Vendita AGI, Antoci: “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”

Vendita AGI, Antoci (Capolista M5S Collegio “Isole”): “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”. Nota Stampa di Giuseppe Antoci, candidato capolista circoscrizione “Isole” alle elezioni europee col MoVimento Cinque Stelle 4 mag 2024 - "Lascia sgomenti la decisione di ENI, azienda partecipata dello stato, di trattare la cessione dell'agenzia di stampa AGI con il parlamentare leghista Angelucci. Un'operazione "folle", come giustamente definita da Giuseppe Conte. Altrettanto allarmante è il fatto che la vendita si stia realizzando mediante una trattativa privata in assenza di un bando di gara a tutela della trasparenza dell'operazione. Bisogna arginare condotte come queste applicando il "Media Freedom Act", legge europea per la libertà dei media tesa a proteggere i giornalisti e i media dell'UE da ingerenze politiche o economiche e ad evitare la concentrazione dei media sotto il controllo politico (come nel caso di Angeluc

L’ORA IN CUI IL SIRIO URTÒ TERRIBILI SCOGLI E SI INCAGLIÒ TRA LE SECCHE DI CAPO PALOS: PEPPE E NINO SI SALVARONO


Quando il nonno aveva voglia di risalire il corso del tempo partiva da quelle terribili “ cinco de la tarde”, l’ora in cui il Sirio urtò terribili scogli e si incagliò tra le secche di capo Palos: Peppe e Nino si salvarono e giunti al Rio de la Plata posarono per una foto ricordo in uno studio di "Bona Savia " insieme al fratello maggiore Calogero, che li aveva preceduti oltre Oceano

L’abuelo Nino, giovane quattordicenne, risucchiato dall’emigrazione transoceanica di fine secolo per terre assai lontane era diventato pik and showell man, uomo di picco e pala. Laggiù il nonno non scese in miniera, ma nelle stive di una nave da carico a fare il mozzo lungo il rio de la Plata. Era partito dal villaggio di Macumbo, il villaggio dei Cumbo conti Borgia, con le case poggiate sulla sabbia del litorale tirrenico dai tetti di canne e le tegole di fango rosso cotto, per imbarcarsi dal porto di Genova a bordo del Sirio il 4 agosto del 1906 assieme al fratello più grande Peppe, che garantiva per lui davanti ai genitori che non sapevano leggere e scrivere. Salpavano col biglietto di seconda classe alla volta di Bona Savia dove li attendeva il fratello maggiore Calogero che aveva promesso di portarli nella terra del Callao a fare i corvineros. Peppe e Nino erano contenti di partire col Sirio per l’America varcare i confini, allegri del loro destino: partivano per riscattare le terre dei Cumbo, l’immenso arenile davanti al quale si apriva il mare di San Giorgio da dove le madri di Macumbo, con la pena dentro al cuore, vedevano i loro figli andarsene di casa messi a faticare dentro alle stive ad allamare esche per il salpato di tonni e pescispada e ora, sospirando a quella lontana lanterna di Vulcano, li vedevano partire per le Americhe lontane, all’altro capo del mondo, per loro che non sapevano di geografia. A las cinco de la tarde, il Sirio urtò terribili scogli incagliandosi nelle secche di capo Palos a Cartaghena di Spagna. A bordo era l’ora del rancio e i due fratelli Peppe e Nino persero di vista il compagno d’imbarco Gaetano Papuzza da Capo d’Orlando.Giunti a salvamento sotto alla lanterna di Capo Palos i due sangiorgioti piangevano il marinaio di Capo d’Orlando che, a riva, altrettanto faceva dei due compagni di viaggio.I tre paesani sciolsero voto al santo Sangiorgio, patrono dei mari e al miracoloso San Francesco di Paola che lo stretto lo aveva navigato sul suo mantello e proseguirono il viaggio fino a Buona Savia, dove i fratelli, a ricordo del loro salvamento, posarono assieme al fratello Calogero in uno studio fotografico davanti ai lampi al magnesio, ritratti in formato gabinetto. Nino era al suo primo imbarco da mozzo sul rio de la Plata e in uno dei suoi primi viaggi aveva conosciuto il famoso Cicirello,insediatosi anche lui, dopo lungo peregrinare per mare, nella cuna del Callao. A quel tempo Nino aveva attorno ai 16 anni, l’età con la quale sbarcò alla marina davanti alla statua del Nettuno, nel porto di Messina, di ritorno dalle Americhe. Era l’anno 1908, l’anno del terremoto e a prima vista i due fratelli non si accorsero della città terremotata, essendo le macerie dei suoi quartieri coperte dalla Palazzata dello Juvara ancora intatta e all’impiedi, poi quando scesero quello che si diceva di Messina ,“ viola sull’acque”, divenne vistocogliocchi. Gli Alibrandi , una volta smobilitati dopo la prima guerra, tornarono sulle rotte transoceanciche e stavolta la destinazione di Nino fu al Callao, dove il fratello Calogero si era installato nella Casa Grande dei siciliani, assieme agli altri Alibrandi, Francesco il baleniere e il figlio Gaetano, formando assieme alle altre famiglie di genovesi degli Zolezzi e i Cocchella, il famoso ridotto degli emigranti italiani nella terra del Perù. Calogero aveva sposato Filomena Cocchella della comunità dei genovesi. Siciliani e genovesi erano stati attratti al Callao da quell’insospettabile ricchezza di pesce destinata a diventare la loro Pachamama. Dire dei siciliani significava dire pescatori di corvine, los corvineros, specializzati nella pesca in mare aperto. Dire dei genovesi significava dire pescatori di scoglio, sotto costa. Entrambi si trasformarono, con l’evoluzione della pesca, in pescatori di anchovetas, allorché Nini Zolezzi si mise a fare la harina de pescado. Farina di pesce che ebbe, nell’immediato dopoguerra, la sua maggiore destinazione in Europa. Anche noi, una volta arrivati in Lince nell’appartamento di via Bernardo Alcedo al numero 147, ci sentiamo a casa nostra. Tio Josè Antonio, che ci porta alla scoperta dei luoghi del nonno e proclama di essere di sangue mestizo, con ascendenze europee anzi meridionali, mi accompagna al santuario della Pachamama, un centro della religiosità inca sulla costa, da dove muoviamo alla conoscenza del Tawantisuyu, le quattro parti del mondo inca. Un'immensa spianata dove giungevano gli indios per deporre offrendas alla Madre Terra e al Dio del cielo Viracocha. Giù a picco è il mare dove salpavano i corvineros che in quelle acque del Pacifico, a nord del Callao, trovarono la loro Pachamama. Anche il nonno impiegava una giornata per arrivare a remi sotto al santuario della Pachamama.. Nella sera di una Lima senza niebla giungiamo alla casa di via Bernardo Alcedo 147 dove " su targeta ", sul portone d'ingresso, annuncia che è casa Alibrandi, del medico endocrinologo Josè Antonio, degli Alibrandi, da sempre fedeli a Lima da quando vi vennero ad abitarla con il nonno. Sulla consolle color antracite dentro al tinello che prende luce dal patio, che ha per tetto il cielo di Lima, "estan acasados" i ritratti della famiglia Alibrandi e Vivanco e in una cornice d'argento anche quelli di Antonio Alibrandi e Zoila Vivanco che tio Josè porta alle labbra baciandoli nel ricordo di com'era bella la vita al tempo dell’amore: lo bello que era la vida cuando se amaban! A tavola mi mettono in guardia contro il maleficio del ceviche che stregò lo zio Gaetano che il ceviche mangiò e mai più in Italia tornò. Per i nostri figli, fuori dagli sguardi familiari, il commento è più immediato: il nonno si trovò senza famiglia perchè aveva mentito sul suo stato di acasado in Italia! Ma non per questo in via Bernardo Alcedo venne meno la familia Alibrandi che ogni domenica continuava a riunirsi con i suoi membri al numero 147: tio Gaetano , ogni domenica saliva a Lince dal Callao con le sue baghettes, comprate alla boulangerie che ancora profumavano di Francia, per fare visita alla famiglia del cugino Antonio rientrato in Italia col foglio di via obbligatorio. Inevitabilmente a tavola la discussione cadeva sui migliori italiani al mondo.Tio Gaetano, che era un soltero e nella sua casa de madera al Callao teneva una foto manifesto della Pampanini, aveva la sua teoria in proposito. I veri italiani per lui erano Toscanini,Bellini,Pampanini,Chiapperini..." Entonces,yo soy Barrighini, e perciò italiano, interloquiva il Barriga che aspirava alla mano di Gilda e stava dall'altra parte di Lince, in via Arenales. I suoi figli e la moglie Gilda, per via del nonno Antonio, italiano, hanno il doppio passaporto con cittadinanza italiana ed europea, nel segno del padre autoproclamatosi italiano in coda alla lista di tio Caetano. Anche loro sono venuti in Italia alla ricerca delle radici siciliane. Giunsero al paese di Macumbo, con le sue strade di sabbia ormai coperte d'asfalto, ben diverso da come lo lasciò il nonno imbarcandosi sul Sirio alla ricerca della sua Pachamama. Fecero il giro delle stradine in macchina, girando al largo dell'albero di gelsi sotto al quale stava riuntita la famiglia Alibrandi e prima di incontrarsi,Gilda,Barriga e i suoi figli entrarono in chiesa raccomandandosi al san Giorgio a cavallo perchè fugasse loro ogni dubbio sul pregiudizio che accompagna i siciliani - y si fueran maphiosos ! - e dalla chiesa del villaggio mossero verso l'albero di gelso facendo una famiglia, gli Alibrandi italiani e peruani. E nel segno della nuova italianidad ci avviamo al Blow Moon di Santi Balletta, altro siciliano venuto da Patti che ha messo su il ristorante del magiare italiano,segnalato dalle guide per la sua ricca collezione di vini e liquori, la prima dell'America latina. Nelle vetrine refrigerate fanno bella mostra di sè tiramisù e parmiggiano reggiano. Ma su tutto tiene banco una leccornia, fuori dalla portata di ristoranti tradizionali e new age, che tio Gaetano era riuscito a trovare al Callao, rinnovellando la cucina siciliana: il mosciame di tonno o di delfino,la tonnina essiccata,condita all'uso siciliano con olio e peperoncino,che tutti in famiglia conoscono come l'insalata di musciame che piaceva a tio Gaetano. La visita al barrio nell'ex ridotto degli italiani è un rito che non manchiamo, sempre in compagnia di tio Josè per carpire il segreto dei pescatori siciliani insediatisi ne la cuna del Callao che nella ribera chucuitana avevano stabilito la loro Casa Grande, che li accoglieva al loro ritorno di mare. E osservando il promontorio a ovest del Callao si sovrappone ai nostri occhi la vista di un altro orizzonte a noi familiare come lo era agli occhi dei marinai siciliani in terra straniera: il promontorio di Capo d'Orlando ridisegnato sulla punta del Callao nel mare del Perù, immagine consolatoria che lo faceva sentire a casa sua come se non fosse mai partito da quella terra alla quale mai tornò, come fu nel destino di tio Gaetano che al Callao teneva una casetta de madera col ritratto grande della Pampanini. Al rientro dal nostro giro nelle regioni del Tawantisuyo, tio Josè ci suggerisce la visita al museo de la Nacion e la nostalgia del poeta i cui versi sono scolpiti nel granito all'ingresso, torna a farci interrogare sul senso del nostro viaggio,alla fine del quale ci chiediamo :Quizas yo hubiese sido/un Blanco Aventurero o un indio Emperador?" Il nonno fu un blanco aventurero, un bianco avventuriero o un indio imperator? La sua sorte poteva essere segnata in quel giorno del 4 agosto 1906 e l’Oceano Mare sarebbe , alle porte di Gibuilterra, sarebbe stato per sempre la sua bara. Ma il corso del tempo lo segnò diversamente.

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