1° Maggio: «Festa del Lavoro», la filastrocca di Mimmo Mòllica

1° Maggio Festa del lavoro. La «Filastrocca del Lavoro» di Mimmo Mòllica racconta in versi e strofe questa importante ricorrenza. E noi la proponiamo a grandi e piccini per celebrare la «Festa del Lavoro e dei Lavoratori».  «Filastrocca del lavoro» di Mimmo Mòllica   Caro babbo che cos’è il lavoro? dei bambini domandano in coro a un papà stanco e pure affannato, dal lavoro appena tornato. Ed il babbo risponde a fatica «serve a vivere, è una regola antica». Ed aggiunge: «… ed inoltre, sapete il lavoro è passione, è volontà e decoro». «E che cosa vuol dire decoro?», ribatterono subito loro. «È nell’opera di un falegname, è Van Gogh, è in un vaso di rame». «È Geppetto e il suo pezzo di legno, è Pinocchio, è Collodi e il suo ingegno, è donare qualcosa di noi senza credersi dei supereroi». «È costruire un gran bel grattacielo, è Gesù quando spiega il Vangelo, compiacersi di quello che fai, è dolersene se non ce l’hai!». Però un tipo iniziò a blaterare: «È pagare la gente per non lavorare, s

«I racconti di nonno Ros» di Mimmo Mòllica: l’amore al tempo di Scuro e Scuretta

Da «I Racconti di nonno Ros» di Mimmo Mòllica: ovvero l'amore al tempo di Scuro e Scuretta. Il movente era da ricercare in una coppia di cani in amore, ancorati in un amplesso estenuante. Il loro sguardo era immobile e disperato. Giovani e screanzati avevano preso a disturbarli, aizzandoli con un bastone raccattato sul posto, pungolandoli e istigandoli per interrompere l’accoppiamento. "Sono cani in amore, lasciateli in pace”, li rimproverò una donna di età avanzata che passava di lì per caso, nel vedere la furia di quei bifolchi. Ma più che ilarità satanica e scherno non riuscì a suscitare...

“Sono amoroso io, sono amoroso. Sono amoroso. Io amoroso”.
“Si, tu sei amoroso. Amoroso. Tu sei amoroso” – gli confermò, rassicurandolo nonno Ros.
Ma Zirigus Noforius non si fece attendere affatto e ripetè: “Amoroso io. Io amoroso. Zirigus è amoroso. E’ amoroso Zirigus. Zirigus è amoroso...”.
“Certo, Zirigus è amoroso...” – confermò ancora paziente nonno Ros. E gli rilasciò un sorriso di quelli che egli stesso non avrebbe nemmeno ricordato di avere spesso rivolto. Un sorriso per l’occasione, rilasciato da un uomo paziente e soprappensiero, distratto al punto giusto per ripetere come un automa le bislacche e insistenti ciance di Zirigus Noforius, detto Nofio.
Non era affatto raro imbattersi nei vaniloqui ossessivi di Nofio, normalmente a tema libero e senza garanzie sull’ora esatta del giorno in cui avrebbe smesso di attorcigliarsi attorno agli sproloqui evanescenti e privi di qualunque contesto che non fossero strettamente legati alla prima avvisaglia della piazza.

Quella mattina il movente era da ricercare in una coppia di cani in amore, ancorati in un amplesso estenuante, al punto da non potersi dire se sarebbero rimasti in quella postura per qualche ora ancora o per giorni. Il loro sguardo era immobile e disperato assai più che allupato, eccitato o libidinoso.
I più giovani e screanzati avevano preso a disturbarli, aizzandoli con un bastone raccattato sul posto, pungolandoli e istigandoli per interrompere l’accoppiamento, ponendo fine a quello che doveva essere cominciato come un amplesso.
Ma a vederli adesso, quelle due bestie esauste, sarebbe stato davvero difficile immaginare un legame d’amore, un accoppiamento carnale desiderato, eccitante. Sembravano prigionieri di una forza invisibile, di un giogo che non ha una vera legge fisica al suo governo.
Questo rendeva quegli screanzati più volgari e la loro violenza si moltiplicava nel raccapriccio, nella brutalità, nel furore, nella prepotenza.

“Sono cani in amore, lasciateli in pace” - li rimproverò una donna di età avanzata che passava di lì per caso, nel vedere la furia di quei bifolchi.
Ma più che ilarità satanica e scherno non riuscì a suscitare, tanto che dovette battere in ritirata, limitandosi a farfugliare rimbrotti prima di allontanarsi, accelerando quanto più possibile il passo.
La presenza di Zirigus non veniva neppure notata. Ma era proprio lui, Zirigus, il più attonito spettatore. Era un bel pensare che lui non avrebbe nemmeno capito cosa stesse accadendo. A modo suo, forse, dal suo punto di vista quella scena, quei comportamenti erano agghiaccianti.
Cosa avrebbe potuto fare Zirigus al cospetto di quegli energumeni, eccitati dalla furia di un gioco allucinante e animalesco, non certo per il coinvolgimento di quelle povere bestie, che non riuscivano ad allontanarsi l’una dall’altra, a liberarsi da quella stretta d’amore che nemmeno ad esito di quelle botte inferte riusciva a trasformarsi in disamore.

L’uno, nel guaire di dolore e rabbia, guardava l’altro come a volerlo proteggere, come a volersi giustificare di un’impossibilità sconosciuta e reciproca.
Quando il Tamba entrò in scena per cercare nello sguardo di Ros l’ordine di allontanare Zirigus, Ros alzò la mano come Giulio Cesare, per significare di no. Di lasciarlo stare. Di non impicciarsi.
Ros comprese che Zirigus intendeva attirare la sua attenzione e che c’era qualcosa di impellente in itinere.
Zirigus corse avanti senza dire una parola. Era riuscito nell’intento di farsi capire da Ros, che lo seguì senza esitare e si precipitò in piazza, dove quegli screanzati furenti erano ancora alle prese con la coppia di cani, stremati e malconci per le troppe bastonate subite.

Nello scorgere nonno Ros i giovani guairono al pari di quelle povere bestie e incitandosi l’un l’altro a fuggire si dileguarono in un batter d’occhio come ‘zaccaini’ colti in flagranza di turpitudine.
Scuro sospirò negli occhi a Scuretta, che socchiuse gli occhi come si fa quando si è scampati al famoso quarto d’ora, nel quale se la erano vista davvero brutta. Guardarono nonno Ros con sussiego e pudore, per non nascondere che s’erano amati ma avevano pure risposto ai sensi e al dovere. Una offerta speciale di tre in uno: i cani - infatti - hanno pure l’obbligo di rispettare quanto prescritto dal progetto della natura, procreando.

da «I RACCONTI DI NONNO ROS» DI MIMMO MÒLLICA (ARMENIO EDITORE)

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