Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

TERRORISMO E IMMIGRAZIONE CLANDESTINA: IN SICILIA TRA SOCIAL E TRAFFICO DI ORGANI

Traffico di esseri umani e droga sono le attività svolte dal gruppo criminale oggetto dell’operazione “Glauco 3” (video) conclusa dalle Squadre mobili di Palermo e Agrigento, in collaborazione con gli agenti del Servizio centrale operativo (Sco) di Roma. Da indagini compiute dalla sezione antiterrorismo della Digos della questura di Palermo, è emerso che Shabbi Khadgia era una vera e propria “cellula dormiente” del gruppo estremista “Ansar Al Sharia Libya”: legata anche a foreign fighters, presenti in Italia e in Europa (Gran Bretagna, Belgio e Turchia) che, come lei, esaltano il radicalismo religioso e le milizie combattenti in Libia

Palermo, 04/07/2016 – Questa mattina all’alba sono state eseguite 23 delle 38 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dalla Direzione distrettuale antimafia palermitana. In particolare sono finiti dietro le sbarre 13 cittadini eritrei, 9 etiopi e un italiano, mentre altri 15 nordafricani sono risultati irreperibili sul territorio nazionale e nei loro confronti saranno avviate le procedure di estensione dei provvedimenti in campo internazionale. Si chiama Khadgia Shabbi, è nata a Bengasi e ha 45 anni la donna fermata lo scorso 29 giugno a a Palermo con l’accusa aver pubblicamente istigato a commettere delitti in materia di terrorismo. Ufficialmente frequentava l’Università di Palermo come dottoranda in Scienze economiche aziendali e statistiche, e si manteneva con una borsa di studio elargita dall’ambasciata libica ma in realtà svolgeva attività di propaganda per l’Isis e la Jihad attraverso i social network.
Dalle indagini compiute dalla sezione antiterrorismo della Digos della questura palermitana, è emerso che Shabbi era una vera e propria “cellula dormiente” del gruppo estremista “Ansar Al Sharia Libya”. Era legata anche a foreign fighters, presenti in Italia e in Europa (Gran Bretagna, Belgio e Turchia) che, come lei, esaltano il radicalismo religioso e le milizie combattenti in Libia.

Grazie agli accertamenti telematici ed informatici, i poliziotti hanno accertato che la maggior parte della propaganda veniva fatta attraverso le pagine dei social network raggiungendo numeri di visibilità elevatissimi e creando così una vera e propria rete di sostegno.
La maggior parte di queste pagine, scritte in lingua araba, erano indirizzate a pubblicizzare, a livello globale, la propaganda jihadista, definita Jihad 2.0.

La lontananza dagli scenari di guerra non ha impedito alla donna di lottare contro chi non condivideva i suoi ideali, portandola così, ad esempio, a minacciare una connazionale residente a Palermo, colpevole di non aver condiviso la sua posizione ideologica radicale. Tra i vari episodi scoperti dagli agenti anche uno di invio di somme di denaro per scopi imprecisati ad un uomo residente in Turchia il quale manifestava inquietanti timori di essere intercettato nelle conversazioni con l’indagata. Su quest’ultimo episodio sono in corso ulteriori accertamenti.

Si era anche attivata per far arrivare in Italia il nipote combattente in Libia per le milizie vicine all’Isis, in modo da sottrarlo alla cattura da parte dell’esercito regolare libico. Nel corso di un’altra conversazione telefonica intercettata dagli investigatori, infatti, la donna, suggeriva ad alcuni familiari, di far scappare il nipote in Tunisia, nel tentativo di ottenere il rilascio del visto d’ingresso per l’Italia presso la sede dell’ambasciata italiana in Tunisia (in quanto l’ambasciata d’Italia in Libia era stata chiusa da pochi giorni).

Per questo scopo la donna lo aveva iscritto ad una scuola di italiano per stranieri, a Palermo, in modo da ottenere per lui il rilascio del visto d’ingresso per motivi di studio e – una volta giunto in Italia – la concessione del permesso di soggiorno. Suo nipote, invece, sarebbe rimasto ucciso nel corso di una operazione militare condotta dall’esercito “regolare” libico.

Polizia di Stato

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