Giuseppe Pitrè spiega: «Amatimi, astimatimi, e quannu arrivati scrivitimi». Nella voce 'astimàtimi' c'è, più che il senso di stimare, quello di gastimari; imprecare. «Gastimari» viene spiegato da molti come “maledire, augurare il male, anche se in soccorso di chi è ‘gastimato’ viene il proverbio: "Al cavallo gastimato riluce il pelo". Ad onta di chi lo ha maledetto.
13/01/2023 - “Il mostro è un mago che era stato «gastimatu di 'na fata". Così racconta Giuseppe Pitrè in
Billina (Fiabe novelle e racconti popolari siciliani).
Tra le note Giuseppe Pitrè spiega: «Amatimi, astimatimi, e quannu arrivati scrivitimi». "Nella voce
astimàtimi, più che il senso di stimare, c'è quello di gastimari; imprecare".
«Gastimari» viene spiegato da molti come “maledire, augurare il male", anche se in soccorso di chi è ‘gastimato’ viene il proverbio:
"Ô cavaddu gastimatu ci lluci ’u pilu" (al cavallo gastimato riluce il pelo). Ad onta di chi lo ha maledetto.
Gastìmma, o anche scritto gastima, jastìma o iastìma, sta per maledizione, imprecazione, malaugurio. Qualcun altro ‘traduce’ con «bestemmia» che deriva dal tardo latino ‘blasphēmia’, dal greco βλασϕημία: Espressione ingiuriosa e irriverente contro Dio, i santi e le cose sacre.
Ma da dove viene questo termine, questa (mala)parola?
E' probabile che il termine “gastìma” o “jastìma” derivi dallo spagnolo “lastimar“, vale a dire 'offendere', 'ferire'. Ma c'è pure un intendimento che rende lamentosa la parola: "Non mi cuntari lastimi" (non raccontarmi lagne, cose lamentose".
O probabilmente viene da «stigma» (o stimma), sostantivo maschile, che significa «marchio, macchia, punto, puntura».
“Nell’uso letterario, con significato vicino a quello etimologico, marchio, impronta, carattere distintivo: quella misteriosa inclinazione... ch’è il vero stigma della nobiltà femminile (Fogazzaro). L’antica cultura popolare, tuttora radicata... specie fra i contadini, segnava di uno stigma religioso certi mali indecifrabili (Morante)”.
Tornando a Giuseppe Pitrè e alle sue splendide fiabe: “Comu la vecchia vitti accussì, cci dissi:
- «Senti: nun ti pozzu fari nenti, cà si' figghiu di Re; ma ti mannu 'na gastima: chi nun ti pozzi maritari fin'a chi nun trovi a Bianca-comu-nivi-russa-comu-focu!»
Pure in questa fiaba il lieto fine non manca malgrado la 'gastìma', a riprova che "al cavallo gastimato riluce il pelo".
E vissero tutti felici e contenti.
Mimmo Mòllica
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