Un sistema di corruzione legato alla gestione degli stabilimenti balneari sulla costa palermitana è stato scoperto dagli uomini del commissariato di Cefalù, in provincia di Palermo, dopo un'indagine che ha visto coinvolti funzionari pubblici del Demanio e della Regione e liberi professionisti
Cefalù (Pa), 03/05/2016 - Stamattina gli agenti del
Commissariato di Cefalù, al comando di Manfredi Borsellino, figlio del giudice ucciso dalla mafia, hanno eseguito du ordini cautelari agli arresti domiciliari. Le persone arrestate sono Antonino Di Franco, dirigente dell’assessorato regionale Territorio e ambiente ed ex responsabile del demanio marittimo di Palermo e provincia, e l'imprenditore cefaludese Giovanni Cimino, operante nel settore turistico.
Inoltrre è stato disposto il divieto di dimora a Cefalù e nell'intera provincia di Palermo, per Salvatore Labruzzo, funzionario dello stesso assessorato regionale Territorio e ambiente, dove curava le pratiche riguardanti lidi e stabilimenti balneari della costa tirrenica siciliana. Ed ancora, il divieto di dimora riguarda il presidente dell’Associazione operatori balneari di Cefalù, Bartolomeo Vitale.
L'ordinanza di custodia cautelare rientra nell'ambito dell'operazione "Spiagge libere" e vede coinvolti il dirigente dell'Assessorato regionale Territorio e Ambiente, già responsabile del settore Demanio marittimo di Palermo e provincia, architetto Di Franco e il noto imprenditore del settore turistico alberghiero Cimino. Nella stessa ordinanza anche un divieto di dimora nella provincia di Palermo per un funzionario istruttore dello stesso Assessorato.
Per tutti l'accusa è di corruzione propria aggravata: avrebbero consolidato un sistema di corruzione per il controllo e la gestione imprenditoriale di uno dei tratti più belli e suggestivi della costa siciliana in favore del noto imprenditore in cambio di favori, benefit e posti di lavoro stagionali nelle strutture gestite dall'uomo.
L'indagine, condotta dalla
Polizia di Stato, è partita dalla denuncia di un operatore balneare esasperato dal comportamento equivoco dei funzionari in questione che agevolavano l'imprenditore considerato il "padrone", in rinnovi e concessioni per le sue attività. In effetti dall'indagine è risultato che l'80 per cento delle strutture balneari operanti sulle spiagge di Cefalù fossero di proprietà dell'uomo e gestite per suo conto da familiari e prestanome.
http://www.poliziadistato.it/
In Puglia la situazione è ben peggiore,qui si recintano le spiagge con muri di cemento,ma nessuno muove un dito e tutti fanno finta di niente:https://www.facebook.com/media/set/?set=a.939560056152189.1073741866.338219719619562&type=3
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