Istat: rischio di povertà o esclusione sociale. Nel 2022 poco meno di un quarto della popolazione (24,4%) è a rischio di
povertà o esclusione sociale, quasi come nel 2021 (25,2%). Tuttavia, con la
ripresa dell’economia, si riduce significativamente la popolazione in condizione di
grave deprivazione materiale e sociale (4,5% rispetto al 5,9% del 2021) e rimane
stabile la popolazione a rischio di povertà (20,1%). 14/06/2023 - Nel 2022 la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale interessa tutte le
ripartizioni ad eccezione del Mezzogiorno, che rimane l’area del paese con la percentuale più alta di
individui a rischio (40,6%, come nel 2021). In questa ripartizione l’indicatore composito rivela un
aumento della quota di individui a rischio di povertà (33,7% rispetto al 33,1% del 2021) e il segnale
positivo della riduzione della quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (17,1%
rispetto al 19,5% del 2021).
Migliorano la Campania e la Sicilia
A livello regionale si osserva un deciso miglioramento per la Campania e
la Sicilia, con la riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale, trainato da una sensibile riduzione
di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Tuttavia, il
rischio di povertà o esclusione sociale aumenta in Puglia, Sardegna e Calabria; in queste ultime due
regioni peggiorano i tre indicatori e soprattutto aumentano la bassa intensità di lavoro e la grave
deprivazione.
I redditi familiari sono diminuiti solo nel Mezzogiorno (-1,7%)
Rispetto all’anno precedente, nel 2021 i redditi familiari medi in termini reali (esclusi gli affitti figurativi
e considerando la variazione media annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo pari a +1,9%)
sono diminuiti solo nel Mezzogiorno (-1,7%) mentre sono cresciuti in modo significativo nel Nord-est
(+3,3%) e al Nord-ovest (+2,5%), rimanendo sostanzialmente invariati al Centro.
La contrazione complessiva dei redditi familiari rispetto al 2007, anno che precede la prima crisi
economica del nuovo millennio, resta ancora notevole, con una perdita in termini reali pari in media al
5,3%: la contrazione è di -10% nel Centro, -9,4% nel Mezzogiorno, -1,7% nel Nord-est e -0,9% nel
Nord-ovest.
La flessione è stata particolarmente intensa per il lavoro autonomo
In particolare, la flessione dei redditi è stata particolarmente intensa per le famiglie la cui
fonte di reddito principale è il lavoro autonomo (-10,5%) e il lavoro dipendente (-7,5%), mentre le
famiglie il cui reddito è costituito principalmente da pensioni e trasferimenti pubblici hanno sperimentato
un incremento pari all’8,4% nel periodo.
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