Sud chiama Nord: "ATM, Il Tar ha buttato nel cesso il decreto dell’assessorato alle Infrastrutture"

SUD CHIAMA NORD: “Il TAR ci dà ragione. La legge non si piega alle lobby del trasporto pubblico locale”. Il TAR di Catania ha accolto il ricorso presentato dal Comune di Messina, sospendendo il provvedimento con cui la Regione Siciliana – sulla base di una circolare priva di fondamento normativo – aveva vietato all’ATM di proseguire il servizio di trasporto pubblico urbano esteso al Comune di Villafranca Tirrena. Messsina, 15 ott 2025 - La decisione dei giudici amministrativi conferma ciò che abbiamo sempre sostenuto: una circolare non può scavalcare la legge e non può essere utilizzata per mortificare la volontà del Parlamento siciliano.  “Il TAR – afferma Cateno De Luca, capogruppo di Sud chiama Nord – ha buttato nel cesso il decreto dell’assessorato alle Infrastrutture che, accogliendo il ricorso dei privati, voleva cancellare un servizio efficiente e apprezzato come quello dell’ATM verso Villafranca Tirrena. Avevamo ragione sulla bontà della norma e sulla correttezza dell’azion...

PROCREAZIONE ASSISTITA: IN SICILIA NON SI ATTUANO LE DELIBERE PREDISPOSTE DA ANNI

Il Tribunale per i diritti del malato – cittadinanzattiva rende pubblico il Rapporto 2015 dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità: Italia divisa nell’accesso alle cure. Procreazione medicalmente assistita: differenze regionali fra numeri di centri, offerta privata e pubblica, sostegno economico alle coppie.  Vi sono regioni come la Sicilia in cui non si attuano le delibere predisposte da anni

23 febbraio 2016 -  Italia divisa nell’accesso alle cure. Quasi un cittadino su dieci escluso a causa di liste di attesa e ticket. Un federalismo che non risponde ai bisogni di salute dei cittadini e che li divide a seconda del territorio di residenza. Quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato; altrettanto diversificato di regione in regione l’accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l’epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell’aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove.

Procreazione medicalmente assistita: differenze regionali fra numeri di centri, offerta privata e pubblica, sostegno economico alle coppie
I 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e PA di Trento e Bolzano hanno inserito la PMA nei lea regionali (le prime tre regioni sia l’omologa che eterologa, le due province autonome solo l’omologa). Inoltre, alcune (PA Trento e Bolzano, FVG; Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata) prevedono un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla PMA. Anche sull’età delle coppie le regioni applicano criteri diversi per consentire l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto è consentita fino ai 50 anni; in Valle d’Aosta e Umbria fino a 41 anni.
La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta ha creato enormi difficoltà per le coppie che non hanno alcuna certezza su dove poter rivolgersi e quali costi sostenere. Ciò concentra l’offerta in alcune a discapito di altre, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l’offerta pubblica è scarsa o addirittura nulla come in Molise. Vi sono regioni come la Sicilia in cui non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri di PMA risultano ancora non autorizzati pur operando tranquillamente, come nel Lazio, che risulta essere al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale.

Sui punti nascita, gli standard ministeriali rispettati a macchia di leopardo

Su 531 punti nascita attivi nel 2014, 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500/anno. Sulle 16 Regioni prese in esame dal documento “Verifica ed Adempimento LEA”, 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report relativo alla presenza dei punti nascita con meno di 500 parti/anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l’Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9.
Anche rispetto all’utilizzo del taglio cesareo, per il quale le linee di indirizzo ministeriali indicano un valore standard da raggiungere del 20%, non si evidenziano miglioramenti. A livello nazionale nel 2014 siamo al 35,9% di parti effettuati con cesareo, in Campania si raggiunge il 62,3%, seguono Sicilia e Puglia (44%), Molise (43,7%).

Ancora, sulla distribuzione delle Terapie Intensive Neonatali, i dati del 2012 indicano che gli standard fissati di 1 TIN per almeno 5000/nati vivi non sono rispettati. La media nazionale è infatti di 1 TIN ogni 3880 nati vivi l'anno; solo 4 Regioni (P.A. Bolzano, P.A. Trento, Marche e Sardegna) ne hanno per più di 5000 nati vivi; Liguria, Abruzzo, Molise e Sicilia hanno invece una TIN per un bacino di utenza compreso tra 2000-3000 nati vivi (superiore allo standard); le altre Regioni sono fuori standard.

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