29/10/2018 - Le filastrocche sono certamente frutto del sentimento e della fantasia popolare, spesso esito di epoche in cui storie, canzoni e filastrocche venivano tramandate oralmente ed in molteplici versioni. Filastrocche esclusivamente testuali o in forma musicale, scioglilingua e indovinelli, canzoni giocose o drammatiche sono il più delle volte frutto di tradizione orale, antica e popolare. In molti casi, poi, dotti intellettuali, poeti e rimatori hanno provveduto a comporre filastrocche in rima e musicali, consegnandoci autentiche opere d’arte e comunque opere destinate a divenire patrimonio popolare e letterario.
Magia, scaramanzia, rituali contro gli eventi negativi del vivere e della società (guerre, epidemie, carestie, superstizione) sono spesso alla base del rituale della filastrocca, dello scioglilingua o della canzone, e della loro diffusione. Ma non è da trascurare l’aspetto educativo della filastrocca, giacché era proprio questo il maggiore scopo: insegnare ai più piccoli a parlare, il senso del ritmo, l’esercizio della memoria, lo sviluppo della fantasia e il gioco.
Se è vero che nelle filastrocche c’è il tempo dell'infanzia, il sapore delle prime fasi della vita, dei primi sentimenti, è pur vero che il fanciullino che è dentro di noi ci invita sempre a non recidere quei legami che costituiscono le nostre radici e ci tengono legati al racconto stesso della nostra esistenza: a noi stessi.
Così le filastrocche non sono esclusivo ‘appannaggio’ dell’infanzia ma accomunano adulti e bambini, adulto e bambino: l’adulto di oggi, il bambino di ieri, vale a dire la stessa persona nella sua unitarietà.
Se le parole e le rime possono favorire l’apprendimento nella prima infanzia, sviluppare e potenziare la memoria, motivare i sentimenti e affinarli, le ripetizioni ritmate sono in grado di favorire l’interazione tra l'adulto e bambino, tra genitori e figli, tra nonni e nipoti, tra insegnante e alunno.
Un processo generazionale che vede la scuola tra i principali protagonisti, valorizzando il processo educativo e di apprendimento. La dimensione ludica della parola si arricchisce di esperienze vive, di contenuti preziosi. Sarebbe scontato affermare che le filastrocche servono ai bambini per diventare grandi, lo è meno affermare che esse servano all’adulto per diventare… grande.
Grande agli occhi del bambino è – infatti – l’adulto che ad egli si dedica con forte empatia e sentimento; grande è l’adulto che si dedica a se stesso nella cura dei sentimenti che lo hanno guidato fino alla vita adulta e che oggi lo sorreggono e gli danno linfa vitale.
Il gioco, infatti, non è prerogativa esclusiva del bambino, ma accomuna gli essere umani nell’intero arco dell’esistenza. Giocare aiuta a vivere lieti, a trascorrere il tempo in buona compagnia, a coltivare la mente e la memoria, a non ammalarsi.
Le filastrocche sono al servizio del tempo lieto, non soltanto del tempo.
Mimmo Mòllica
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