le lacrime del killer Prospero Gallinari prima che Moro venisse ucciso, e non hanno mai ricordato la morte dei cinque uomini che proteggevano il presidente della Democrazia cristiana".

Ma la storia può davvero cambiare la storia? Nel «Libro dell'incontro» curato da Guido Bertagna, Adolfo Ceretti, Claudia Mazzucato, nell'ambito «Bookcity Milano», nell'auditorium del Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia, quello che di certo si può dire è che si è rivelato uno spazio insufficiente per le tantissime persone che desideravano prendere parte all'incontro. L'evento è stato moderato da Gad Lerner e vi hanno preso parte Manlio Milani, Adriana Faranda e Agnese Moro.
Una storia che continua a rivelarsi "stretta", in tutti i sensi.
_____________________
Adriana Faranda (Tortorici, 7 agosto 1950) è un'ex terrorista italiana, militante delle Brigate Rosse durante gli Anni di piombo. Dopo aver militato in alcune formazioni minori di lotta armata attive a Roma, entrò a far parte delle Brigate Rosse, insieme al suo compagno Valerio Morucci, nell'estate 1976, dirigendo la colonna romana e svolgendo un ruolo importante durante il sequestro Moro. Si distaccò dalle Brigate Rosse per contrasti sulle scelte strategiche dell'associazione terroristica nel gennaio 1979. Arrestata il 30 maggio 1979 insieme a Morucci, durante gli anni ottanta si è dissociata dal terrorismo beneficiando delle riduzioni di pena previste dalla legge e uscendo dal carcere nel 1994.
Inizialmente entrata in Potere Operaio, nel 1973 insieme ad altri (fra i quali Bruno Seghetti e il suo compagno Valerio Morucci) fu tra le persone fondatrici del gruppo estremistico LAPP (Lotta Armata Potere Proletario); in seguito entrò nelle Brigate Rosse, nelle quali fece parte dei suoi vertici direttivi.

Fu una componente della colonna Romana (insieme a Mario Moretti, Prospero Gallinari, Bruno Seghetti, Valerio Morucci, Germano Maccari e Barbara Balzerani), che organizzò il sequestro di Aldo Moro. Abbandonò questa organizzazione terroristica dopo l'assassinio di Aldo Moro, durante il cui rapimento agiva come "postina", nel giugno del 1978. Fu infatti tra i pochissimi ("due compagni che dissentono non sono nemmeno un'eccezione, sono un'eccentricità", commentò Mario Moretti [1]), insieme a Morucci e a Maccari, a opporsi all'omicidio del politico e questo l'avrebbe portata a una rapida estromissione dall'organizzazione, che lasciò per seguire formazioni legate a Franco Piperno. Tentò, senza successo, di creare una nuova formazione di lotta armata[senza fonte].

Commenti