Codice della Strada: una norma repressiva e ideologica, che complica la vita ai sindaci virtuosi

CODICE STRADA. ANNALISA CORRADO (SEGRETERIA NAZIONALE PD E MEP S&D): “ENNESIMO DISASTRO DEL GOVERNO, NORMA REPRESSIVA E IDEOLOGICA FATTA SULLA PELLE DELLE PERSONE”  Roma, 20 novembre 2024 - "L’approvazione del Codice della Strada non è che l’ennesimo disastro del Governo, che peggiora invece di migliorare la vita dei cittadini. Si tratta di una norma repressiva e ideologica, che complica la vita ai sindaci virtuosi che vogliono adottare pratiche innovative e che non fa assolutamente nulla per prevenire gli incidenti stradali, che ancora oggi registrano numeri terrificanti – oltre 3.000 morti e 200.000 feriti ogni anno”, dichiara Annalisa Corrado, Responsabile Conversione Ecologica nella Segreteria Nazionale del PD e MEP S&D, Commissione ENVI. La riforma, a lungo sbandierata dal Governo Meloni, ha ricevuto oggi l’approvazione in Senato. Tutte le principali associazioni italiane dei familiari delle vittime sulla strada, insieme con le associazioni ambientaliste e per la mobi

CAPO D’ORLANDO: FABRIZIO INGEMI, UN IMPOSTORE AUTENTICO O UN FALSARIO ERRABONDO?

MANDATO DI CATTURA PER FABRIZIO INGEMI, IL BANCARIO 'INFEDELE' FUGGITO DA CAPO D'ORLANDO

Capo d’Orlando, 20/03/2010 – Tiene sempre banco a Capo d’Orlando, in provincia di Messina, la clamorosa ‘scomparsa’ di Fabrizio Ingemi, il bancario 37enne della Banca Carige, dileguatosi portando via con sé un bel gruzzolo, sottratto (sostengono Polizia e Procura, ma pure la stessa Banca) alla spettabile clientela. Una vicenda ricca di aspetti criminosi, controversi e perfino fascinosi: il fascino che da sempre emana da ogni trasgressione, da ogni ‘stangata’, dalle rapine del secolo e dagli impostori. Perché, forse, l’impostore “per meglio spacciare le sue menzogne, le circonda e ricopre con le apparenze di religione, di saviezza e di probità”.

L’uomo probo sarebbe una persona onesta, dabbene, retta per bontà naturale e coscienza del bene.

Probabilmente Fabrizio Ingemi non era proprio ciò ma sicuramente un ‘ragazzo’ per bene, buono anche troppo, generoso più del giusto e ricercato dagli amici, prima che dalla polizia.

Su Facebook teneva banco con un ‘profilo’ sul quale traboccano foto di amici e di amiche, di ammiratori e di ammiratrici, ma niente che possa far pensare all’iconografia del denaro: né un euro, né sigle di libretti a risparmio, di cedole creditizie, di buoni del tesoro.

Nella vita di Fabrizio ‘tesoro’ non è mai sostantivo ma aggettivo: non scrigno o cassa dove custodire gioielli, denaro (magari quello della spettabile clientela) e oggetti preziosi, titoli di borsa, etc. Nella vita di Fabrizio ‘tesoro’ è sempre pronunciato come aggettivo: persona amata, adorata, benvoluta.

E tra le stesse cose, a quanto pare, sequestrate dalla polizia non emergono letture esoteriche. Niente che si ispiri alla vita di Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, la cui ‘contea’ era (e c’è ancora) all’Albergheria, un rione popolare di Palermo, dove i richiami dei venditori di panelle squarciano ancora lo spazio che regna tra le bellissime chiese che rendono sacro, oltrechè magico, il borgo.

Conosciuto soprattutto come Alessandro conte di Cagliostro, Giuseppe Balsamo era nato a Palermo, il 2 giugno 1743 e non dietro lo sportello della Banca Carige aveva costruito la sua fama e il suo esoterico carisma ma come alchimista, esoterista, esperto di erbe medicinali e avventuriero. Non a Capo d’Orlando ma passando pure da Messina era sfuggito alle grinfie di chi non aveva avuto poi modo di compiacersi dell’operato del celebre impostore.
La sua era presto divenuta una vita errabonda, vissuta tra raggiri e imbrogli nelle varie corti europee, fino a guadagnarsi la condanna della Chiesa cattolica e il carcere a vita per eresia.

Ma Giuseppe Balsamo, pardon il conte di Cagliostro, a Roma s’era fatto arrestare per una rissa nella Locanda del Sole, al Pantheon. Nel 1768 era arrivato a sposare Lorenza Serafina Feliciani, analfabeta ma figlia di un orafo, spacciandosi per conte, anche se sul certificato di matrimonio (tuttora conservato) si attesta che "Giuseppe Balsamo è figlio del fu Pietro, palermitano", ma non vi è traccia di titoli nobiliari, tanto meno a nome di Cagliostro.

A Roma Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, essendo un discreto disegnatore, viveva falsificando documenti assieme a due conterranei suoi complici: il sedicente marchese Alliata e un certo Ottavio Nicastro, che poco più avanti finì impiccato per aver ucciso l'amante.
Ecco, la falsificazione dei documenti… Se effettivamente Fabrizio Ingemi fosse responsabile pure di avere falsificato ricevute e titoli, cedole e libretti a risparmio (come si sente dire), oltre a certe sfumature e al contatto con la città di Messina, avrebbe un altro punto in comune con il conte di Cagliostro, anche lui falsario, fuggiasco errabondo oltrechè impostore.

L’altra nota di similitudine, se Ingemi venisse riconosciuto colpevole di quanto gli si addebita (pure dalla stessa Banca Carige), è che il conte di Cagliostro, tornato a Palermo (da una delle sue innumerevoli fughe dai collegi) “si rese responsabile di una truffa ai danni di un fabbro sciocco, avido e superstizioso di nome Marano, e per sfuggire alla giustizia fuggì a Messina, dove conobbe un certo Althotas, forse un greco o forse uno spagnolo, con il quale avrebbe viaggiato in Egitto, a Rodi e a Malta, e che Cagliostro indicò come suo primo maestro, che l'avrebbe introdotto, nel 1766, nell'Ordine dei Cavalieri di Malta”.

Scrive il dott. Antonello Amato della Banca Carige: "In seguito alle notizie di stampa relative al dipendente della Banca Carige, Fabrizio Ingemi, in servizio presso la filiale di Capo d’Orlando, sottoposto ad indagini da parte della Magistratura ed al momento irreperibile. Banca Carige precisa che l’infedeltà del dipendente era stata tempestivamente rilevata dal servizio ispettorato interno, proprio nei giorni immediatamente precedenti la sua scomparsa. Banca Carige ricorda che la dimensione del danno è senz’altro di molto inferiore alle cifre comparse sulla stampa".

Insomma, Fabrizio Ingemi, è scomparso, è dipendente infedele, è irreperibile, è sottoposto ad indagini da parte della Magistratura, etc.

Altra differenza epocale, invece, è che al tempo di Cagliostro non era ancora in uso in ‘più grande network del web’: Facebook. Tornando all’attitudine di Giuseppe Balsamo a falsificare documenti vari, fu proprio Ottavio Nicastro, suo conterraneo, assieme al suocero di Cagliostro, a smascherarlo, denunciandolo come falsario. E qua la fuga è d’obbligo, ma non sarà l’unica.

Nel caso di Ingemi, non essendo sposato (e non avendo suoceri) avrebbe potuto essere un conterraneo a denunciarlo. O la stessa Banca, come si legge in una nota inviata alla stampa, in cui è detto che il giorno precedente la fuga di Fabrizio gli ispettori dell’istituto di credito avevano smascherato l’operato: “"In seguito alle notizie di stampa relative al dipendente della Banca Carige, Fabrizio Ingemi, in servizio presso la filiale di Capo d’Orlando, sottoposto ad indagini da parte della Magistratura ed al momento irreperibile, Banca Carige precisa che l’infedeltà del dipendente era stata tempestivamente rilevata dal servizio ispettorato interno, proprio nei giorni immediatamente precedenti la sua scomparsa.”

Ma ecco che emerge pure nelle frequenti liberazioni, nei frequenti rilasci il destino degli impostori: rilasciato, infatti, Cagliostro riusci ad arrivare in Francia, ad Aix-en-Provence, dove conobbe Casanova, che definì Giuseppe Balsamo “un genio fannullone che preferisce una vita di vagabondo a un'esistenza laboriosa”. Detto da Casanova c’è da crederci ma è pure come se il bue dicesse al toro ‘cornuto’.
In effetti, Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro un bel po’ cornuto lo era, visto che ad Antibes arrivò (o continuò?) a fare prostituire la sua sposa Lorenza, per procurare il denaro col quale raggiungere, nel 1769, Barcellona di Spagna.

Giuseppe Balsamo, era nato da Pietro Balsamo, un venditore palermitano di stoffe, morto poco dopo la sua nascita, per cui il futuro ‘conte’ era cresciuto nell'istituto per orfani di San Rocco, studiando dagli Scolopi.

Ma da quel collegio Giuseppe fuggì a ripetizione; giudicato ribelle la famiglia pensò bene di mandarlo nel convento dei Fatebenefratelli di Caltagirone, anche perchè imparasse un mestiere: e lui imparò a conoscere le erbe medicinali, le loro proprietà e certe tisane utilizzate dalla medicina dell'epoca (conoscenza che gli tornerà utile negli anni a venire).
Tornato a Palermo si rese responsabile di una truffa ai danni di un fabbro sciocco, avido e superstizioso di nome Marano, e per sfuggire alla giustizia fuggì a Messina.

Attenzione però, perché queste notizie furono fornite dallo stesso Cagliostro in un suo Memoriale del 1786, nel quale egli intendeva sostenere la leggenda di una sua eccezionale formazione spirituale e vanno pertanto ritenute altamente improbabili: quello che è certo, è che sulla figura dell'Altotas la storia non ha mai fatto alcuna luce.
Sulla sparizione di Ingemi, invece, circola un ‘racconto’ secondo il quale Fabrizio non amava più il lavoro in banca. E il pensiero di doverci stare ancora per altri 30 anni (quasi un ergastolo) lo sconvolgeva ogni giorno di più, fino a fargli perdere la ragione?

Rubare non è mai plausibile né fa in alcun modo onore, ma se fosse vero (anche questo si dice in giro) che tra le somme sparite c'erano i soldi messi da parte da una famiglia di Capo d'Orlando per un intervento chirurgico alla figlia affetta da tumore, beh, ogni commento sarebbe superfluo e lo stesso Cagliostro, al cospetto, risulterebbe un galantuomo!

Commenti

  1. vuoi vedere che alla fine si tratta di un errore di conteggi e......l'irreprensibile torna libero e giubilato? Speriamo che qualcuno abbia l'occhio clinico e sappia trovare dove stà il ....bubbone da estirpare!!!!
    Gil Cody Labro

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  2. Banca CARIGE: ecco come rubano i dipendenti infedeli.

    Articolo tratto dal portale Indymedia al link:

    http://piemonte.indymedia.org/article/9167

    1000 e 1 modi per fottere Banca Carige (e i clienti).

    Vi son due modi di rubare in banca. O meglio tre. Ecco quali.

    Quello classico del bandito metropolitano (quotidianamente descritto dai mezzi d’informazione) che rapina pistola in pugno. Spesso e volentieri pochi spiccioli e talvolta senza manco puntarti la canna. I malviventi più sfigati con pochi mezzi con un rudimentale taglierino. Poi c’è il furto con destrezza di alcune banche specializzate nel traslare sulla clientela le loro perdite. Come nel caso dei titoli spazzatura in portafoglio a molte di queste, appioppati agli ignari risparmiatori spacciandoli per investimenti remunerativi e altamente redditizi (vedi i casi Cirio, Parmalat, Bond Argentini, titoli atipici etc etc). Non c’è niente di peggio d’una banca che ruba ai suoi clienti. Ma questo (con particolare riferimento a Carige) sarà il tema di un prossimo interessante approfondimento. Ed infine, “last but not least” - forse meno conosciuti - i furti bancari di cui spesso i giornali ignorano l’esistenza, perché le banche si guardano bene dal dirlo e a volte persino dal denunciarlo all’autorità giudiziaria. Per intenderci i furti dall’interno, da parte di funzionari e direttori di banca. Direte, se la Banca dà il cattivo esempio il dipendente segue solo le orme del maestro … Sta di fatto che con ciclica periodicità, si registrano una serie impressionante di furti in guanti bianchi (veramente tanti). Appropriazioni indebite a raffica accomunate tutte da un unico comune denominatore: arraffare con fantasia, stile e nonchalance. Alcune anche con particolare raffinatezza, abilità e destrezza. Ed in caso di sgamo la parola d’ordine è: “NEGARE L’EVIDENZA”. Furti senz’armi dicevanmo. Storie di funzionari di banca che delinquono in giacca e cravatta.

    Molte di queste vicende son descritte con dovizia di dettagli in un imponente (e riservato) carteggio sequestrato qualche anno fa ad un agente del Sismi (Servizio Segreteto Militare) dal PM Anna Canepa della Procura della Repubblica di Genova. Lo 007 del Sismi si chiama Altana Pietro e di lui diversi giornali hanno dato notizia (principalmente Milano Finanza e Il Secolo XIX). Per l’intelligence militare ha spiato per lungo tempo Banca Carige e uno dei suoi più importanti consulenti legali, lo Studio Legale Vincenzo Roppo & Paolo Canepa (uno dei due avvocati è fratello del magistrato Anna Canepa). L’armadio della vergogna, che per tempo immemore ha tenuto nascosti e confinati questi documenti, ora si riapre nuovamente per Indymedia.

    Stavolta siamo riusciti a visionare il dossier siglato “Carige S.p.A. Cassa di Risparmio di Genova e Imperia - Procedimenti disciplinari contro dipendenti infedeli”.

    Vediamone qualcuno di questi fascicoli (omettiamo il cognome dei protagonisti per opportune ragioni di privacy).

    continua su indymedia...

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